Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-06-2011) 26-09-2011, n. 34810 Lettura di atti, documenti, deposizioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 12-7-2010 la Corte d’Appello di Roma, confermando quella del tribunale della stessa città in data 12-10-2009, riconosceva H.E., A., V. e M. responsabili dei reati di sequestro di persona in danno di S.N. e di O. N., e di rapina aggravata in danno del primo.

I predetti ricorrono per il tramite del difensori, con atti comuni, rispettivamente, V. e M., ed E. e A., M. anche con ulteriore atto identico a quello degli ultimi due.

Con il primo ricorso si censura, per violazione di legge e vizio di motivazione, la ritenuta utilizzabilità ex art. 512 delle dichiarazioni delle pp.oo. (per sopravvenuta impossibilità di ripetizione dell’atto, non prevedibile), basata sul rilievo che dal verbale di arresto risultava che essi comprendevano l’italiano, avevano fornito i loro indirizzi e appartenevano ad una comunità rom da tempo residente in Italia, il che faceva presumere il loro radicamento sul territorio.

Ciò che, secondo i ricorrenti, integra una contraddizione in termini, con la conseguenza che l’apprezzamento del giudice di merito, per quanto discrezionale, non è fondato su criteri ineccepibili sul piano logico.

Con il secondo ed il terzo ricorso, si deducono due motivi.

1) Mancanza o manifesta illogicità della motivazione per travisamento dei fatti e delle risultanze. Le dichiarazioni delle pp.oo. sono state ritenute attendibili e quelle degli imputati inattendibili benchè confermate da O.D., fratello di una delle persone offese, che, comparso, ha ritrattato le precedenti dichiarazioni. La corte, con motivazione solo apparentemente logica, ha fondato l’affermazione di responsabilità sul rilievo che le lesioni refertate sono compatibili con la versione dei fatti, V. aveva con sè la patente di guida e il denaro sottratto a S., questi era terrorizzato e le sue dichiarazioni erano confermate da quelle della O. e da quelle iniziali del fratello di questa.

2) Violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità e inutilizzabilità in relazione all’art. 512 c.p.p. con argomenti analoghi a quelli dell’altro ricorso, sottolineandosi in più come S. fosse stato rintracciato e gli fosse stato notificato il provvedimento di accompagnamento coattivo, poi non eseguito in quanto il predetto non era stato più trovato.

Si chiedeva quindi l’annullamento della sentenza impugnata.

Il 15 marzo 2011 è pervenuta rinuncia al ricorso di H.E..

Motivi della decisione

L’intervenuta rinuncia al ricorso di H.E. integra causa di inammissibilità dello stesso, alla cui declaratoria si accompagnano le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..

I ricorsi degli altri imputati sono infondati e vanno disattesi.

Censura a tutti comune è quella relativa alla violazione dell’art. 512 c.p.p. e al vizio di motivazione in ordine alla ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni rese dalle pp.oo. prima del dibattimento, per sopravvenuta impossibilità di ripetizione dell’atto.

La sentenza gravata si sottrae a tali censure.

Premesso che, secondo costante orientamento di questa corte, la valutazione della prevedibilità o imprevedibilità dell’impossibilità di ripetizione dell’atto, integra, nella fase delle indagini, giudizio prognostico affidato ai canoni della logica sulla base di dati oggettivi, la corte romana ha puntualmente effettuato una apposita ricostruzione, con prognosi postuma, delle ragioni per le quali nella fase anzidetta non vi erano indici sintomatici precisi per ritenere prevedibile tale sviluppo processuale. Non ha infatti mancato di richiamare sul punto alcuni elementi, ritenuti atti a far presumere il radicamento sul territorio di S. e di O., che, a differenza da quanto opinato dalla Difesa, non presentano caratteri di intrinseca contraddittorietà. Infatti con il rilievo che dal verbale di arresto risultava che essi comprendevano l’italiano, che avevano fornito i loro indirizzi e che appartenevano ad una comunità rom da tempo residente in Italia, appare coerente la conclusione che non vi era, quindi, alcuna concreta ragione per prevedere che si sarebbero poi allontanati rendendo impossibile la ripetizione della loro deposizione. Così argomentando, i giudici di merito hanno dato tra l’altro applicazione al costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui non può dirsi prevedibile l’irreperibilità in dibattimento del soggetto dichiarante, per il solo fatto che questi sia un cittadino extracomunitario, anche se privo di permesso di soggiorno.

Nella specie, in particolare, il nomadismo proprio dei soggetti appartenenti a comunità rom, è stato ritenuto superato, con motivazione logica, dalla stanzialità di quella di appartenenza dei predetti.

Correttamente, poi, i giudici di merito hanno ritenuto che la causa del, per quanto volontario, allontanamento dei predetti, non fosse da ravvisare nella volontà di sottrarsi al contraddittorio – che, sempre secondo giurisprudenza di questa corte (S.U. 36747/2003), non può mai essere oggetto di presunzione -, ma piuttosto nel timore di ritorsioni, avvalorato dal voltafaccia del fratello della O., che in dibattimento ha ritrattato le precedenti dichiarazioni accusatorie nei confronti degli imputati, uniformandosi alla linea difensiva di costoro. Milita del resto proprio nella direzione dell’allontanamento per timore, la circostanza, sottolineata nel ricorso presentato nell’interesse di H.A. a sostegno della mancata certezza dell’obiettiva impossibilità di ripetizione dell’atto, dell’iniziale rintraccio di S., cui veniva notificato l’ordine di accompagnamento coattivo emesso dal primo giudice, seguito da una nota dei carabinieri, attestante l’impossibilità di dare concretamente corso all’accompagnamento.

Attestazione della quale, a differenza da quanto sostenuto nel predetto ricorso, non vi è motivo di dubitare posto che in essa si dava atto dell’inesistenza del numero civico della via in cui S. sarebbe stato residente, e del suo mancato censimento anagrafico, a fronte di che non era ipotizzabile l’effettuazione di ulteriori ricerche.

Priva di concreto spessore è pure la doglianza di mancanza o manifesta illogicità della motivazione anche per travisamento dei fatti e delle risultanze.

Con ragione, infatti, la corte ha ritenuto attendibili le concordi dichiarazioni delle pp.oo. – benchè contrastate da quelle degli imputati e da quelle dibattimentali, come si è detto frutto di ritrattazione, di O.D. -, sulla base degli elementi obiettivi a riscontro delle prime, rappresentati dalla compatibilità con esse delle lesioni refertate a S., e dalla circostanza, autonomamente significativa di responsabilità, che H.V. aveva con sè la patente di guida e il denaro sottratti a quest’ultimo, il quale, non è superfluo ricordarlo, appariva, secondo le prime dichiarazioni di O.D., terrorizzato.

Elementi più che idonei a corroborare le dichiarazioni acquisite ex art. 512 c.p.p., alla stregua, del principio, del pari oggetto di arresti giurisprudenziali di questa corte, in linea con la giurisprudenza della Corte di Strasburgo sull’art. 6 Cedu, che il necessario vaglio sulla loro attendibilità soggettiva e oggettiva, sempre onere del giudice del merito, va effettuato, nei casi quale quello di specie, in termini di massima oculatezza e rigore, in ragione della peculiare natura delle dichiarazioni stesse – acquisite, in assenza di contraddittorio, da una sola delle parti deputate alla ricerca degli elementi utili al processo -, e deve trovare conforto, per sostenere l’accusa, in ulteriori elementi individuati dal giudice, con doverosa disamina critica, nelle risultanze processuali (Cass. 21877/2010).

Al rigetto dei ricorsi di H.A., H.V. e H.M., segue la condanna di ciascuno di essi al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso di H.E. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Rigetta i ricorsi di H.A., H.V. e H. M. e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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