Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-02-2012, n. 1588

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In un procedimento di separazione giudiziale tra G.M. e D.S.G., la Corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza in data 28/12-4/8/2006, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Chieti del 3-3-2005, condannava il D.S. a corrispondere alla moglie assegno di mantenimento per l’importo di Euro 200,00 mensili. Ricorre per cassazione la G..

Resiste con controricorso il D.S. che pure propone ricorso incidentale.

Motivi della decisione

Vanno preliminarmente riuniti i ricorsi ex art. 335 c.p.c..

Quanto al ricorso principale, il primo motivo riporta tre quesiti di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., di cui il primo e il secondo sono inadeguati proponendo interrogativi circolari e tautologici in parte astratti ed apodittici (per tutte, Cass. S.U. n. 7770 del 2008): ci si chiede se l’abbandono della casa coniugale e "il lasciare il coniuge in condizioni di assoluta indigenza", sia causa di addebito e, ancora, se i fatti accertati a carico di un coniuge costituenti violazioni gravi dei diritti fondamentali dell’altro coniuge e di norme morali possano essere valutati come causa di deterioramento del rapporto coniugale, con conseguente addebito.

Al riguardo, dunque, il motivo appare inammissibile.

Può esaminarsi soltanto l’ultima parte del motivo, che attiene a violazione degli artt. 151 e 155 c.c., accompagnato da un quesito adeguato.

Il motivo è peraltro infondato.

Ci si chiede se l’assegnazione della casa coniugale possa essere utilizzata come lo strumento per realizzare il diritto all’assegno del coniuge economicamente più debole.

Giurisprudenza ampiamente consolidata (tra le altre, Cass. n. 23591 del 2010) precisa che, ove la casa coniugale sia di proprietà di uno dei coniugi ovvero comune, l’assegnazione si dispone di preferenza a favore del coniuge affidatario o collocatario dei figli minori, ovvero convivente con figli maggiorenni, ma non autosufficienti economicamente. Si esclude che l’assegnazione possa utilizzarsi come una sorta di assegno traslato a favore di un coniuge, ancorchè economicamente più debole, in assenza di figli.

Il secondo motivo va dichiarato inammissibile, perchè privo di "sintesi" omologa al quesito di diritto, inerente al vizio di motivazione.

Conclusivamente, il ricorso va rigettato.

Quanto al ricorso incidentale, parimenti inadeguato appare il primo di due quesiti di diritto relativo al primo motivo di ricorso: esso appare del tutto apodittico, una sorta di interrogativo tautologico e circolare, ben più consono comunque a rapportarsi ad un vizio di motivazione, laddove il motivo si riferisce invece a violazione di norma: se possa considerarsi privo di reddito il coniuge che svolga proficua attività lavorativa e percepisca una pensione equivalente a quella dell’altro coniuge che, per età o invalidità, non possa svolgere alcuna attività.

Si possono invece esaminare la seconda parte del primo quesito, attinente a violazione dell’art. 156 c.c., nonchè il secondo motivo attinente a vizio di motivazione, forniti rispettivamente di quesito e sintesi adeguati e che possono trattarsi insieme, essendo strettamente connessi.

Si sostiene, da un lato, che l’assegno di mantenimento correlato al rilascio della casa coniugale avrebbe dovuto decorrere dalla data del relativo rilascio, e, ancora, che non potrebbe considerarsi disparità economica tra i coniugi la circostanza che uno di essi sia proprietario dell’abitazione coniugale, anche se questa sia detenuta dall’altro coniuge, ed il proprietario sostenga le spese di un alloggio in locazione.

Il primo motivo, sul punto, e il secondo appaiono infondati.

Va innanzi tutto precisato che l’elevazione dell’assegno non è stata disposta esclusivamente in relazione alla revoca dell’assegnazione della casa coniugale, ma in base ad una generale comparazione delle condizioni economiche dei coniugi, onde assicurare alla moglie un tenore di vita analogo a quello da lei goduto durante la convivenza matrimoniale.

D’altra parte, correttamente il giudice a quo non ha subordinato l’aumento dell’assegno all’effettivo rilascio, avendo comunque il D. S. titolo per eseguire la statuizione della sentenza, e, per la medesima ragione, ha considerato, quale indice di disparità economica tra i coniugi, la proprietà della casa da parte dello stesso D.S., abitata dall’altro coniuge, obbligato comunque al rilascio.

Conclusivamente, va rigettato il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; dichiara compensate le spese del presente giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *