Cass. civ. Sez. III, Sent., 03-02-2012, n. 1604 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il 25 settembre 1998 il Tribunale di Venezia rigettava la domanda proposta da C.A. nei confronti del Ministero della Difesa, onde ottenere il risarcimento dei danni subiti per avere contratto una infezione da candida (fungo della specie dei deuteromiceti) con conseguente lesione permanente oculare sinistra, problemi neurologici e neuropatici, allorchè era ricoverato in seguito ad emorragia gastrica presso l’ospedale O.C. di (OMISSIS) tanto che nel mese di (OMISSIS) era stato dimesso dall’esercito presso cui prestava servizio.

Su gravame del C. la Corte di appello di Venezia il 30 aprile 2009 ha respinto l’appello.

Avverso siffatta decisione ricorre per cassazione il C., affidandosi a quattro motivi.

Non ha svolto attività difensiva l’intimato Ministero.

Il Collegio ha raccomandato una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

1.-Osserva il Collegio in merito al presente ricorso quanto segue.

1.- Il primo motivo (violazione e falsa applicazione art. 112 c.p.c.) va dichiarato inammissibile.

Infatti, esso risulta effettivamente nuovo atteso quanto si evince dallo stesso ricorso in ordine all’atto introduttivo del giudizio, che non trattava di non corretta informazione al C. da parte dei sanitari della necessità di tenere e seguire una alimentazione congrua in relazione all’intervento subito (v. p. 4 ricorso).

E ciò anche perchè il giudice dell’appello, dall’esame degli atti ha potuto accertare che il paziente, poco dopo l’intervento e che veniva dimesso il (OMISSIS), si alimentò in misura eccessiva e l’ 8 luglio 1987 ebbe ad assumere citrato (p. 3 sentenza impugnata).

Resta assorbito il secondo motivo (omessa motivazione in ordine alla ritenuta tardività del tema della violazione dei doveri informativi in sede di dimissione dal primo intervento chirurgico – art. 360 c.p.c., n. 5).

Il terzo motivo (omessa motivazione in merito alla ritenuta assenza di responsabilità dei sanitari per infezione da candida, conseguente al secondo intervento chirurgico di urgenza – art. 360 c.p.c., n. 5) va respinto per la semplice considerazione che è sufficiente leggere l’argomentare del giudice dell’appello, il quale confuta la censura già in quella sede proposta sulla base della CTU che condivide "per il suo approfondimento", in perfetta coerenza con gli accertamenti peritali del giudice di primo grado.

Di vero, nella sentenza impugnata si pone in rilievo che il comportamento superficiale del paziente aveva contribuito ad agevolare l’infezione, tanto che determinò la necessità urgente di sottoporlo ad un nuovo intervento chirurgico per massiccia perdita ematica, poco dopo le dimissioni seguite all’intervento gastroduodenale.

Peraltro, la censura si concreta in una interpretazione della CTU del prof. Co., che è stata ritenuta condotta correttamente e che è stata condivisa dal giudice dell’appello ed, in sostanza, richiede una valutazione in fatto, di esclusiva competenza del giudice del merito, riportando stralci della stessa, ma non disconoscendone le conclusioni.

Di qui, l’assorbimento del quarto motivo (omessa o contraddittoria motivazione nella parte in cui la sentenza afferma apoditticamente che il comportamento superficiale del sig. C. agevolò l’infezione e nella parte in cui afferma che il comportamento del paziente, che determinò la necessità urgente di sottoporlo a nuovo intervento chirurgico per massiccia perdita ematica, cagionò l’infezione – art. 360 c.p.c., n. 5) anche perchè è lo stesso ricorrente ad ammettere che "a lui può essere attribuito di avere determinato la necessità del secondo intervento, anche se per affermare che è illogico e giuridicamente infondato attribuirgli la responsabilità della complicanza e di avere cagionato l’infezione" (p. 15 ricorso).

Del resto, come riporta lo stesso ricorrente, tra le prescrizioni di cui prendeva atto la perizia A., non vi era l’assunzione di citrato ed anzi erano "consigliati" alcuni medicinali e "pasti piccoli e frequenti" (p. 16 ricorso) e non risponde al vero che queste indicazioni non fossero comprensibili per un uomo qualunque ed è di comune esperienza che il "consigliamo" dei sanitari, che si rinviene in ogni prescrizione medica, è, in concreto, una vera e propria indicazione terapeutica, che oltre tutto, come nella specie, riguardava una situazione patologica della salute, su cui si è dovuto intervenire chirurgicamente.

Conclusivamente, il ricorso va respinto, ma nulla disposto per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla dispone per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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