Cons. Stato Sez. III, Sent., 17-10-2011, n. 5549 Comune Spedalità ordinarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data 2/12/1996 l’Istituto Ospedaliero Sospiro accoglieva nell’area dei disabili psichici della propria struttura il Sig. M. Z., affetto da "disturbo dell’adattamento in insufficiente mentale medio". Al pagamento delle relative rette di degenza provvedeva il Servizio Sanitario Nazionale fino al 30/05/97, data in cui il soggetto veniva dismesso dall’area dei disabili psichici, essendo cessata la necessità di interventi riabilitativi. L’Istituto invitava con successive note il Comune di Cremona a farsi carico, congiuntamente alla famiglia, del mantenimento del paziente, affermando la natura esclusivamente socioassistenziale delle prestazioni e, con riferimento ai criteri stabiliti dalla legge, la sussistenza dell’obbligo del Comune di corrispondere le rette di degenza successivamente venute a scadenza.

Poiché il Comune di Cremona non assumeva alcuna impegnativa di pagamento, l’Istituto adiva il Tar Lombardia, sede di Brescia per vedere dichiarare l’obbligo del Comune di Cremona (ovvero in via alternativa dell’Azienda Ospedaliera di Crema e della Asl di Cremona) al pagamento delle rette insolute decorrenti dall’1.6.1997 fino al 31.7.1999 oltre alle successive maturate e maturande, riguardanti il ricovero presso la propria struttura dell’infermo.

In esito a tale iniziativa giudiziaria veniva, quindi, pubblicata dal Tar Lombardia, sede di Brescia, la sentenza n. 1688/03 di accoglimento delle pretese dell’Istituto, impugnata in appello dal Comune di Cremona.

Con ordinanza n. 1340 del 28 marzo 2008, la quinta sezione del Consiglio di Stato, rimetteva la controversia all’esame dell’Adunanza plenaria, al fine di accertare l’eventuale sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla questione del recupero delle somme relative alle rette di degenza.

Ritenuta la giurisdizione, giusta decisione dell’Adunanza plenaria del 30 luglio 2008, n. 7, la quinta sezione del Consiglio di Stato accoglieva l’appello del Comune per lesione del diritto alla difesa quale conseguenza del mancato avviso di fissazione dell’udienza nei confronti del Comune di Cremona annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa al giudice di primo grado.

Il giudizio proseguiva quindi davanti al Tar per la Lombardia, sede staccata di Brescia, con fissazione della udienza pubblica al 15.7.2009 nella quale la causa veniva trattenuta in decisione.

Con la sentenza n. 1538/09, oggetto dell’odierno appello, il Tar di Brescia riteneva che, ferma restando la riconducibilità della fattispecie ad una ipotesi di prestazione sociale a rilevanza sanitaria, considerati i principi desumibili dall’art. 38 della Costituzione e dall’ art. 6 della legge n. 328/00, gli oneri a carico del Comune dovevano essere solamente quelli che il beneficiario delle prestazioni non poteva sostenere direttamente o attraverso i propri parenti gravati di obbligo alimentare o assistenziale.

Pertanto il Tar accoglieva solo parzialmente la domanda di rimborso delle rette azionate dalla Fondazione ricorrente riducendo la pretesa esigibile nei confronti del titolo di assegno di accompagnamento dall’1.6.1997 alla data del saldo del debito e delle somme erogate a favore del sig. Z. e incassate dai parenti dello stesso, nel medesimo periodo, a titolo di pensione di invalidità.

In particolare il giudice di primo grado imputava alla negligenza della Fondazione, il mancato incameramento della indennità di accompagnamento della quale era stata richiesta la sospensione per il periodo in cui le rette erano a carico dell’ASL, ma non anche il ripristino all’atto in cui le prestazioni erogate allo Z. erano divenute a carattere assistenziale. Analogamente il primo giudice ricollegava alla negligenza dell’Istituto il momentaneo mancato incasso della pensione sociale spettante all’ospite argomentando che "Anche con riferimento a tali somme, l’Istituto ricorrente avrebbe dovuto farsi parte dirigente per ottenere il diretto incameramento delle stesse a scomputo delle rette; l’inerzia in tale senso ha determinato il pagamento delle somme a favore dei parenti del sig. Z. nei cui confronti dovrà quindi essere esercitata l’escussione del relativo credito…".

2. L’Istituto Ospedaliero, dopo avere sottolineato di condividere alcuni passaggi fondamentali della sentenza quali il carattere socio assistenziale delle prestazioni erogate a carico del Comune di residenza, ha affermato la parziale erroneità della stessa riferita all’assunto del primo giudice sulla negligenza dell’Istituto nell’incameramento della indennità di accompagnamento e della pensione di invalidità non incassati direttamente dall’ospite o dai parenti tenuti agli alimenti.

3. Con il primo motivo l’appellante assume l’errore di fatto in cui sarebbe incorso il primo giudice nell’affermare la negligenza nel comportamento tenuto. Il sig. Z. veniva ricoverato presso l’Istituto nel reparto dei disabili psichici con conseguenti oneri a carico della USL n.23 di Cremona in applicazione della convenzione allora in essere tra le medesime parti.

La Prefettura di Cremona, informata dall’Istituto appellante con lettera 12.12.1996 n. 11050, revocava l’assegno di accompagnamento con decorrenza 2.12.1996 come decretato dal Prefetto di Cremona in data 10.8.1998. Peraltro la Prefettura continuava a erogare a favore dello Z. la indennità di accompagnamento sino alla data del decreto prefettizio del 10.8.1998.

Con la dimissione in data 30.5.1997 dello Z. dal reparto disabili psichici per cessazione delle attività riabilitative l’Istituto Ospedaliero, dapprima con lettera 9.6.1997 n.5878 inviata al Comune di Cremona, all’Azienda Usl n.23 di Cremona e alla signora Z. C., quale delegata alla riscossione degli emolumenti pensionistici in luogo dell’interessato e, successivamente, con lettera 7.7.1997 n. 6790, comunicava che l’ospite non era più a carico del SSN e che la retta mensile doveva essere assolta, d’ora in poi, da qualcuno dei destinatari della lettera medesima anche pro quota tra loro.

Cosicché la retta dello Z. ha iniziato a non essere più corrisposta dall’1.6.1997, quando, terminato il periodo di riabilitazione totalmente a carico del SSN, le prestazioni erano diventate socio assistenziali mentre doveva considerarsi improduttiva di effetti e irrilevante una comunicazione dell’1.7.1998 inviata dall’Istituto Ospedaliero alla Prefettura di Cremona, poi rettificata in data 12.3.2004 n.3453.

Nessuna negligenza potrebbe quindi imputarsi alla Fondazione Istituto Ospedaliero di Sospiro che ha ottemperato alle comunicazioni di sua spettanza indirizzandole agli enti e ai soggetti interessati preposti per legge a fare fronte ai conseguenti oneri sociali di degenza. A tali soggetti, destinatari delle comunicazioni, spettava il dovere di attivarsi per riscuotere pensioni e indennità eventualmente spettanti al paziente non avendo l’Istituto, in punto, nessuna titolarità e nessun potere di incamerare direttamente tali emolumenti sostituendosi all’iniziativa dell’ospite o dei parenti tenuti agli alimenti.

4. Con il secondo mezzo la appellante reitera sostanzialmente quanto già sostenuto nel primo motivo sottolineando che il giudizio in oggetto riguarda l’accertamento dell’obbligo di pagamento di rette insolute afferenti il periodo dal 1.6.1997 al 30.4.2004 e ribadendo che non esisteva in capo alla Fondazione alcun obbligo di rivolgersi ai parenti dell’infermo con l’onere di fornire la dimostrazione della impossibilità economica dello stesso a assumere in tutto in parte il costo dei relativi oneri assistenziali.

5. Si è costituito in appello il Comune di Cremona sostenendo che nella ipotesi in cui la persona ricoverata sia in grado di provvedere direttamente o mediante il contributo volontario dei propri congiunti al pagamento integrale della retta, il rapporto si esaurisce direttamente tra i suddetti soggetti. Solo nella ipotesi in cui le condizioni economiche dei ricoverati non consentano l’integrale soddisfacimento delle loro obbligazioni viene in soccorso l’intervento integrativo del Comune competente.

Alla pubblica udienza del 15 luglio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. L’appello merita accoglimento.

Risultano pacifiche anche per l’appellante le conclusioni del primo giudice sul fatto che le spese di ricovero, per chi sia privo di mezzi, sono a carico del Comune di soccorso, ossia del Comune di residenza alla data del ricovero se il ricovero stesso ha natura di assistenza sociale, mentre sono a carico del servizio sanitario nazionale, tramite il servizio locale del luogo di ricovero, se quest’ultimo ha natura riabilitativa in vista di una possibile guarigione o di un possibile miglioramento. Nel caso in esame, non è in contestazione che il ricovero sia a titolo di assistenza sociale.

È poi provato che il giudizio in esame riguarda l’accertamento dell’obbligo di pagamento di rette insolute relative al periodo 1.6.199730.4.2004, sulla base degli artt. 2325 del DPR 24.7.1977 n. 616 secondo cui le funzioni riguardanti l’organizzazione e la prestazione dei servizi di assistenza sociale competono ai Comuni in cui il paziente aveva la residenza all’epoca del ricovero, dell’art. 2 del D.P.C.M. 8.8.985, dell’art. 3, comma 2 del DPCM 14.2.2001, dell’art. 6 comma 4 della legge quadro n. 328 dell’8.11.2000 nonché dell’art. 61 della legge regionale Lombardia n. 1 del 7.1.1986, dell’art.6 della legge regionale n. 43 del 5.11.1988 e dell’art. 4 della legge regionale n. 1 del 2.1.2000

Come rilevato da questo Consiglio di Stato in un precedente specifico riguardante lo stesso Istituto Ospedaliero appellante (V, 2810 del 2009) nella normativa regionale, in specie nell’articolo 63, comma 3 della sopradetta legge regionale 7 gennaio 1986 n. 1 sui servizi socioassistenziali (ora abrogata e sostituita con la legge regionale 12 marzo 2008 n. 3) è previsto un diritto di rivalsa a favore dei Comuni nei confronti dei parenti abbienti dell’infermo tenuti agli alimenti, nel contempo non si evince alcun obbligo da parte del mero gestore del servizio di preventiva escussione dei soggetti ospitati in una materia che riguarda il riparto dei costi sociali tra cittadino e l’ente locale.

La sentenza di cui sopra, che si richiama per relationem, ha in maniera condivisibile considerato, da una parte, che gli istituti di ricovero hanno necessità di ricevere subito il denaro delle rette con cui devono provvedere alla cura di persone che non possono certo dimettere per mancato pagamento, dall’altra, che l’amministrazione di tali istituti non può essere gravata di incombenti che non le sono connaturali. E invero il Comune di residenza del ricoverato è anche l’ente che, normalmente, conosce la situazione economica e familiare del ricoverato e, in ogni caso, ha i mezzi e gli uffici idonei per effettuare le ricerche e ottenere le certificazioni eventualmente occorrenti; oltre al fatto che può rendersi necessario che il Comune debba determinare la quota di spesa a proprio carico e quella per la quale rivalersi.

7. In tali termini l’appello merita accoglimento spettando all’Istituto ricorrente il pagamento integrale delle rette di degenza non corrisposte nel periodo considerato; pertanto in parte qua la sentenza del primo giudice deve essere riformata, il ricorso in primo grado accolto.

8. Spese e onorari seguono la soccombenza come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado.

Condanna il Comune di Cremona alle spese e onorari del giudizio nella misura di euro 3.000,00 (tremila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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