Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-02-2012, n. 1594 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Milano,con sentenza dell’1 maggio 2007 ha determinato nella misura di Euro 28.320,00 l’indennità dovuta a A.N. per l’occupazione temporanea in data 15 aprile 2003, di un fondo di sua proprietà in (OMISSIS) da parte di detto Comune per la realizzazione di opere di urbanizzazione osservando: a) che la ricognizione legale del terreno doveva eseguirsi nell’anno 2002, all’epoca dell’occupazione in cui era intervenuta la variante al P.R.G. del 7 aprile 1975 che aveva carattere conformativo e gli aveva restituito destinazione edificatoria; b) che l’indennità virtuale di espropriazione andava calcolata con il criterio analitico ricostruttivo in base all’indice medio di edificabilità del Piano (e non tenendo conto di quello del 1969) senza applicare la decurtazione del 40% in quanto nessun indennizzo era stato offerto all’espropriando.

Per la cassazione della sentenza l’ A. ha proposto ricorso per 1 motivo; cui resiste il comune con controricorso.

Motivi della decisione

Con il ricorso, l’ A. deducendo violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, nonchè vizi della motivazione censura la sentenza impugnata per aver determinato il valore del terreno, qualificato edificatorio, in base all’indice territoriale medio della zona contenuto nella variante al P.R.G. introdotta nel 1998 ed al piano particolareggiato CIS 1 sopravvenuta nel 2002, senza considerare che trattasi di vincoli preordinati all’espropriazione dei quali secondo la norma come interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte, non deve tenersi conto per la stima dell’indennità; così come non doveva tenersi conto del precedente P.R.G. del 1978 poichè destinava l’area a verde pubblico ed altre utilizzazioni pubblicistiche;

sicchè la stima avrebbe dovuto essere eseguita applicando il Piano di fabbricazione del 30 settembre 1969 che la includeva in zona C2 destinandola ad espansione residenziale e consentendo una edificazione di 18.000 mc/ha.

Il ricorso è inammissibile sotto diversi profili: A) quanto al quesito di diritto di cui all’art. 366 cod. proc. civ., pur se lo stesso fosse ravvisabile nella richiesta di applicare la regola tratta dall’art. 5 bis come interpretata da questa Corte e confermata dalla nota sentenza 173/2001 delle Sezioni Unite, che la stima dell’indennità va compiuta considerando le possibilità legali di edificazione del fondo esistenti al momento della vicenda ablativa senza tener conto dei vincoli preordinati all’espropriazione, il Collegio deve confermare che lo stesso non può risolversi in un’astratta petizione di principio, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la fattispecie ed il principio di diritto che si chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio ad opera della Corte, in funzione nomofilattica; e non può del pari consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo. Nè a maggior ragione risolversi in una tautologia o in un interrogativo circolare, che già presuppone la risposta ovvero la cui risposta non consenta di risolvere il caso "sub iudice" (Cass. 28536/2008):

essendo ciascuna di queste formulazioni del tutto inidonea ad assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia. Il tutto senza che il ricorrente abbia osservato il principio che, in caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse (nel caso difetti di motivazione in merito all’individuazione dello strumento urbanistico da applicare e violazione dei principi di diritto di cui si è detto), sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, affinchè non risulti elusa la "ratio" dell’art. 366 bis cod. proc. civ., tali motivi cumulativi debbono concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati (Cass. sez. un. 5624/2009,1906/2008); B) il ricorrente difetta,poi, di interesse a contestare il Piano particolareggiato 2002 e la Varante del 1998, in base ai quali la Corte di appello ha attribuito destinazione edificatoria al suo terreno, in quanto ove si qualificassero entrambi "vincoli preordinati all’espropriazione" da non considerare nella ricognizione legale dell’area, la conseguenza necessaria sarebbe l’applicazione del P.R.G. del 1978,che come riconosciuto dall’ A. (ed accertato dalla sentenza impugnata) ha destinato la zona in cui era incluso il terreno espropriando a verde pubblico ed altri servizi pubblici: perciò assumendo carattere conformativo e non localizzativo, ed attribuendo all’immobile natura non edificatoria; al lume della quale dovrebbe esserne apprezzato il valore venale, per tale sola ragione assai meno elevato; C) Nè dal ricorso, nè dalla sentenza impugnata è infine ricavabile l’interesse del proprietario espropriando all’applicazione del P.R.G. del 1969, una volta che il solo elemento di esso (accertato e) riferito è costituito dalla volumetria consentita da detto strumento urbanistico in zona C2, pari a mc/ha 18.000 (pag. 3 sent.), senz’altra indicazione; per cui non solo non è possibile trarre da essa neppure l’indice territoriale (e non fondiario) stabilito per la zona suddetta (che non è trascritto nel ricorso), peraltro da solo inidoneo a determinare il prezzo di mercato di un’area edificatoria, ma non sono riportati neppure gli altri dati incidenti in misura determinante sull’edificabilità effettiva,quali esemplificativamente le distanze da opere pubbliche limitrofe,ovvero da costruzioni su fondi vicini, nonchè più in generale le prescrizioni discendenti dalle disposizioni urbanistiche ricordate dalla Corte Costituzionale a partire dalla nota pronuncia 55/1968 riguardanti altezze cubature, superfici coperte, distanze, zone di rispetto, limiti e rapporti per zone omogenee e simili; le quali vengono a completare i presupposti necessari a conferire in astratto natura edificatoria ad un’area, ed a consentirne nella fattispecie una comparazione con la disciplina introdotta dalla variante del 1998.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del comune in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 2.500,00 per onorario di difesa, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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