Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-02-2012, n. 1596 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Campobasso con sentenza del 2 ottobre 2008 ha confermato la sentenza 18 luglio 2002 del Tribunale di Campobasso che aveva determinato l’indennità dovuta dalla s.p.a. Poste italiane ad An. e M.R., nonchè a C.L. per l’espropriazione di un terreno di loro proprietà ubicato in (OMISSIS) (in catasto al fg. 134, part. 117 e 118) nella misura di Euro 253.483,34, con gli interessi legali dalla data del Decreto ablativo (9 maggio 1992). In parziale modifica della decisione ne ha ordinato il deposito (per la somma non ancora depositata) presso la Cassa depositi e prestiti, osservando: a) che la procedura rientra in quelle previste dalla L. n. 2359 del 1865, perciò appartenendo alla competenza del Tribunale; b) che il terreno, pur compreso in una zona destinata a servizi generali, aveva natura edificatoria non avendone escluso lo strumento urbanistico l’utilizzazione privata; b) che ne era corretta la valutazione di L. 80.000 mq. compiuta dai primi giudici in base al criterio cd. sintetico-comparativo che aveva in particolar modo tenuto conto del valore attribuito ad un terreno confinante; c) che, pur dovendosi tener conto della disciplina introdotta dalla nota decisione della Corte Costituzionale 348/2007 che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del criterio riduttivo di stima posto dall’art. 5 bis, non poteva superarsi l’importo di Euro 253.483,34 per l’indennità di esproprio determinato dal Tribunale, essendo stata siffatta statuizione impugnata dalla sola espropriante.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso per 3 motivi, M.R., nonchè gli eredi di Mo.An., M. A., G. e M.P. e quelli di C. L., C.A. e D.B.P. ha resistito la s.p.a. Poste con controricorso, con cui ha formulato ricorso incidentale per un motivo.

Motivi della decisione

Dato atto che i ricorsi sono stati riuniti, il Collegio deve anzitutto dichiarare inammissibile quello incidentale,da esaminare con precedenza per il suo carattere pregiudiziale, perchè nessuna delle questioni prospettate a sostegno del motivo è corredato dai quesiti di diritto richiesti dall’art. 366 bis cod. proc. civ. introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006: per il quale l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità,nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nell’ipotesi prevista dal n. 5 del medesimo comma, il motivo deve enunciare, in modo sintetico ma completo, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria;

ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (cfr. Cass. Sez. un. 7258 e 14682/ 2007).

Con i primi due motivi di quello principale i ricorrenti,deducendo violazione degli art. 136 Cost., L. n. 2359 del 1865, art. 39, L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89 censurano la sentenza impugnata: a) per non avere elevato l’indennità in modo da commisurarla al valore pieno del fondo espropriato,una volta che il criterio riduttivo previsto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis è stato dichiarato incostituzionale dalla nota pronuncia 348/2007 della Corte Costituzionale e che la stima era ancora in discussione per l’impugnazione proposta dalla controparte contro la determinazione del Tribunale; b) per non avere comunque applicato il nuovo criterio introdotto dalla menzionata L. n. 244 del 2007, art. 2 che ha ripristinato detto criterio nei procedimenti in corso; e perciò applicare alla fattispecie. Le censure sono infondate.

La Corte di appello non ha applicato affatto il criterio riduttivo di stima dell’indennità di cui al menzionato art. 5 bis, avendo al contrario dato atto del sopravvenire della pronuncia di incostituzionalità ad opera della ricordata decisione della Consulta che lo ha espunto dall’ordinamento giuridico; e quindi anche della successiva Legge Finanziaria del 2007 che aveva reintrodotto il criterio generale di cui all’art. 39 della Legge fondamentale per la stima dei terreni aventi natura edificatoria: perciò non manifestando alcun dubbio circa l’applicabilità dell’una e dell’altra nella presente controversia (pag. 7 sent.).

Ha osservato invece, in conformità al disposto dell’art. 112 cod. proc. civ. come costantemente interpretato da questa Corte, che la disciplina in questione non comporta che il legislatore abbia inteso introdurre eccezione al principio generale che regola il rapporto tra i due gradi del giudizio di merito, nonchè quello di legittimità in relazione a quello di merito;il quale, ponendo nei motivi dell’impugnazione il limite alla cognizione devoluta al giudice di essa, si esprime nel divieto della riforma in peggio pur nell’ambito dello stesso capo. Ha ribadito,al riguardo, che la menzionata norma processuale, stabilendo che il giudice non deve oltrepassare i limiti della domanda, quale disposizione generale contenuta nel primo libro del codice di rito, si applica anche all’appello, come ad ogni altro procedimento di impugnazione. Il giudice dell’impugnazione, confermando la sentenza impugnata, può, infatti, senza violare il principio dispositivo, anche d’ufficio correggerne, modificarne ed integrarne la motivazione, purchè la modifica non concerna statuizioni adottate dal giudice di grado inferiore non impugnate dalla parte interessata:posto che i suoi poteri vanno determinati con esclusivo riferimento all’iniziativa delle parti; con la conseguenza che, in assenza d’impugnazione (appello o ricorso incidentale) della parte parzialmente vittoriosa, la sua decisione non può essere più sfavorevole all’impugnante e più favorevole alla controparte di quanto non sia stata la sentenza impugnata, e non può, quindi, dare luogo alla "reformatio in peius" in danno del primo (Cass. 10542/2002; 9597/1998). Sicchè quando, come nella specie, l’appello sia stato diretto ad ottenere la condanna ad una prestazione in misura inferiore di quella riconosciuta dal primo giudice, la mancata impugnazione della parte beneficiarla della condanna produce per certo un effetto preclusivo che, se non può dirsi di giudicato in senso proprio, comporta tuttavia che la sentenza impugnata possa essere modificata esclusivamente per corrispondere all’unica impugnazione; e impedisce che operi in danno del ricorrente – con riforma in peggio – la sopravvenuta innovazione normativa (derivi da ius superveniens o da declaratoria di incostituzionalità) pur se espressamente ritenuta applicabile anche ai procedimenti in corso non definiti con sentenza passata in giudicato (Cass. 13467/2000;

9526/1999; 465/1999; 3941/1997).

Pertanto nel caso concreto è rimasto fermo il limite massimo di stima del fondo espropriato e della relativa indennità fissato dal Tribunale in Euro 253.483,24 posto che le relative valutazioni sono state censurate soltanto dalla società espropriante (sia pure per contestare il quantum dell’indennità ritenuto eccessivo),e non anche dalla espropriata. E che la decisione della Corte di appello non avrebbe potuto essere più sfavorevole alla soc.Poste Italiane che aveva impugnato la sentenza di primo grado e più favorevole agli espropriati che alla stessa avevano prestato acquiescenza (Cass. 18847/2011; 14127/2011; 15835/2010; 3175/2008;599/2008). Infondato è infine anche l’ultimo motivo del ricorso principale con il C. ed i consorti, deducendo violazione dell’art. 1282 cod. civ. si dolgono della mancata condanna della società espropriante al pagamento degli interessi legali sull’importo dell’indennità depositata presso la Cassa Depositi e prestiti ( L. n. 2359 del 1865, art. 49), per essersi la società espropriante opposta alla loro riscossione: avendo questa Corte ripetutamente affermato: a) che il tempestivo deposito presso la Cassa depositi e prestiti della indennità amministrativamente liquidata produce effetti liberatori per l’espropriante dalla data del deposito stesso, decorrendo su tale somma, in favore dell’espropriato, gli interessi previsti dall’ordinamento della Cassa: con esclusione,quindi, della possibilità che sulla medesima somma vengano liquidati ulteriori interessi in sede di determinazione giudiziale della predetta indennità; b) che viceversa, ove l’espropriante non provveda ad effettuare il deposito o vi provveda in maniera insufficiente o in ritardo, sono dovuti, dal giorno dell’espropriazione e fino al giorno dell’adempimento dell’obbligazione principale, gli interessi legali, di natura compensativa, per il solo fatto che la somma è rimasta a disposizione dell’ente espropriante, a prescindere da ogni indagine sulla colposa responsabilità per il ritardo nel pagamento; mentre se l’indennità sia stata depositata solo in parte e in esito al giudizio di opposizione venga riconosciuta all’espropriato una somma maggiore, gli interessi devono essere corrisposti solo sulla differenza tra la somma liquidata e quella depositata dall’espropriante; c) che non rileva,infine, la circostanza che la determinazione perde il carattere di definitività a seguito di impugnazione, da parte dell’espropriante, della sentenza di accertamento dell’indennità (o di opposizione alla stima amministrativa), essendo la suddetta definitività solo il presupposto per lo svincolo della somma a favore dell’espropriato (Cass. 1823/2005; 1701/2005; 5909/2002). Proprio a questi principi si è attenuta la sentenza impugnatala quale ha ritenuto che il deposito dell’indennità offerta presso la Cassa suddetta libera il debitore:

perciò correttamente condannato al pagamento degli interessi sulla eventuale porzione di indennità non ancora depositata.

Le spese del giudizio gravano sui ricorrenti in solido, perchè soccombenti e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte,riunisce i ricorsi,rigetta il principale,dichiara inammissibile l’incidentale e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della s.p.a.

Poste italiane in complessivi Euro 4.700,00 di cui Euro 4.500 per onorario di difesa, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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