Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-06-2011) 26-09-2011, n. 34777 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Napoli con sentenza del 31 marzo 2010 ha confermato la sentenza del 19 maggio 2008 emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Torre Annunziata, all’esito di giudizio abbreviato, che ha condannato S.C., alla pena di anni sei di reclusione, per il reato di cui all’art. 81 cpv. c.p. e art. 609 quater c.p., commi 1 e 5 in danno di G.A., di anni sei, perchè si faceva praticare rapporti orali e le toccava le parti intime con il pene e le mani, in (OMISSIS).

L’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza per i seguenti motivi:

1. Inosservanza od erronea applicazione della legge penale, in relazione ai principi di valutazione della prova ( art. 190 c.p.p.) in quanto la Corte non avrebbe tenuto conto delle insanabili discordanze fra gli elementi di prova, costituiti dalle dichiarazioni della minore persona offesa, cristallizzate nell’incidente probatorio, e le dichiarazioni rese dalla di lei madre ai Carabinieri, oltre alle relazioni-medico legali ed alle perizie sul DIMA, atteso che il consulente che sottopose a visita medica la bambina il giorno dopo la denuncia escluse segni di abuso ed l’effettuato tampone vaginale ebbe esito negativo, così come la ricerca di tracce organiche sugli indumenti della bambina. Inoltre i giudici avrebbero parcellizzato le dichiarazioni della persona offesa, ritenendo validi i soli elementi a carico e non quelli a discarico, in pratica seguendo un iter logico fondato su un travisamento della prova.

2. Inosservanza od erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 609 quater c.p., comma 5. La sentenza ha omesso di considerare l’invocata concessione dell’attenuante ritenendo ingiustamente la doglianza generica, mentre era stato argomentato come l’attenuante deve essere posta in riferimento alla limitata compressione della libertà sessuale della vittima, non bastando il solo riferimento alla sua tenera età per negare tale circostanza.

Motivi della decisione

1. I motivi di ricorso non sono fondati.

La sentenza di appello, confermando la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado, ha sviluppato una propria autonoma ed ampia argomentazione, all’esito del compiuto esame delle censure avanzate dall’appellante, confermando il giudizio di piena attendibilità della testimonianza della bambina, alla luce anche degli elementi probatori di riscontro dei fatti, esponendo le proprie convinzioni con una motivazione esaustiva, congrua e di tranquillizzante tenuta logica, quanto all’attendibilità della persona offesa, alla ricostruzione delle modalità degli abusi sessuali ed alla colpevolezza dello S..

Come è noto, in tema di sindacato del vizio della motivazione, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito o di seguire possibili interpretazioni e ricostruzioni alternative dei fatti, suggerite dal ricorrente, ma quello di stabilire se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.

I giudici di merito hanno fatto buon governo dei principi di diritto affermati in materia di testimonianza della persona offesa minore di età nei reati sessuali, in relazione alla quale non è necessario applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4 che richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr., per tutte, Sez. 1, n. 29372 del 27/7/2010, Stefanini, Rv. 248016), anzi il giudice può trarre il proprio convincimento circa la colpevolezza dell’imputato anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che siano state sottoposte a vaglio positivo circa la loro attendibilità. In particolare, per i minori è necessario che l’esame della credibilità sia onnicomprensivo e tenga conto di più elementi quali l’attitudine a testimoniare, la capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, la qualità e natura delle dinamiche familiari e dei processi di rielaborazione delle vicende vissute (Così Sez. 3, n. 29612 del 27/7/2010, P.C. in proc. R. e altri., Rv. 247740). Orbene, la bambina fu inizialmente sottoposta a tre colloqui psicodiagnostici videoregistrati e poi fu ascoltata nell’incidente probatorio in data 31 gennaio 2007, riferendo, sia con le parole che con ricorso alla gestualità, le modalità delle molestie subite dallo zio materno, indicando anche particolari visivi ed olfattivi sicuramente caduti sotto la sua diretta percezione; i giudici hanno dato atto che dal narrato non sono affatto emerse contraddizioni sugli episodi in senso stretto, anche se alcune espressioni negative in riferimento alla persona dello zio (è un cornuto, un zuzzuso) possono essere state influenzate da commenti degli adulti sui fatti, che la bambina poteva aver sentito. Nessun frazionamento delle dichiarazioni rese dalla minore aventi ad oggetto il nucleo essenziale dei fatti illeciti risulta, quindi, posto in essere dalla Corte di appello.

Per quanto attiene alla lamentata mancata considerazione delle risultanze degli accertamenti sui liquidi biologici ed dell’esito negativo del tampone vaginale, risulta evidente che tali accertamenti furono posti in essere, come chiarito nelle sentenze di merito, in quanto inizialmente la madre della bimba credette di aver visto del liquido seminale nella vagina della piccola, ma essi non hanno avuto alcuna rilevanza sulla decisione, anche perchè nessun rapporto sessuale di tipo vaginale od anale risulta contestato in capo al ricorrente; quanto all’assenza di tracce di sperma nell’auto, nella maglietta e nelle mutandine della bambina, i giudici di merito hanno ritenuto tali emergenze compatibili con il racconto della minore relativo ad un rapporto orale che lo zio gli aveva fatto praticare in auto, tenuto anche conto che tracce di liquido seminale furono invece rinvenute nello slip che lo S. indossava l'(OMISSIS).

2. Risulta infondata anche la censura avanzata in merito al mancato riconoscimento della diminuente del caso di lieve entità: i giudici di merito hanno infatti rilevato che anche atti sessuali diversi dalla congiunzione possono presentare connotazioni di gravità e, nel caso di specie, lo sfruttamento del rapporto fiduciario che esisteva tra il ricorrente e la vittima, dovuto alla parentela, nonchè le modalità della condotta criminosa, che aveva provocato danni psicologici alla minore, sono stati ritenuti dai giudici di merito motivi più che sufficienti a ritenere il fatto "non di lieve gravità".

Pertanto il ricorso deve essere rigettato e di conseguenza, in forza del disposto di cui all’art. 616 c.p.p., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ed a rimborsare alla parte civile quelle sostenute nel presente grado, che si liquidano in Euro milleottocento oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al rimborso di quelle sostenute in questo grado dalla parte civile, che si liquidano in milleottocento Euro oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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