Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-07-2011) 26-09-2011, n. 34820 Falsità ideologica in atti pubblici commessa da privato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza di cui in epigrafe, la CdA di Roma, confermando la affermazione di penale responsabilità di S.G., ha dichiarato la pena interamente condonata.

S. è imputato del delitto ex art. 483 c.p. per avere nell’autocertificazione allegata alla domanda di partecipazione alle procedure di selezione per l’assunzione quale autista al Ministero degli affari esteri, attestato falsamente di non aver riportato condanne penali.

Ricorre per cassazione il difensore e deduce:

1) nullità della sentenza di appello per mancato rispetto dei termini tra notifica del decreto di citazione a giudizio e giorno dell’udienza.

Trattasi di nullità assoluta e insanabile e, dunque, non rileva la presenza del S. in udienza.

2) difetto di motivazione per non avere la Corte romana rilevato la natura innocua del falso, nè la buona fede dell’imputato, che, non essendo mai stato detenuto, ben poteva credere di non aver mai riportato condanne, ovvero che, dato il tempo trascorso, fosse stato riabilitato. In ogni caso, è da notare che la PA di riferimento avrebbe comunque richiesto e vagliato i certificati penali, con la conseguenza della assoluta irrilevanza della dichiarazione del ricorrente. La sua domanda aveva in effetti il solo scopo di ottenere l’inserimento in una lista di persone bisognevoli di lavoro e di impiego. La Corte territoriale poi non ha tenuto in nessun conto quanto affermato nella memoria difensiva depositata ai sensi dell’art. 415 bis c.p.p. circa il falso innocuo per la sua irrilevanza in sede amministrativa.

Motivi della decisione

La prima censura è manifestamente infondata.

La violazione del termine a comparire di 20 giorni, stabilito dall’art. 601 c.p.p., comma 3, comporta una nullità relativa, che resta sanata se non eccepita entro il termine di cui all’art. 491 c.p.p. (ASN 200924253-RV 244174, ASN 200106339-RV 221581; ASN 200322915-RV 225095 e altre).

Parimenti infondata manifestamente è la seconda censura.

Il falso non può considerarsi innocuo, in quanto la dichiarazione dell’interessato ha comunque efficacia propulsiva di un procedimento, amministrativo, il cui esito, ovviamente, non può avere rilevanza alcuna circa il rilevo della intrinseca falsità della attestazione.

Quanto alla pretesa buona fede, è da rilevare che la CdA ha chiarito per qual motivo non crede che l’imputato sia semplicemente caduto in errore.

In ogni caso, il ricorso, sul punto, sviluppa argomentazioni meramente congetturali, neanche accampate in fase di merito.

La inammissibilità del ricorso rende inoperante la prescrizione che sarebbe maturata 11 giorni dopo la sentenza di appello, vale a dire il 28.2.2010.

Consegue condanna alle spese e al versamento di somma a favore della Cassa ammende. Si stima equo determinarla in Euro 1000.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di mille Euro a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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