Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-06-2011) 26-09-2011, n. 34807 Attenuanti comuni danno lieve

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.A. ricorre, per il tramite del difensore avv. Giovanni Oricchio, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Salerno in data 15-6-2010, che, confermando quella del Tribunale di Vallo della Lucania, emessa il 10-2-2010 ad esito di giudizio abbreviato, lo aveva riconosciuto responsabile del reato, aggravato, di cui all’art. 624 bis c.p. per aver sottratto due cassette di pesce da una pescheria, e, con l’attenuante del risarcimento del danno prevalente sull’aggravante, lo aveva condannato alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 400 di multa.

Con il ricorso si deducono violazione di legge e vizio di motivazione sia in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, in assenza di prova che il negozio fosse destinato anche a privata dimora, sia in ordine al mancato riconoscimento del danno di speciale tenuità, dal momento che, pur dovendo tenersi conto del danno complessivamente cagionato, e non soltanto del valore del bene sottratto, il fatto di aver sollevato la saracinesca del negozio ed aperto la porta con una spallata (secondo la formulazione del capo d’imputazione), non aveva prodotto conseguenze sull’integrità nè della prima nè della seconda.

La richiesta è quindi di annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

La destinazione anche a privata dimora degli esercizi commerciali – tra i quali indubbiamente rientra una pescheria -, costituisce principio affermato in plurime decisioni di questa corte, sulla considerazione che si tratta di luoghi nei quali le persone si trattengono per compiere, sia pure in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata (tra le altre Cass. n. 43089/2007).

Infondata è quindi la prima questione proposta nel ricorso con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto.

Uguale giudizio di infondatezza deve essere espresso in ordine a quella della sussistenza del danno di speciale tenuità, esclusa dalla corte sul condivisibile rilievo che la relativa valutazione deve tener conto, oltre che del valore del bene sottratto, anche dell’ulteriore danno cagionato dall’esercizio della violenza sulle cose, violenza nella specie rappresentata dal sollevamento della saracinesca e dall’apertura della porta del negozio mediante una spallata. Comportamenti che, in sè atti a danneggiare tali strutture, non v’è prova, nè è del resto verosimile, che non abbiano comportato conseguenze alla integrità e funzionalità delle stesse. E’ quindi corretta, e non smentita dalla mera affermazione in contrario del ricorrente, la conclusione che il relativo danno, sommato al valore della merce sottratta, non sia stato di entità talmente lieve da giustificare il riconoscimento dell’attenuante.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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