Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-02-2012, n. 1586 Assegno bancario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1 – Il giudice di pace di Busto Arsizio, con sentenza depositata in data 12 gennaio 2004, rigettava l’opposizione proposta dalla S.r.l Immobiliare CEBO – d’ora in poi, per brevità, Cebo – avverso il decreto ingiuntivo di condanna al pagamento della somma di L. 5 milioni nei suoi confronti emesso il 31 luglio 2001 ad istanza di P.P., il quale, dopo aver revocato una proposta di acquisto, aveva inutilmente richiesto la restituzione di un assegno bancario, emesso per l’importo indicato e consegnato alla Cebo all’atto della formulazione dell’offerta.

1.1 – A sostegno dell’opposizione la società aveva dedotto, da un lato, l’illegittimità della revoca della proposta di acquisto,e, dall’altro, l’indebito ricorso alla procedura monitoria, posto che il titolo non era stato ancora posto all’incasso.

Tale circostanza, in effetti, era avvenuta nel corso del giudizio di opposizione, ed a seguito del suo verificarsi il giudice era addivenuto alla concessione della provvisoria esecutorietà del decreto opposto.

1.2 – Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza depositata in data 3 maggio 2005, rigettava l’appello proposto dalla Cebo proposto avverso detta decisione, ribadendo la legittimità della revoca della proposta di acquisto e, per quanto qui interessa, con riferimento all’instaurazione del procedimento monitorio avente ad oggetto la somma di danaro senza che il titolo fosse stato ancora incassato, osservando che il decreto impugnato era stato legittimamente emesso, avendo la Cebo preventivamente manifestato il proprio rifiuto alla restituzione dell’assegno bancario.

1.3 – Per la cassazione di tale decisione detta società propone ricorso, affidato ad unico motivo ed illustrato da memoria, cui il P. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

2 – Preliminarmente deve esaminarsi l’eccezione del controricorrente fondata sulla nullità della procura speciale alle liti rilasciata all’avv. Diego Cornacchia dalla Cebo, per non essersi depositato alcun documento a sostegno della ricorrenza in capo al sottoscrittore, C.E., della qualità di amministratore e legale rappresentante della stessa.

L’eccezione è infondata. Deve, invero, richiamarsi il principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui, qualora sia parte del processo una società, la persona fisica che, nella qualità di organo della stessa,ha conferito il mandato al difensore, non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità, spettando, invece, alla parte, che contesta la sussistenza di detta qualità, fornire la relativa prova negativa (Cass., 13 dicembre 2007, n. 26253; Cass., 18 maggio 2006. n. 11661, v. anche, amplius, Cass., Sez. Un., 7 marzo 2005, n. 4810, con riferimento all’ipotesi, che qui non rileva, di firma illeggibile).

2.1 – Parimenti infondata è l’eccezione inerente alla pretesa novità della questione inerente all’inammissibilità del ricorso al procedimento monitorio, che al contrario, come emerge dal tenore della decisione impugnata e dello stesso controricorso, costituisce il fondamentale aspetto delle doglianze della Cebo nel corso dell’intero procedimento.

3 – Con unico e complesso motivo la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 633 e 634 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 5, sostenendosi che, essendosi chiesta la riforma della decisione emessa dal Giudice di pace, relativamente alla conferma del decreto ingiuntivo, e, conseguentemente, la condanna dell’appellato alla restituzione delle maggiori somme percepite in relazione alla provvisoria esecuzione del decreto stesso, il Tribunale non aveva considerato che, al momento dell’instaurazione del procedimento monitorio, il P. non era creditore della somma portata dal titolo, che non era stato ancora posto all’incasso, ragion per cui avrebbe potuto chiedere la condanna della Cebo alla restituzione dell’assegno, ma non al pagamento della suindicata somma di danaro. Il vizio motivazionale consisterebbe nell’affermazione secondo cui il mero rifiuto della controparte di riconsegnare l’assegno avrebbe consentito al P. di chiedere legittimamente la restituzione della somma di danaro.

4 – Il ricorso è infondato.

Vengono sostanzialmente riproposte le questioni inerenti alla insussistenza delle condizioni richieste per l’instaurazione del procedimento monitorio, mancando, all’atto della proposizione dell’istanza, la prova inerente alla liquidità del credito. Come evidenziato in narrativa, e come emerge dalla stessa ricostruzione contenuta nella parte espositiva del ricorso, il titolo veniva posto all’incasso nel corso del giudizio di primo grado (tale circostanza, peraltro, evidentemente suggeriva la concessione, in un primo momento negata, della provvisoria esecuzione dell’ingiunzione dì pagamento).

La fondatezza della domanda, peraltro, non viene contestata in questa sede, posto che la Cebo ha fatto acquiescenza alla statuizione inerente alla legittimità della revoca della proposta di acquisto da parte del P., come presupposto dell’obbligo di restituzione di quanto versato a titolo di cauzione.

4.1 – Nella fattispecie, così come delineata, deve trovare applicazione il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui l’opposizione al decreto ingiuntivo non è un’impugnazione del decreto, volta a farne valere vizi ovvero originarie ragioni di invalidità, ma da luogo ad un ordinario giudizio di cognizione di merito, teso all’accertamento dell’esistenza del diritto di credito azionato dal creditore con il ricorso ex art. 633 e 638 c.p.c..

Ne consegue che, poichè la sentenza che decide il giudizio deve accogliere la domanda dell’attore (il creditore istante), rigettando conseguentemente l’opposizione, quante volte abbia a riscontrare che i fatti costitutivi del diritto fatto valere in sede monitoria, pur se non sussistenti al momento della proposizione del ricorso o della emissione del decreto, sussistono tuttavia in quello successivo della decisione, l’opponente è privo di adeguato interesse a dolersi del fatto che la sentenza impugnata, nel rigettare l’opposizione, non abbia tenuto conto che difettava una delle condizioni originarie di ammissibilità del decreto ingiuntivo, quando tale condizione, in realtà, sia maturata immediatamente dopo, e comunque ben prima della definizione del giudizio di opposizione (Cass., 22 aprile 2003, n. 6421).

In altri termini, il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso e si chiude con la notifica del decreto di ingiunzione non costituisce un processo autonomo rispetto a quello aperto dall’opposizione, ma da luogo a una fase di un unico giudizio, in rapporto al quale funge da atto introduttivo, in cui è contenuta la proposizione della domanda, il ricorso presentato per chiedere il decreto di ingiunzione. Perciò, il giudice che con la sentenza chiude il giudizio davanti a sè, deve pronunciare sul diritto al rimborso delle spese sopportate lungo tutto l’arco del procedimento e tenendo in considerazione l’esito finale della lite. Nel liquidare tali spese, il giudice può bensì escludere dal rimborso quelle affrontate dalla parte vittoriosa per chiedere il decreto di ingiunzione, qualora mancassero le condizioni di ammissibilità di tale domanda, ma non viola affatto il disposto degli artt. 91 e 92 c.p.c. qualora ritenga di non farlo, lasciandole a carico della parte opponente che, all’esito del giudizio, è rimasta soccombente sulla pretesa dedotta in lite (Cass., 1 febbraio 2007, n. 2217; Cass., 6 maggio 2005, n. 9400; Cass., 23 settembre 2004, n. 19126; Cass,, 18 novembre 2003, n. 17440).

5 – Tanto premesso, osserva la Corte che, pur dovendosi rilevare (per mera completezza di esposizione, anche perchè la deduzione di vizi motivazionali è ritenuta incompatibile con la denuncia di "errores in procedendo") l’incongruità della motivazione della decisione impugnata, relativamente all’equivalenza, ai fini della ricorrenza delle condizioni di ammissibilità del ricorso alla procedura per ingiunzione, del rifiuto di restituire l’assegno bancario al successivo incasso del medesimo, appare evidente la conformità di detta sentenza ai principi sopra richiamati, tanto più che le doglianze della Cebo, come già evidenziato, si sono rivolte esclusivamente nei confronti della ricorrenza delle condizioni di ammissibilità del ricorso alla procedura monitoria, senza censurare specificamente, già in sede di appello (o, quanto meno, senza richiamare in questa sede, nel rispetto del principio di autosufficienza, le deduzioni inerenti a tale aspetto), il regolamento delle spese processuali, che costituisce, per altro, il frutto – con riferimento alla esclusione o meno di talune spese sostenute dalla parte vittoriosa – di una valutazione discrezionale, come tale non censurabile, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass., Sez. Un. 15 luglio 2005, n. 14989).

6 – Al rigetto del ricorso consegue la condanna della cebo al pagamento delle spese processuali inerenti la presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 1.000,00, di cui Euro 800,00 per onorari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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