Cass. civ. Sez. V, Sent., 03-02-2012, n. 1555 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La srl FIB in liquidazione con distinti ricorsi impugnò, per quanto ancora rileva, gli avvisi di accertamento ai fini dell’IRPEG e dell’ILOR per gli anni 1994 e 1995, con i quali veniva determinato con metodo analitico il reddito d’impresa, sulla base del conto dei profitti e delle perdite e delle dichiarazioni annuali regolarmente presentate, in mancanza dei libri contabili obbligatori. La contribuente lamentava la mancata considerazione dei costi che assumeva aver sostenuto.

I ricorsi avevano esiti diversi in primo grado.

L’Agenzia delle entrate ricorre, sulla base di due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, rispettivamente, accogliendo l’appello della srl FIB avverso la decisione concernente l’accertamento per il 1995, e rigettando quello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Breno, avverso la decisione concernente l’accertamento per il 1994, determinava in via induttiva il reddito della società contribuente nel 20% dei ricavi dichiarati. Il giudice d’appello ha rilevato cane i detti accertamenti erano fondati non sull’omessa o irregolare registrazione di costi, ma sull’assenza di tutti i libri contabili e di documentazione idonea a comprovare i costi, non sussistendo, "in sostanza, prove che le risultanze del conto profitti e perdite corrispondano ad operazioni effettivamente poste in essere. Cosicchè questa situazione di totale irregolarità amministrativa, contabile e fiscale, caratterizzata anche da inesistenza di fatture, impedisce di verificare analiticamente il reddito della società". Per questo, essendo costituito l’imponibile "dal reddito netto dichiarato o accertato, calcolato quindi in. base ai ricavi al netto dei costi… applicando tale criterio in presenza di dichiarazione di ricavi, senza una documentazione di costi, occorre ricostruire tali costi con un’incidenza percentualizzata degli stessi". Secondo il giudice d’appello, l’attività svolta nella specie, commercio all’ingrosso di materiale ed attrezzature dell’edilizia, era caratterizzata da elevati costi, "per lo scarso margine operativo lordo sulle vendite, determinato da un indice di rotazione del magazzino molto alto, anche se compensato da un valore aggiunto per addetto non del tutto modesto, cui corrisponde pertanto un basso ricava.. cosicchè, facendo riferimento ad una percentuale media di ricarico rilevabile presso la CCIAA, si ritiene equo rideterminare induttivamente il reddito imponibile della società, per gli anni d’imposta 1994 e 1995, nel 20% (venti per cento) dei ricavi dichiarati".

La società contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, "denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4", l’amministrazione ricorrente censura la decisione perchè, pur avendo rilevato che non era stato dimostrato che i costi risultanti dal conto dei profitti e delle perdite fossero stati effettivamente sostenuti, aveva tuttavia ritenuto che la situazione di totale irregolarità amministrativa comportava la necessità di rideterminare induttivamente il reddito.

Ed in proposito deduce che identificando il reddito imponibile con metodo induttivo in sostituzione dell’accertamento compiuto dall’ufficio mediante il metodo analitico di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, la Commissione regionale avrebbe travalicato i propri poteri decisori.

Con il secondo motivo, denunciando "violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3", assume che i costi contabilizzati dovrebbero risultare da elementi certi e precisi che il contribuente deve essere in grado di fornire, e che in mancanza di tale dimostrazione legittimamente l’amministrazione li disconoscerebbe, con conseguente accertamento del maggior reddito. La rideterminazione del reddito accertato solo nella misura del venti per cento dei ricavi, pur dopo l’esplicito riconoscimento della mancanza di ogni prova dell’esistenza dei costi in questione, si tradurrebbe in lampante violazione della norma in rubrica.

I motivi sono entrambi fondati.

E’ anzitutto erronea in diritto l’affermazione secondo cui all’ufficio finanziario era inibito "di verificare analiticamente il reddito della società", ove si consideri che per l’accertamento dei redditi di impresa ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, "la ricorrenza dei presupposti per l’accertamento induttivo (anche nella ipotesi di inattendibilità dell’intera contabilità) non comporta l’obbligo dell’ufficio di avvalersi di tale metodo di accertamento, ma costituisce – una mera facoltà che non preclude, pertanto, la possibilità di procedere ad una valutazione analitica dei dati comunque emergenti dalle scritture dell’imprenditore" (Cass. n. 12904 del 2008), e che "l’esistenza dei presupposti per l’applicazione del metodo induttivo non esclude che l’amministrazione possa servirsi, nel corso del medesimo accertamento e per determinate operazioni, del metodo analitico di cui all’art. 39, comma 1, oppure contemporaneamente di entrambe le metodologie" (Cass. n. 27068 del 2006; cfr., inoltre, Cass. n. 27927 del 2009 e n. 5557 del 2000).

Nè, d’altronde, nella specie assume rilievo la modifica recata all’art. 75 del t.u.ir. del 1986 in ordine alla deducibilità delle spese, di cui sia prescritta la registrazione in apposite scritture contabili, per le quali la registrazione sia stata omessa o eseguita irregolarmente, atteso che, cerne già chiarito, "in merito alla deducibilità di costi di impresa non registrati, l’onere della prova circa l’esistenza ed inerenza dei componenti negativi del reddito incombe al contribuente. A tal riguardo, l’abrogazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, comma 6, ad opera del D.P.R. 9 dicembre 1996, n. 695, art. 5, comporta solo un ampliamento del regime di prova dei costi da parte del contribuente, prova che può essere fornita anche con mezzi diversi dalle scritture contabili (purchè costituenti elementi certi e precisi, come prescritto dall’art. 75, comma 4), ma non certamente l’attenuazione della regola sulla ripartizione dell’onere della prova" (Cass. n. 4218 del 2006, n. 3305 del 2009).

Una siffatta prova, cane la stessa sentenza impugnata rileva – gli atti impositivi "sono fondati… sull’assenza di documentazione idonea a comprovare i costi sostenuti e di tutti i libri contabili.

Non sussistono, in sostanza, prove che le risultanze del conto dei profitti e delle perdite corrispondano ad operazioni effettivamente poste in essere. Cosicchè questa situazione di totale irregolarità amministrativa, contabile e fiscale – caratterizzata anche da inesistenza di fatture… in presenza di una dichiarazione di ricavi, senza una documentazione dei costi" – non è stata fornita dalla contribuente.

Quanto al secondo motivo, è sufficiente sul punto ricordare l’orientamento di questo giudice di legittimità secondo cui "in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la commissione tributaria adita per l’annullamento dell’avviso di rettifica del reddito di impresa, individuato dall’Amministrazione finanziaria con metodo analitico, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, non può procedere alla determinazione induttiva dell’utile di gestione, atteso che il giudice, investito del sindacato sulla legittimità di un accertamento tributario, può soltanto verificare la sussistenza o meno dei presupposti idonei a legittimare il potere dell’Ufficio in concreto esercitato, senza potersi ad esso sostituire nell’esercizio di un potere diverso, spettante all’amministrazione attiva, del quale vengano in ipotesi riconosciute sussistenti le condizioni: in applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in presenza di accertamento analitico dell’Ufficio, aveva operato il cumulo dell’intero reddito e poi, con tecnica induttiva, determinato in base ad una percentuale ed in misura forfetaria i ricavi" (Cass. n. 10812 del 2010, n. 2935 del 1996; si veda, inoltre, Cass. n. 6112 del 1999).

In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente con riguardo ai due atti impositivi impugnati.

Si ravvisano giusti motivi per dichiarare compensate fra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Dichiara compensate fra le parti le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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