T.A.R. Puglia Lecce Sez. II, Sent., 14-10-2011, n. 1768 Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La ricorrente, C.M.C., docente abilitata all’insegnamento nella classe di concorso n. 346/A (Lingua e civiltà straniera inglese), invalida civile ex lege n. 68/1999 ed inserita quale riservista nella graduatoria ad esaurimento della Provincia di Lecce, ha proposto ricorso (R.G. Sez. lav. n. 3289/09) al Tribunale di Lecce, in funzione di giudice del lavoro, per il riconoscimento del suo diritto ad essere assunta a tempo indeterminato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, formulando anche richiesta di condanna dell’amministrazione scolastica al risarcimento dei danni morali. Il relativo giudizio si è concluso con sentenza n. 202/2011, depositata in cancelleria in data 13 gennaio 2011, che ha dichiarato "agli effetti giuridici, il diritto della ricorrente ad essere assunta con contratto di lavoro a tempo indeterminato presso l’Ufficio Scolastico Provinciale di Lecce a far data dall’anno scolastico 2007/08 per la classe di concorso 346/A (lingua inglese)", rinviando a separato giudizio la determinazione della misura del risarcimento dei danni conseguenti al ritardato riconoscimento del diritto della ricorrente.

Con il ricorso in esame, lamentando che la sentenza sopra richiamata (n. 202/2011), notificata al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in data 3 febbraio 2011 ed all’Ufficio scolastico provinciale di Lecce in data 14 febbraio 2011, ancorché non appellata (come da certificazione della Corte d’appello di Lecce dell’8 aprile 2011), non sarebbe stata ancora eseguita, l’odierna ricorrente chiede che venga ordinato alla amministrazione scolastica di provvedere alla sua esecuzione.

Unitamente alla domanda di esecuzione della sentenza passata in giudicato, la ricorrente formula domanda di risarcimento dei danni patrimoniali, sia in relazione alla differenza tra lo stipendio mensile riconosciuto ai docenti di ruolo della scuola secondaria superiore e quanto percepito dalla ricorrente in relazione a contratti di lavoro a tempo determinato (differenza quantificata dalla ricorrente medesima in via equitativa in Euro 11.500,00), sia per gli interessi passivi corrisposti dalla ricorrente in relazione ad un mutuo contratto in data 3 luglio 2007 e quantificati in Euro 2.018,96. Oltre ai danni patrimoniali asseritamente subiti, la ricorrente chiede anche il risarcimento dei danni non patrimoniali, in relazione alla lesione del diritto all’immagine professionale ed alla qualità della vita, quantificati dalla ricorrente medesima in via equitativa in Euro 200.000,00.

Si è costituita in giudizio, per il tramite dell’avvocatura distrettuale dello Stato, l’amministrazione scolastica, rappresentando in punto di fatto che la ricorrente è collocata al quarto posto della graduatoria dei docenti riservisti e che anche i docenti che la precedono in graduatoria sono beneficiari di sentenze favorevoli emesse dal Tribunale di Lecce – Sezione Lavoro.

Fatta questa premessa, l’amministrazione evidenzia che per l’anno scolastico 2007/2008 i posti da destinare al personale docente disabile, ai sensi dell’art. 1 della l. n. 68/1999, sono solo due.

Dopo l’assunzione a tempo indeterminato con decorrenza dall’anno scolastico 2007/2008 di due docenti che precedono la ricorrente in graduatoria (già avvenuta per la prima classificata in graduatoria, M.M.G., e in corso di esecuzione per M.P.P., seconda classificata, o per R.A., terzo classificato) non residuerebbero altri posti disponibili da assegnare. Sulla base di queste considerazioni, il ricorso in esame sarebbe, a giudizio dell’amministrazione resistente, inammissibile per difetto di interesse, non potendo la ricorrente reclamare alcuna nomina per mancanza di posti disponibili.

L’amministrazione scolastica passa poi a contestare la domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente, evidenziando l’assenza dell’elemento soggettivo della colpa, per essersi l’amministrazione scolastica attenuta, nello svolgimento delle operazioni di nomina, alle indicazioni ministeriali, nonché l’insussistenza, nel caso di specie, dei presupposti della responsabilità per danno esistenziale, alla luce della più recente giurisprudenza.

Nel presente giudizio ha dispiegato atto di intervento la prof.ssa M.P.P., la quale evidenzia che con sentenza n. 6048 del 10 maggio 2011 il Tribunale di Lecce – Sezione Lavoro ha dichiarato il suo diritto alla assunzione a tempo indeterminato con decorrenza dall’anno scolastico 2005, subordinandolo alla condizione che alla data del 2005 per la classe di concorso A346 non vi fossero altri riservisti in posizione utile.

Fatta questa premessa, l’interveniente, pur dichiarando di non aver nulla da osservare circa il diritto della prof.ssa C. ad essere assunta dall’anno scolastico 2007/2008, fa rilevare di aver diritto ad essere assunta per la classe di concorso A346 (lingua inglese) con decorrenza dall’anno scolastico 2005, con precedenza rispetto alla prof..ssa C..

Alla Camera di Consiglio del 9 settembre 2011 la causa è stata introitata per la decisione.

Preliminarmente, deve essere dichiarata l’inammissibilità dell’atto di intervento della prof.ssa M.P.P..

Per costante giurisprudenza, l’intervento nel processo amministrativo è ammissibile solo se finalizzato alla difesa di un interesse derivato o dipendente da quello della parte principale. In proposito, il fine che persegue colui che propone un intervento è sostenere le ragioni del ricorrente, o del resistente, in quanto titolare di un interesse di fatto dipendente da quello azionato in via principale o ad esso accessorio ovvero di quello sotteso al mantenimento dei provvedimenti impugnati, che gli consente di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dall’accoglimento o dal rigetto del ricorso (ex multis, Consiglio Stato, sez. V, 08 marzo 2011, n. 1445; Consiglio Stato, sez. IV, 19 gennaio 2011, n. 385; T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 04 febbraio 2011, n. 354; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 13 ottobre 2010, n. 9201).

Secondo l’orientamento giurisprudenziale richiamato, non è, infatti, ammissibile nel processo amministrativo né l’intervento principale (ad infringendum iura utriusque competitoris), con il quale l’interveniente fa falere una pretesa autonoma, incompatibile con quella delle altre parti del processo, né l’intervento adesivo autonomo (o litisconsortile), con il quale l’interveniente esercita un’azione autonoma, assumendo tuttavia una posizione uguale e parallela a quella di una delle parti del processo.

Il carattere impugnatorio del processo amministrativo, caratterizzato dalla previsione di termini perentori di decadenza, unitamente alla stessa struttura del processo amministrativo, il cui atto introduttivo si connota come vocatio iudicis anziché come vocatio in ius, hanno indotto la giurisprudenza amministrativa a ritenere che l’istituto dell’intervento non possa essere utilizzato quale rimedio per far valere una pretesa rispetto alla quale l’interveniente avrebbe potuto proporre autonomo ricorso. Secondo la giurisprudenza sopra richiamata, l’unica forma di intervento ammissibile nel processo amministrativo è quella dell’intervento adesivo dipendente, sia nella forma dell’intervento ad adiuvandum, per il quale è legittimato il titolare di un interesse dipendente dalla posizione giuridica azionata dal ricorrente, che nella forma dell’intervento ad opponendum, per il quale la legittimazione spetta al controinteressato pretermesso o al titolare di un interesse (anche di fatto) alla reiezione del ricorso.

Le superiori considerazioni debbono ritenersi ulteriormente confermate a fortiori con riguardo all’intervento nel giudizio di ottemperanza.

E’ bensì vero che l’art. 28, 2° comma, del c.p.a. sembra prefigurare un superamento dell’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, riconoscendo la legittimazione all’intervento volontario a "chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall’esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse", con la sola limitazione dell’accettazione da parte dell’interveniente dello stato e del grado in cui il giudizio si trova, e che l’art. 38 del c.p.a. estende l’applicazione delle disposizioni del libro secondo codice del processo amministrativo (e quindi anche degli artt. 50 e 51 del c.p.a.) a tutte le tipologie di giudizi (di impugnazione e riti speciali), salvo che una disposizione espressa non vi si opponga. Pur tuttavia, l’estensione della legittimazione all’intervento volontario nel processo amministrativo anche ai soggetti non decaduti dall’esercizio di (proprie) azioni, se può ritenersi ammissibile nell’ordinario processo di cognizione, anche in correlazione alla sempre più frequente qualificazione di esso come processo sul rapporto, anziché come processo sull’atto, non può in ogni caso ritenersi ammissibile nel giudizio di ottemperanza delle sentenze del giudice ordinario.

Secondo la tesi prevalente in giurisprudenza, il giudizio di ottemperanza assume la configurazione di giudizio misto (di cognizione ed, al contempo, esecuzione) nei soli casi in cui si tratti dell’esecuzione di sentenze del giudice amministrativo e non anche nel caso di sentenze del giudice ordinario. Con riguardo a queste ultime quello di ottemperanza si configura come mero giudizio di esecuzione, non potendo ritenersi consentito al giudice amministrativo, in sede di ottemperanza, completare ed esplicitare il giudicato riveniente dalla sentenze del giudice ordinario.

Ne consegue che, in relazione alla struttura ed alla finalità perseguita dal giudizio di ottemperanza, che è quella di assicurare il soddisfacimento del diritto del ricorrente alla esatta esecuzione delle sentenze passate in giudicato o comunque esecutive (limitatamente, in quest’ultimo caso, a quelle del giudice amministrativo), deve ritenersi che non sia consentito al giudice dell’ottemperanza una valutazione delle posizioni sostanziali autonome o contrastanti con quelle del ricorrente che agisce per l’esecuzione di una sentenza coperta dal giudicato o comunque esecutiva e che, anche sotto la vigenza del codice del processo amministrativo, l’unico intervento ammissibile nel processo di ottemperanza (soprattutto con riguardo alle sentenze del giudice ordinario) sia quello di tipo adesivo dipendente.

Orbene, la prof.ssa M.P.P. non può essere considerata, nel caso di specie, come controinteressata pretermessa, che è parte necessaria del processo amministrativo, titolare di un interesse qualificato di natura uguale e contraria a quello del ricorrente. Il Collegio fa rilevare, infatti, che nell’atto di intervento dispiegato dalla prof.ssa M., l’interveniente, per sua stessa ammissione, non contesta il diritto della ricorrente alla assunzione in ruolo dall’anno scolastico 2007/2008.

Né tanto meno la prof.ssa M.P.P. può essere considerata come titolare di un interesse dipendente da quello azionato dalla ricorrente, in quanto l’interveniente fa invece valere il proprio autonomo diritto ad essere assunta, ai fini giuridici, per la classe di concorso A346 (lingua inglese) con decorrenza dall’anno scolastico 2005, in esecuzione della sentenza del Tribunale di Lecce – Sezione Lavoro n. 6048/2011. Trattasi di un diritto autonomo ed indipendente da quello azionato dalla odierna ricorrente, riveniente da un diverso giudizio e che, conseguentemente, avrebbe potuto (rectius, dovuto) essere fatto valere con un autonomo ricorso.

Non ricorrono, quindi, né i presupposti dell’intervento ad opponendum, non essendo l’interesse della interveniente giuridicamente incompatibile o contrastante con quello azionato dalla ricorrente (peraltro, le rispettive richieste di inquadramento in ruolo a tempo indeterminato, pur essendo relative alla medesima classe di concorso, riguardano anni scolastici differenti), né tanto meno sussistono i presupposti dell’intervento ad adiuvandum, agendo la prof.ssa M. a tutela di un diritto proprio (quello cioè alla assunzione a far data dall’anno scolastico 2005), non dipendente da quello azionato dalla prof.ssa C..

Stando così le cose, l’atto di intervento dispiegato dalla prof.ssa M.P.P. deve essere considerato inammissibile, per difetto di legittimazione.

Passando all’esame del ricorso proposto dalla prof.ssa C.M.C., merita accoglimento la domanda diretta all’esecuzione della sentenza del Tribunale di Lecce – Sezione lavoro n. 202 del 13 gennaio 2011 che ha dichiarato "agli effetti giuridici, il diritto della ricorrente ad essere assunta con contratto di lavoro a tempo indeterminato presso l’Ufficio Scolastico Provinciale di Lecce a far data dall’anno scolastico 2007/08 per la classe di concorso 346/A (lingua inglese)".

Non è, infatti, condivisibile sul piano giuridico la tesi della amministrazione scolastica, secondo la quale la pretesa azionata dalla ricorrente sarebbe priva di interesse, in quanto i posti disponibili in organico da assegnare al personale docente disabile per l’anno scolastico 2007/2008 sarebbero solo due, mentre la ricorrente occupa nella graduatoria dei riservatari solo il quarto posto.

Nella motivazione della sentenza sopra richiamata il giudice del lavoro precisa che "è incontestato che per gli anni scolastici 2005/06, 2006/07, 2007/08 l’Ufficio scolastico provinciale previde l’assunzione in ruolo di docenti in misura tale che per le categorie protette sarebbero dovuti essere destinati, rispettivamente, 2 posti, 1 posto e 2 posti, per cui se si fosse proceduto all’assunzione dei "riservisti", la ricorrente, quale 5^ riservista, sarebbe dovuto essere assunta sin dall’anno scolastico 2007/2008". Sulla base di tale premessa, il giudice del lavoro ha riconosciuto alla ricorrente il diritto ad essere assunta, agli effetti giuridici, con contratto a tempo indeterminato relativamente alla classe di concorso 346/A (lingua inglese) a far data dall’anno scolastico 2007/2008.

Ove l’amministrazione scolastica avesse ritenuto erronee le premesse fattuali sulle quali si fonda la motivazione della sentenza e, conseguentemente, non condivisibili, sul piano giuridico, le conclusioni cui è pervenuto il giudice del lavoro, avrebbe dovuto impugnare tempestivamente la sentenza medesima. La mancata proposizione dell’appello rende, quindi, irrilevanti le considerazioni svolte dall’amministrazione scolastica in relazione al numero degli aventi diritto e dei posti disponibili in organico, non potendo tali considerazioni incidere su statuizioni coperte dal giudicato.

Deve, invece, essere dichiarata inammissibile, per difetto di giurisdizione, la domanda formulata dalla ricorrente diretta ad ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali rivenienti dalla mancata assunzione in ruolo a partire dall’anno scolastico 2007/2008.

L’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001 attribuisce alla giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti, attribuendo in questo caso espressamente al giudice ordinario il potere di disapplicare gli atti amministrativi presupposti.

Nel caso di specie la ricorrente rivendica, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, le differenze stipendiali relative alla mancata assunzione in ruolo dall’anno scolastico 2007/2008 e gli interessi passivi corrisposti in relazione ad un mutuo contratto dalla ricorrente medesima nel corso del 2007 nonché, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, le conseguenze lesive subite sub specie di danno esistenziale (in particolare, nella forma di danno all’immagine professionale ed alla qualità della vita), rispetto alle quali (pretese) deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, derivando esse, secondo la prospettazione della stessa ricorrente, dalla mancata assunzione in ruolo a tempo indeterminato a far data dall’anno scolastico 2007/2008.

Né a conclusioni differenti si può pervenire sulla base del principio della concentrazione delle tutele, invocato dalla parte ricorrente.

Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, la domanda risarcitoria può ritenersi ammissibile nel giudizio di ottemperanza (che è un rito speciale) solo con riguardo ai danni ulteriori derivanti dalla mancata esecuzione e da violazione ed eluzione del giudicato e non con riguardo ai danni presumibilmente rivenienti dalla attività illegittima della p.a. accertata con sentenza passata in giudicato. Il Collegio rileva che, in base al combinato disposto dell’art. 112, comma 4, e dell’art. 30, comma 5, del codice del processo amministrativo, l’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato potrà, con ogni probabilità, essere sottoposto ad una revisione critica, potendosi configurare, sulla base delle nuove disposizioni del codice del processo amministrativo, la proposizione, nell’ambito del giudizio di ottemperanza, di un’azione risarcitoria anche per i danni riguardanti periodi precedenti al giudicato. Tuttavia, tale possibilità (per la quale, peraltro, il codice del processo amministrativo stabilisce che, in tal caso, "il giudizio si svolge nelle forme, nei modi e nei termini del processo ordinario"), presuppone che il giudice adito sia munito di giurisdizione.

Nel caso di specie, come sopra evidenziato, la cognizione dei danni lamentati dalla ricorrente deve ritenersi devoluta alla giurisdizione del giudice del lavoro, essendo le conseguenze pregiudizievoli asseritamente subite dalla ricorrente eziologicamente ricollegate dalla stessa ricorrente alla mancata assunzione in ruolo a tempo indeterminato a far data dall’anno scolastico 2007/2008.

In conclusione, la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali formulata dalla ricorrente deve essere dichiarata inammissibile, in quanto la relativa cognizione deve ritenersi devoluta al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro.

Le spese di giudizio, liquidate nel dispositivo, sono poste a carico della amministrazione resistente. Possono essere compensate tra le altre parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Seconda, pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così dispone:

– Dichiara inammissibile, per difetto di legittimazione, l’intervento proposto dalla prof.ssa M.P.P..

– Accoglie la domanda di esecuzione della sentenza del 13 gennaio 2011 n. 202/2011 emessa in favore della ricorrente, prof.ssa C.M.C., dal Tribunale di Lecce – Sezione Lavoro e, per l’effetto, ordina al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ed all’Ufficio scolastico provinciale di Lecce di provvedere nel termine di 30 (trenta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa del presente provvedimento a dare esecuzione alla predetta sentenza, procedendo alla assunzione, agli effetti giuridici, della ricorrente con contratto di lavoro a tempo indeterminato presso l’Ufficio Scolastico Provinciale di Lecce a far data dall’anno scolastico 2007/08 per la classe di concorso 346/A (lingua inglese);

– Dichiara inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali lamentati dalla ricorrente, dovendo ritenersi che la relativa cognizione sia devoluta al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro.

Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente, liquidate in Euro 700,00 (euro settecento/00) oltre IVA e CPA.

Compensa le spese tra le altre parti del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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