Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-06-2011) 26-09-2011, n. 34778 Attenuanti comuni danno lieve

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Bologna con sentenza emessa il 25 maggio 2010, in parziale riforma della sentenza pronunciata all’esito di giudizio abbreviato, dal G.u.p. presso il Tribunale di Rimini il 9 luglio 2009, ha ridotto la pena ad anni due, mesi dieci e giorni venti di reclusione, nei confronti di C.G., condannato per i reati di cui agli artt. 609 bis e 610 c.p. in danno della minore M.D.I. e di cui all’art. 527 c.p., fatti commessi in (OMISSIS).

Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato a mezzo di proprio difensore chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

1. Illogicità della motivazione laddove ha dato credibilità alla persona offesa sulla base della mancata conoscenza con esso imputato.

2. Illogicità della motivazione laddove addebita all’imputato di non dare spiegazione credibile alla decisione della persona offesa di denunciare immediatamente le violenze subite.

3. Mancanza di motivazione con travisamento dei fatti per non avere affrontato il tema della mancanza di richieste di aiuto da parte della ragazza.

4. Totale travisamento del fatto, per avere la Corte ritenuto che l’imputato fosse a conoscenza della telefonata ricevuta dalla ragazza dalla lettura dell’ordinanza di custodia cautelare.

5. Carenza di motivazione laddove la sentenza impugnata ha ritenuto che non potesse essere ravvisata l’ipotesi attenuata di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3. 6. Violazione di legge in riferimento all’art. 610 c.p., per il mancato assorbimento nell’ipotesi di violenza sessuale del reato di violenza privata, consistita nell’impedire alla persona offesa di allontanarsi, quando invece i fatti sono avvenuti contestualmente.

7. Contraddittorietà ed illogicità della motivazione per il mancato accoglimento della richiesta subordinata di concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati.

1. Con i primi due motivi di ricorso seppure è stata censurata, sotto diversi aspetti, l’illogicità e la contraddizione della motivazione, in realtà si vuole invitare questa Corte ad una rilettura delle risultanze del giudizio di merito, preclusa in Cassazione, in riferimento in particolare alla valutazione circa l’attendibilità della parte offesa. E’ ben possibile, per giurisprudenza costante, che il giudice tragga il proprio convincimento circa la responsabilità dell’imputato anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, le quali richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr., per tutte, Sez. 1, n. 29372 del 27/7/2010, Stefanini, Rv. 248016). In particolare, nel caso di parte offesa dei reati sessuali che sia minorenne è necessario che l’esame della sua credibilità sia onnicomprensivo e tenga conto di molteplici elementi (Così Sez. 3, n. 29612 del 27/7/2010, G., P.C. in proc. R. e altri., Rv. 247740).

La decisione impugnata ha confermato le valutazioni di merito espresse in primo grado, con motivazione congrua e priva di smagliature logiche, ed ha valutato le dichiarazioni della parte offesa attendibili sia intrinsecamente che estrinsecamente. Ha inoltre risposto punto per punto alle presunte incongruenze che l’imputato aveva già censurato nei motivi di appello. Difatti i giudici di merito hanno ritenuto che le dichiarazioni della quindicenne sono state coerenti, circostanziate e logiche dall’inizio della vicenda, quando nell’immediatezza ebbe a narrare le molestie sessuali subite in un bagno sito nel lungomare, ove si era recata per portare a passeggio il cane, per poi decidere di presentare denuncia contro ignoti, salvo a riconoscere ed identificare il responsabile nei giorni seguenti, perchè incontratolo nella stessa zona. Tali molestie erano state precedute da lusinghe verbali ed inviti suadenti a narrare le proprie esperienze sessuali, rivolti dal ricorrente alla ragazza, per poi passare ad una condotta coercitiva consistita nell’afferrare la giovane per il braccio e nel metterla seduta iniziando poi il palpeggiamento nelle zone erogene.

2. Non risultano fondate neppure le asserite censure di mancanza e travisamento della prova (motivi nn. 3 e 4). La decisione impugnata, nel riassumere con ampiezza tutte le argomentazioni già svolte dal giudice di prime cure, ha ripercorso la richiesta di aiuto mandata con un messaggino al telefono del fidanzato ed ha anche chiarito che i fatti accaduti nel bagno non erano incompatibili con la presenza nei pressi (dietro le cabine) di altre persone intente a godersi il sole primaverile. Nè può essere definito travisamento della prova quella che è invece una deduzione logica operata dai giudici di merito, circa la conoscenza che l’imputato ha avuto della telefonata successivamente intercorsa tra la ragazza ed il fidanzato, attraverso la notifica dell’ordinanza cautelare, perchè ivi menzionata.

3. Quanto al quinto motivo di ricorso, la Corte di appello ha spiegato come l’attenuante del fatto di lieve entità possa essere riconosciuto in relazione non solo con l’oggettività dei fatti, ma anche con le minime conseguenze subite dalla persona offesa. A tal proposito i giudici di merito hanno ribadito l’assenza di elementi per poter concedere detta circostanza attenuante ed hanno sottolineato come sia risultato accertato – di contro – che la ragazza aveva ricevuto dalla vicenda un trauma psichico non di poco conto, atteso che l’inattesa situazione angosciante, che l’aveva posta in balia degli assalti e dei ripetuti toccamenti di un uomo molto più grande di lei, si era protratta per un tempo non breve.

4. In riferimento al sesto motivo di ricorso, la decisione impugnata ha fornito esaustiva spiegazione circa la ragioni che non consentono l’assorbimento del reato di violenza privata con quello di violenza sessuale: detto reato fu consumato con la costrizione imposta alla ragazza di stare vicino ad esso imputato e di sedersi, con soluzione di continuità rispetto agli atti sessuali, posti in essere solo in un tempo successivo, quando il suadente corteggiamento, posto in essere nei confronti della minore, non aveva sortito gli effetti sperati. Anche l’ultimo motivo di censura non è fondato: la sentenza impugnata ha dato ampio conto delle ragioni per le quali ha ritenuto di condividere il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche già operato dal giudice di primo grado, dando anche rilievo al precedente specifico, seppur risalente nel tempo.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato, ai sensi del disposto di cui all’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali ed al rimborso di quelle sostenute nel grado dalla parte civile che si liquidano in euro milleottocento oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al rimborso di quelle sostenute nel grado dalla parte civile che liquida in euro milleottocento oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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