Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-02-2012, n. 1585 Cessazione della materia del contendere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Provvedendo in sede di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione con sentenza del 27 maggio 2007, la Corte d’appello di Brescia confermava nuovamente la sentenza del Tribunale che aveva accolto la domanda, proposta da R.A. nei confronti di D. R., di declaratoria della cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dalle parti nel 1973. La Corte riteneva raggiunta la prova che le parti, con la ripresa della coabitazione nell’ottobre 1990 per la durata di circa un anno, non avevano attuato una riconciliazione, caratterizzata dalla volontà di ricostituire il consorzio materiale e spirituale, bensì solo tentato di non aggravare i disagi prodotti al figlio, allora quattordicenne, dalla separazione.

2. Avverso tale sentenza, depositata il 15 gennaio 2009 e notificata il successivo 12 febbraio, D.R. ha, con atto notificato il 26 marzo 2009, proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi.

L’intimato non ha svolto difese. 3. Nelle more, in data 31 luglio 2010, R.A. è deceduto, come risulta dal certificato di morte allegato alla memoria depositata dalla D. il 21 giugno 2011, nella quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso per sopravvenuta cessazione della materia del contendere.

Motivi della decisione

In linea preliminare va osservato che, secondo il consolidato e costante orientamento di questa Corte, in considerazione del carattere personalissimo dell’azione diretta ad ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la morte di uno dei coniugi, sopravvenuta nel corso del giudizio di divorzio, comporta il venir meno della materia del contendere, travolgendo le eventuali pronunce in precedenza emesse e non ancora passate in giudicato (Cass. n. 3181 del 1975; n. 1658 del 1976; n. 2889 del 1976; n. 3949 del 1976; n. 1282 del 1977; n. 4237 del 1977;

n. 661 del 1980; n. 1757 del 1982; n. 5664 del 1996; n. 14537 del 2005).

La morte costituisce infatti causa di scioglimento del matrimonio ( art. 149 c.c.) e proprio per questo assorbente profilo non è più possibile giudicare su una controversia che rappresenta una modificazione della situazione coniugale quando è ormai venuto meno lo stesso matrimonio, avendo l’azione di divorzio (id est il potere di proporre la domanda correlativa e di resistere all’avverso gravame contro la sentenza che l’abbia accolta) natura personalissima e non essendo neppure trasmissibile agli eredi. La giurisprudenza di questa Corte è altresì consolidata nell’affermare che siffatta situazione può essere rilevata anche in sede di legittimità, nella quale è consentita, a norma dell’art. 372 c.p.c., la produzione di documenti comprovanti il suddetto decesso, con la conseguente pronuncia di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta cessazione della materia del contendere, che travolge ogni pronuncia in precedenza emessa e non ancora passata in giudicato (cfr. ex multis Cass. n. 13961/2006; n. 14537 del 2005).

Invero, relativamente alla formula più corretta per dare atto dell’intervenuta cessazione della materia del contendere nel caso in cui, come nella specie, nel corso del giudizio di legittimità sia intervenuto un fatto che la determini, va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che la relativa statuizione non comporta una decisione nel merito della causa e si risolve nella dichiarazione di inammissibilità del ricorso, essendo venuto meno l’interesse ad una definizione del giudizio, e quindi ad una pronuncia sul merito dell’impugnazione; interesse che deve sussistere non solo al momento dell’impugnazione, ma anche in quello della decisione. Inoltre, la pronuncia non deve contenere alcuna espressa statuizione relativa alla sentenza impugnata, il cui paventato passaggio in giudicato deve essere escluso, dato che il fatto produttivo della cessazione della materia del contendere, facendo venir meno il potere-dovere del Giudice di pronunciare sull’originario thema decidendum, esclude che si formi il giudicato su una decisione non più richiesta, nè necessaria (Cass. Sez. Un. n. 368 del 2000; n. 78 del 2003; n. 14059 de 2004).

Si impone pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, senza provvedere sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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