Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-07-2011) 26-09-2011, n. 34833

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.P. è stato condannato in primo grado, anche al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile M.S., per i reati di ingiuria e minaccia.

La corte di appello, preso atto del tempo decorso e rilevato che non vi erano i presupposti per pervenire ad una sentenza assolutoria di merito, dichiarava estinti i reati per intervenuta prescrizione e confermava, ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., la condanna agli effetti civili.

Con il ricorso per cassazione B.P. deduceva il vizio di motivazione in ordine alla esclusione della esimente di cui all’art. 599 c.p., comma 1.

Il motivo è infondato.

A parte il fatto che non è vero che il giudice di appello abbia operato un mero rinvio alla motivazione del primo giudice perchè, anzi, la motivazione del provvedimento impugnato appare precisa e puntuale, avendo la corte di merito riesaminato tutto il materiale probatorio, va detto che, ovviamente, il motivo concerne il solo delitto di ingiuria, essendo prevista soltanto per tale reato la speciale esimente della reciprocità.

Ebbene la corte ha riesaminato le dichiarazioni dei testimoni ed ha concluso che non vi erano elementi per ritenere che anche il M. avesse pronunciato frasi ingiuriose.

Si tratta di un giudizio di merito che, per essere sorretto da una motivazione immune da manifeste illogicità, non merita alcuna censura in punto legittimità.

Inoltre il ricorrente, sollecitando di fatto questa corte ad effettuare una inammissibile rivalutazione del materiale probatorio, ha riportato parti di dichiarazioni testimoniali.

Naturalmente non può alla corte essere demandato un tale compito e ciò a prescindere dal fatto che la prova deve essere valutata nel suo complesso, non potendosi affidare ad alcuni stralci delle dichiarazioni ritenuti rilevanti da parte ricorrente.

Infine è fuori dubbio che la interpretazione e la valutazione delle prove competa in via esclusiva ai giudici di merito, spettando alla corte di legittimità verificare che le predette valutazioni di merito siano sostenute da una motivazione immune da vizi logici; come detto la motivazione è tale da superare il vaglio di legittimità.

Ad analoghe conclusioni si deve pervenire per quanto concerne la invocata esimente della provocazione di cui all’art. 599 c.p.p., comma 2. Il ricorrente ha indicato tutti i presupposti che consentono di riconoscere tale attenuante, ma ha dimenticato che la corte di secondo grado non ha messo in dubbio indirizzi giurisprudenziali consolidati sul punto, ma si è limitata ad osservare che non risultava provato alcun comportamento provocatorio tenuto dal M. in quella giornata.

Che tra i due pendesse una controversia in ordine all’utilizzo come parcheggio del piazzale antistante l’abitazione è fatto pacifico, tanto è vero che all’epoca pendeva anche una controversia civile su tale questione.

Che il B. si fosse doluto anche in passato di un parcheggio troppo disinvolto del M. è fatto che può ritenersi pacifico, anche se la corte ha escluso che tale modo di parcheggiare impedisse l’uscita dal garage del B..

Ciò che la corte di merito ha escluso è che quel giorno il M. avesse posto in essere comportamenti provocatori tali da rendere legittima la irata reazione del ricorrente, non apparendo provocatoria la frase lei è uno che se la prende.

La motivazione esibita sul punto dalla corte di merito non merita alcuna censura sotto il profilo della legittimità.

Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente ha dedotto la mancanza degli elementi materiale e psicologico del delitto di minaccia.

Non è contestato che il B. abbia pronunciato all’indirizzo del M. la frase vedrai che ti faccio pentire di come ti chiami e andrai a finire male.

Ebbene, come correttamente rilevato dalla corte di merito, la frase è obiettivamente minacciosa perchè preannuncia iniziative dannose per la parte lesa; essa è, pertanto, idonea ad incutere timore.

Il fatto che il M. non si sia intimidito per tale frase è circostanza irrilevante perchè il delitto di minaccia è reato di pericolo che non presuppone la concreta intimidazione della persona offesa, ma solo la comprovata idoneità della condotta ad intimidirla (Sez. 1, 6 novembre – 23 dicembre 2008, n. 47739, CED 242484).

Quanto all’elemento soggettivo, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, che questo collegio condivide, è sufficiente la coscienza e volontà dell’azione, certamente ravvisabile nel caso di specie, indipendentemente dal fine specifico che il soggetto attivo intenda perseguire nei confronti del soggetto passivo.

Per le suesposte ragioni il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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