Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-06-2011) 26-09-2011, n. 34811

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza 8-11-2010 la Corte d’Appello di Roma, confermando quella del Tribunale di Viterbo sez. dist. di Civita Castellana, in data 4-4- 2007, riconosceva T.G. responsabile del reato di lesioni personali aggravate dall’uso di un punteruolo, condannandolo a pena di legge e al risarcimento del danno, in forma generica, in favore della parte civile D.S.A..

Ricorre l’imputato per il tramite del difensore avv. Francesco Petrelli, deducendo con il primo motivo violazione dell’art. 52 c.p. e vizio di motivazione. L’affermazione di responsabilità è stata erroneamente basata sulla sola testimonianza della p.o., trascurando che essa è in contrasto con le altre risultanze, e in particolare con le dichiarazioni del teste A., il quale, a differenza da quanto riferito da D.S., aveva detto di aver visto questi e l’imputato entrambi a terra e quest’ultimo picchiare il primo a mani nude, anzichè con un punteruolo. Il che avvalorava la versione dell’imputato di essere stato aggredito dalla p.o. che intendeva allontanarlo dal locale in quanto insisteva per fare una telefonata senza avere i soldi.

Con il secondo motivo si assume inesistenza della costituzione di PC, effettuata mediante atto depositato in cancelleria e non notificato al prevenuto, con conseguente invalidità ed inefficacia delle statuizioni civili.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè le censure si risolvono nella prospettazione di considerazioni di fatto, intese ad accreditare una ricostruzione alternativa della vicenda, insuscettibili di valutazione in questa sede, e nella riproposizione di argomenti difensivi già adeguatamente presi in esame e confutati dalla sentenza impugnata.

Le doglianze riproducono infatti pedissequamente gli argomenti prospettati nel gravame, ai quali la corte d’appello ha fornito adeguate risposte, esaurienti in fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non considera nè specificatamente censura.

Si pensi in particolare all’insistenza del ricorrente nel richiamare la testimonianza Adibire, secondo cui l’imputato aveva picchiato a mani nude la p.o., trascurando totalmente quella del teste A. – che ha riferito di aver tolto di mano al prevenuto il punteruolo -, puntualmente ricordata dalla corte territoriale, evidenziandone il riscontro rappresentato dalla natura delle lesioni riportate da D.S. (ferite multiple da punta alla parete addominale, al braccio destro e all’avambraccio sinistro).

Quanto alla doglianza relativa alla costituzione di parte civile, già correttamente ritenuta tardiva dal primo giudice, in quanto formulata soltanto prima delle conclusioni finali, essa è pure manifestamente infondata dal momento che la costituzione risulta verbalizzata e il relativo atto inserito nel fascicolo, senza che le parti eccepissero alcunchè.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso seguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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