Cass. civ. Sez. V, Sent., 03-02-2012, n. 1566 Rimborso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 101/7/05, depositata il 14.3.06, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di San Donà di Piave, avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto da B.A. nei confronti del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRPEF indebitamente trattenuta – a suo dire – dal datore di lavoro, quale sostituto dì imposta, sull’indennità di natura previdenziale corrisposta nell’anno 2000. 2. La CTR, infatti, premetteva che – in via di principio – essendosi il B. iscritto alla forma pensionistica complementare, rappresentata dal fondo di previdenza esterno denominato "PIA", in epoca precedente al 28.4.93, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, l’aliquota del 32,32% applicata dall’Ufficio a titolo di tassazione separata del D.P.R. n. 917 del 1986, ex artt. 16 e 17 (testo all’epoca vigente) si sarebbe dovuta applicare solo sull’importo dei contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore. Per contro, al rendimento netto costituito dal capitale corrisposto al lavoratore all’atto della cessazione del rapporto, in virtù del predetto fondo pensionistico complementare, si sarebbe dovuta applicare la minore aliquota del 12,50, ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6. 2.1. E tuttavia, il giudice di appello escludeva che, nel caso concreto, fosse applicabile il predetto regime più favorevole, non essendo stati – a suo parere – stipulati nella specie alcuna polizza assicurativa o contratto di tipo assicurativo, ma essendo stato costituito dal datore di lavoro, in relazione al dipendente de quo, esclusivamente un trattamento integrativo di pensione non avente carattere assicurativo.

3. Avverso la sentenza n. 101/7/05 ha proposto ricorso per cassazione il B. articolando un unico motivo al quale l’amministrazione intimata ha replicato con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Con l’unico di ricorso il B. deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 817 del 1986, art. 42, comma 4 (testo all’epoca vigente), della L. n. 482 del 1985, art. 6, e del D.P.R. n. 449 del 1959, artt. 117 e 33, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la contraddittorietà della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. 1.1. Assume, invero, il ricorrente che la CTR avrebbe errato nel ritenere che la prestazione di capitale erogata – in forza di accordo individuale intercorso tra le parti – dall’ENEL ad esso istante nell’anno 2000, in luogo della prestazione pensionistica aziendale di cui agli artt. 1 e 4 dell’accordo ENEL – Fndai – del 16.4.1986, e costituita, in parte mediante disponibilità dell’ENEL ed in parte mediante contribuzione a carico dei dipendenti, non fosse assoggettabile alla più favorevole ritenuta di imposta pari al 12,50%, di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6. 1.2. Siffatta erogazione di capitale avrebbe dovuto essere, infatti, soggetta – secondo la censurata valutazione operata dal giudice di appello – a tassazione separata in forza del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a e art. 17, essendo il predetto regime fiscale più favorevole – risultante dal combinato disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4 e della L. n. 482 del 1985, art. 6 – applicabile, a parere della CTR, solo in presenza di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione.

E tuttavia, a detta del giudice di secondo grado, tale contratto nel caso di specie non risultava sottoscritto dal dipendente, per il quale sarebbe stato costituito esclusivamente, dal datore di lavoro, "un trattamento integrativo dì pensione non avente carattere assicurativo". 1.3. Avverso siffatta statuizione ricorre, pertanto, il contribuente, assumendone l’illegittimità per le ragioni dì cui al motivo suesposto.

2. Il motivo di ricorso, a parere della Corte, si palesa pienamente fondato e deve, pertanto, essere accolto.

2.1. Deve, invero, rilevarsi, al riguardo, che B.A., ex dirigente ENEL s.p.a., iscritto alla forma pensionistica complementare, rappresentata dal fondo di previdenza esterno denominato PIA, presentava istanza di rimborso dell’IRPEF indebitamente trattenuta – a suo dire – sull’indennità di natura assicurativa, erogatagli sotto forma di prestazione di capitale, nell’anno 2000. 2.1.1. Assumeva, invero, il B. che – in seguito ad accordo aziendale ENEL – Fndai del 16.4.1986 – il rapporto assicurativo derivante da una polizza vita stipulata dall’azienda a favore dei propri dirigenti in forza del c.c.n.l. del 16.5.85, ed avente ad oggetto il rischio di morte e di invalidità permanente non dipendente da infortuni, era stato convertito in un rapporto previdenziale. Successivamente, esso istante aveva, peraltro, optato per la corresponsione anticipata di un capitale, in luogo della prestazione pensionistica aziendale, di cui agli artt. 1 e 4 del suddetto accordo ENEL – Fndai. Nel proporre la predetta istanza di rimborso, il B. sosteneva, quindi, che tale forma di reddito dovesse essere determinata ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4 (nel testo applicabile ratione temporis), ed assoggettata alla ritenuta di imposta nella misura del 12,50%, della L. n. 482 del 1985, ex art. 6. 2.1.2, Avverso il silenzio rifiuto formatosi a seguito di detta istanza, il B. proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Venezia, con il quale ribadiva le ragioni poste a fondamento della richiesta dì rimborso.

Il giudice di primo grado accoglieva, quindi, la domanda del contribuente, applicando il regime di tassabilità della forma pensionistica complementare in questione nella misura indicata dal medesimo, non potendo equipararsi, – a parere dei giudici di prime cure – la capitalizzazione del trattamento pensionistico integrativo de quo ai redditi da lavoro dipendenti, soggetti a tassazione separata ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17. La tesi in parola non veniva, peraltro, condivisa – per le ragioni sopra evidenziate – dalla CTR del Veneto, avverso la cui decisione il B. ha proposto, pertanto, ricorso per cassazione, affidato all’unico motivo suesposto.

2.2. Premesso quanto precede, deve ritenersi, a parere di questa Corte, che la sentenza di appello sia del tutto erronea, palesandosi la decisione in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, che si ritiene più condivisibile, e che ha ricevuto recentemente l’avallo anche delle Sezioni Unite (cfr. Cass. S.U., 22.6.2011 n. 13642).

2.2.1. Va rilevato, infatti, – al riguardo – che, in ordine alla normativa applicabile in tema tassazione di fondi previdenziali integrativi, si sono formati, nella giurisprudenza di questa Corte, due distinti indirizzi interpretativi: il primo, che – seguendo l’evoluzione normativa in materia – individua un duplice criterio di tassazione (Cass. 27928/09, 22974/10); il secondo, che individua, invece, un unico criterio di tassazione, costituito dal regime fiscale dei redditi di lavoro dipendente, e in particolare dall’imposizione corrispondente a quella del trattamento di fine rapporto (Cass. 11156/10, 18056/10).

Ebbene, le Sezioni Unite di questa Corte hanno operato un approfondito chiarimento della questione, al fine di evitare "soluzioni possibilmente contrastanti", soprattutto in ragione della "concatenazione temporale di discipline diverse in qualche misura intersecantesi", ed hanno – in sostanza – aderito al primo dei filoni interpretativi summenzionati.

Il quadro giurisprudenziale di riferimento che ne deriva, in ordine al regime di tassazione della forma pensionistica complementare in esame, può essere, pertanto, sintetizzato come segue.

2.2.2. Va anzitutto osservato, al riguardo, che la disciplina positiva dei fondi complementari integrativi – come rilevato da S.U. n. 13642/11 – è passata, nel tempo, dalla "tutela assicurativa" – rispondente al principio del risparmio finanziario" (che trova la sua tutela nell’art. 47 Cost.), e nella quale l’investimento concerne una somma che è già patrimonio del soggetto – alla "tutela previdenziale", rispondente al principio del "risparmio previdenziale" (tutelato, invece, dall’art. 38 Cost.). In tale ultima ipotesi, a differenza della precedente, l’investimento concerne una somma che origina da redditi da lavoro, e come tale è – di conseguenza – tassabile secondo il regime cui sono soggetti i redditi da cui l’investimento medesimo è composto e determinato. Nel regime precedente il D.Lgs. n. 124 del 1993, invero, si distingueva, in relazione alle somme liquidate al dipendente all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, in virtù del contratto dì assicurazione stipulato dal datore di lavoro, tra una posta (cosiddetta "capitale") rappresentata dai premi versati dal datore di lavoro in corrispondenza dell’ammontare dell’indennità di anzianità via via maturata dal dipendente, ed un ammontare ulteriore (cosiddetto "rendimento di polizza"), costituente il risultato dell’operazione assicurativa propriamente detta, implicante un’eccedenza rispetto ai premi medesimi, ed, in effetti, rispetto a quanto attribuito al dipendente in forza di legge. Mentre le somme liquidate a titolo di capitale erano considerate soggette, per loro natura di TFR, al trattamento fiscale proprio di tale forma di reddito da lavoro, le somme corrispondenti al cd. rendimento di polizza, traendo origine dalla forma (contratto di assicurazione sulla vita) prescelta dal datore di lavoro per attuare gli accantonamenti obbligatori, erano considerate, invece, esenti da imposizione, ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 34, u.c., se liquidate prima dell’entrata in vigore della L. n. 482 del 1985, ed assoggettate a ritenuta del 12,50% se liquidate sotto il vigore di quest’ultima (cfr. Cass. 5506/07).

Ebbene, la decisa opzione dell’ordinamento per un regime di tassazione della previdenza complementare secondo una disciplina analoga a quella applicata ai redditi di lavoro, avviene – in subiecta materia – solo a seguito dell’entrata in vigore della disciplina impositiva di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, che opera un rinvio al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 (nel testo applicabile ratione temporis), ed al relativo regime di tassazione separata dei redditi da lavoro.

2.2.3. E tuttavia – secondo il primo dei menzionati orientamenti giurisprudenziali, formatosi con specifico riferimento alla stessa forma di previdenza complementare in considerazione nel caso di specie, costituita dal PIA (Previdenza Integrativa Aziendale) – in tema di fondi previdenziali integrativi, la suindicata disciplina impositiva di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9, si riferisce, secondo l’interpretazione fornita dal D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5, (convertito nella L. n. 30 del 1997), esclusivamente ai lavoratori iscritti alle forme pensionistiche complementari successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 cit.. Il predetto regime di tassazione separata non è, pertanto, applicabile ai lavoratori già iscritti – come nel caso di specie – a forme pensionistiche complementari, in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 124 del 1993.

Ne discende che, se a tali lavoratori, al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, siano corrisposte somme costituite in parte da capitale riveniente dai contributi versati e per il residuo dai rendimenti netti realizzati attraverso la gestione della "sorte capitale", il predetto regime di tassazione separata si applica alla sola attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, in quanto disciplina riguardante tutti i redditi comunque dipendenti da quel rapporto. Per converso, alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento – costituenti mero reddito di capitale non legato al rapporto di lavoro – si applica la ritenuta del 12,50% prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6. 2.2.4. Il menzionato indirizzo giurisprudenziale ha, poi, ulteriormente chiarito che l’individuazione di tale duplice criterio di tassazione non è impedita, nel caso di specie, nè – per quanto concerne il cd. rendimento di polizza – dalla particolare forma di rapporto assicurativo posto in essere nel caso in considerazione, nè – per quel che riguarda la "sorte capitale" – dal fatto che l’ente gestore del rapporto previdenziale (il fondo P.I.A.) sia un soggetto diverso dal datore di lavoro.

Ed invero, si è rilevato in proposito, per un verso, che le polizze P.I.A. – come quella ricorrente nel caso concreto – non corrispondono a contratti assicurativi tipici, posti in essere da soggetti istituzionalmente abilitati, ma danno luogo ad una figura contrattuale atipica, avente prevalente causa previdenziale, sebbene modulata come un contratto di capitalizzazione di versamenti da gestire.

Per altro verso, si è affermato che la qualifica del fondo P.I.A. quale ente terzo rispetto al datore di lavoro è inidonea ad elidere il nesso genetico – che, pertanto,, va considerato comunque sussistente – con il rapporto di lavoro, che ha determinato la nascita del rapporto previdenziale rappresentato dalla predetta polizza, ed in relazione al quale la tassazione – limitatamente alla "sorte capitale", essendo il "rendimento di polizza" soggetto, come detto, alla predetta ritenuta al 12,50% – va operata in misura analoga a quella dell’indennità di fine rapporto, trattandosi di somme integrative del reddito da lavoro dipendente (cfr., in tal senso, Cass. 22974/10). Il regime derogatorio in questione, tuttavia, deve ritenersi applicabile solo ai capitali percepiti fino al 31.12.2000, essendo stata tale disciplina abrogata, con decorrenza dalla data suindicata, dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 3, mentre, per gli importi percepiti a decorrere dall’1.1.2001, trova integrale applicazione il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17. 2.2.5. Tutto ciò premesso, va rilevato che l’indirizzo giurisprudenziale ora menzionato è stato, poi, recepito e confermato dalle Sezioni unite di questa Corte, le quali – prendendo in esame proprio la vicenda del fondo P.I.A. costituito dall’ENEL – hanno ribadito che, in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti ed a causa previdenziale prevalente, sono soggette ad un trattamento tributario diversificato, in ragione del periodo di tempo nel quale gli importi spettanti al dipendente sono dovuti.

E precisamente: a) per gli importi maturati fino al 31.12.2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17, solo per quanto riguarda la "sorte capitale", corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6;

b) per gli importi maturati a decorrere dall’1.1.2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 cit., art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 (cfr. Cass. S.U. 22.6.2011 n. 13642).

3. Ciò posto, non può revocarsi in dubbio che nel caso di specie – nel quale viene in considerazione la domanda di rimborso proposta da un soggetto iscritto ad un fondo di previdenza complementare (derivante dalla conversione di una polizza assicurativa sulla vita), prima dell’entrata in vigore della L. n. 124 del 1993, e per somme maturate fino al 31.12.2000 – tali principi non siano stati correttamente applicati dall’impugnata sentenza.

La CTR ha, invero, del tutto erroneamente ritenuto – per i motivi esposti – di non poter applicare, sulla parte relativa al rendimento, la ritenuta a titolo di imposta del 12,50%, di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6. 4. Di conseguenza, in accoglimento del ricorso, la sentenza n. 101/7/05 va cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, che – verificata preliminarmente la sussistenza dei relativi presupposti di fatto – dovrà attenersi al seguente principio di diritto: "in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, derivante dalla conversione di un precedente rapporto assicurativo, sono soggette, per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt 16, comma 1, lett. a) e art. 17, solo per quanto riguarda la "sorte capitale", corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6. Per gli importi maturati a decorrere dall’1.1.2001, si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17".

Il giudice di rinvio dovrà, inoltre, effettuare un accertamento sulla natura e quantità del rendimento che sarebbe stato liquidato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego da parte del Fondo, sul mercato, del capitale accantonato, e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%. 5. Il giudice di rinvio provvederà, altresì alla liquidazione delle spese del giudizio dì cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, che provvederà alla liquidazione anche delle spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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