Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 05-07-2011) 26-09-2011, n. 34817 Falsità ideologica in atti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 11-5-2010 la Corte d’Appello di Palermo, riformando parzialmente quella del Gup del Tribunale di Sciacca, riconosceva G.M.R., assistente di polizia in servizio presso il commissariato di Sciacca, responsabile dei reati di cui agli artt. 476 e 479 c.p. (capi A e B) e del reato di truffa (capo D), in relazione alla falsa apposizione del Visto di ratifica del dirigente su numerose "comunicazioni di lavoro straordinario, così procurandosi l’ingiusto profitto, con danno per la pubblica amministrazione, degli emolumenti per ore di lavoro straordinario non effettuate.

Questi in sintesi gli elementi alla base dell’affermazione di responsabilità:

1) Le comunicazioni di lavoro straordinario relative agli agenti M. e C., allorchè ciascuno aveva prestato servizio in coppia con l’imputato, recavano la falsa firma dei predetti, la falsa sigla del visto di ratifica del dirigente e la falsa sigla dell’assistente amministrativo che le inseriva nel computer, mentre erano genuine quando i due avevano lavorato in coppia.

2) Sparizione delle comunicazioni di lavoro straordinario relative all’imputato, tranne una, recante falsa sigla di ratifica, sottratte da un armadio dell’ufficio in date ed orari in cui questi era in servizio.

3) La CT grafica disposta dal PM, oltre a confermare la falsità della firma di M. e C. sugli atti citati, aveva accertato che la redazione dei relativi moduli proveniva da un’unica mano che presentava importanti analogie rispetto all’autografia dell’imputato, anche se il rifiuto di questi alla prestazione di scritture di comparazione, aveva impedito risultati più certi.

4) Accertamenti svolti dal dirigente della squadra mobile avevano evidenziato che nelle date cui si riferivano le ore straordinarie non erano state prestate le attività indicate, che le relazioni di servizio non riportavano. Nell’ultimo caso, il 23-3-2006, che aveva fatto scattare le indagini, l’assenza dell’imputato dopo la mezzanotte, in orario in cui avrebbe prestato lavoro straordinario, era stata rilevata direttamente dalla dirigente del commissariato, presente in ufficio.

Le false attestazioni per la ratifica degli straordinari erano ritenute atti pubblici in quanto volte a rappresentare al dirigente dell’ufficio una falsa realtà in vista della ratifica di un servizio in realtà non prestato, con finalità non meramente economiche (in quanto attestanti un’attività di ordine pubblico di fatto non svolta, con conseguenti ripercussioni sull’organizzazione del servizio), con natura quindi diversa da quella del cartellino segnatempo, non ritenuto atto pubblico nella pronuncia a sezioni unite di questa corte 15983/2006, relativa ad un rapporto di lavoro privatizzato, mentre il personale di polizia è soggetto ad un rapporto di lavoro di natura pubblicistica.

Sussisteva comunque falso per induzione in quanto l’attestazione del dipendente era stata recepita in atto della P.A. a sua volta attestativi del servizio svolto. Ricorre personalmente G. con tre motivi.

1) Vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei reati e all’attribuzione di valore di prova alla CT grafologica disposta dal PM. La valenza probatoria attribuita alla sparizione dei modelli di straordinario dell’imputato e all’accertata regolarità delle richieste di straordinario nei periodi di ferie del predetto, era sminuita dalla contraddittorietà della motivazione sul punto della ritenuta assenza di G. dal commissariato, riferita dalla dirigente V., nella notte del 23-8-2006, indicato nel contempo come destinatario – quindi presente – della richiesta del collega Cervelli di annullare il modulo della straordinario a nome di questi in quanto un malore lo aveva costretto a lasciare il lavoro. Sotto altro profilo, si osservava che le conclusioni della CT del PM non erano certe e che si trattava comunque di un atto di parte, mentre non rilevava in senso negativo per l’imputato, la sua mancata collaborazione nel rilascio di saggio grafico, da un lato risultante da dichiarazione, non utilizzabile, contenuta nella relazione di consulenza, dall’altro non imposta da alcuna norma.

2) Nullità della sentenza per difetto di contestazione, essendo intervenuta condanna anche per il reato di falso ideologico ancorchè contestata, anche nel relativo capo, una condotta di falso materiale.

Ci si riferisce alla identità di formulazione della condotta nei capi a) e b), con contestazione dell’art. 476 c.p. nel primo capo, dell’art. 479 c.p. nel secondo.

3) Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione dei fatti ascritti. I fogli di comunicazione di lavoro straordinario sono stati erroneamente qualificati atto pubblico, mentre rilevano, secondo quanto ritenuto dalle sezioni unite di questa corte (15983/2006) in ordine ai fogli di presenza, unicamente ai fini della retribuzione. Mentre sono atti pubblici le relazioni di servizio, il rapporto e il memoriale di servizio.

Si contesta anche la possibilità di ravvisare nella condotta dell’imputato un falso per induzione con riferimento alla ratifica del dirigente, costituente atto pubblico, in quanto neppure la "determinazione dirigenziale dello stipendio" è atto pubblico (Cass. 9045/2008), potendo al più ricorrere il reato di cui all’art. 485 c.p., improcedibile per difetto di querela.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

1) Non è ravvisabile contraddittorietà di motivazione, secondo il ricorrente idonea a svalutare lo spessore degli elementi d’accusa (rappresentati dalla sparizione da un armadio chiuso a chiave, significativamente contestuale all’attivazione dei controlli successivi ai primi sospetti di irregolarità, dei moduli per il pagamento delle ore straordinarie relativi all’imputato, e dall’accettata regolarità delle richieste di straordinario nei periodi di ferie di questi), tra la parte della sentenza in cui si ricorda che Cervelli, dopo aver previsto di effettuare con G., la notte sul 23 agosto, due ore straordinarie, aveva poi invitato il collega, a seguito di malore, ad annullare il relativo modulo a proprio nome, e quella in cui si da atto della sua assenza dall’ufficio, rilevata dalla dirigente del commissariato alle ore 00,30. Invero il predetto invito non presuppone affatto, a differenza da quanto insinuato dal ricorrente, la presenza dei due agenti in ufficio, potendo essere stato formulato nei più diversi modi e tempi. Nè ha fondamento la censura relativa all’asserito riconoscimento di dignità di prova alla CT disposta dal PM, per contro ritenuta dalla corte territoriale soltanto uno degli elementi a carico del prevenuto – come del resto il mancato rilascio di saggio grafico, che, per quanto non imposto da norme, è certamente valutabile come comportamento dell’imputato successivo al fatto -, avendo la stessa corte ravvisato ulteriori prove di responsabilità, esse sì di decisiva rilevanza, nell’informativa del dirigente della squadra mobile, attestante la mancata effettuazione dei servizi indicati nelle richieste di ratifica delle ore straordinarie, così come nel disconoscimento da parte degli interessati delle sigle di ratifica di tal ore. Manifestamente infondata è poi pure la pretesa inutilizzabilità, in quanto dichiarazione resa dall’imputato al CT, del diniego di rilasciare saggio grafico, trattandosi di dichiarazione estranea ai fatti addebitati.

2) Anche la questione di nullità per difetto di correlazione tra accusa contestata e sentenza, sollevata con il secondo motivo, è caratterizzata da manifesta infondatezza. Premesso che la giurisprudenza di questa corte è consolidata nel senso che la patologia sussiste solo quando la trasformazione del fatto contestato sia a tal punto radicale da sorprendere l’imputato, menomandone l’esercizio del diritto di difesa, è da escludere che la circostanza che i capi A) e B), pur richiamando rispettivamente gli artt. 476 e 479 c.p., rechino poi la descrizione della medesima condotta di falso materiale, abbia nella specie avuto tale effetto. Infatti entrambi richiamano la finalità di commettere la truffa (capo D), nell’ambito della cui contestazione è indicato, tra gli altri artifizi e raggiri, quello della falsa attestazione di aver svolto ore di lavoro straordinario. Dunque, nessuno stravolgimento del fatto in violazione del diritto di difesa.

3) La questione di diritto posta con il terzo motivo, attiene alla natura dei fogli di comunicazione di lavoro straordinario, ritenuti atti pubblici nella sentenza impugnata, natura contestata nel ricorso mediante richiamo alla pronuncia n. 15983/2006 di questa corte a sezione unite. Il richiamo non è però pertinente se si tiene conto che il caso esaminato, relativo ad un rapporto di lavoro privatistico, riguardava il cartellino marcatempo ed i fogli di presenza, atti rilevanti a meri fini retributivi, che i dipendenti di una soprintendenza avevano alterato per attestare orari di entrata ed uscita diversi da quelli effettivi. Posto che la decisione in esame ha puntualizzato che ogni atto redatto dal PU per uno scopo inerente alle sue funzioni, è atto pubblico, e quindi tali sono quelli, formati nell’esercizio delle funzioni, attestanti fatti da lui compiuti o avvenuti in sua presenza ed aventi attitudine ad assumere rilevanza giuridica, appare corretta la conclusione dei giudici di merito secondo cui gli atti falsificati da G. hanno natura di atto pubblico in quanto, non diversamente dalle relazioni di servizio, attestano attività di ordine pubblico, ivi specificata in dettaglio, svolta dai pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, costituendo tra l’altro la base per la futura organizzazione del servizio, inevitabilmente destinata a rimanerne condizionata in caso di indicazione di operazioni di fatto non svolte.

Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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