Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-06-2011) 26-09-2011, n. 34775

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.G., Mu.Ra. e M.A. propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Cagliari ha confermato la sentenza del tribunale della medesima città che in data 27 ottobre 2007 li aveva condannati alla pena di giustizia, oltre che dal risarcimento dei danni in favore della parte civile, in quanto ritenuti responsabili:

per condotte autonomamente imputate a ciascuno di essi del reato di cui all’art. 81 cpv. – art. 609 bis, commi 1 e 2 in danno della minore R.V. per episodi verificatisi tra l’estate (OMISSIS).

Il tribunale, dopo aver ricordato che la contestazione iniziale era incentrata sulla condotta di costrizione all’abuso e che il pubblico ministero aveva contestato alternativamente anche quella dell’induzione, pur ritenendo che l’induzione "tenuto conto dell’età e delle condizioni psicofisiche di V. e della sua incapacità comunque di reagire e di autodeterminarsi liberamente nel campo sessuale e dell’elevata differenza di età con i suoi abusanti, sarebbe comunque ravvisabile", ha concluso affermando che la R. fu vittima di condotta di violenza sessuale per coercizione con l’uso della violenza e della minaccia, secondo l’accezione generale contenuta nell’art. 609 bis c.p., comma 1.

A questa conclusione il tribunale è pervenuto in particolare, ritenendo l’attendibilità della persona offesa di cui valorizza anche l’atteggiamento di sofferenza mostrato nel ricostruire i fatti, ed in considerazione delle dichiarazioni rese dai genitori della ragazza (ed, in particolare della madre che aveva riferito in una occasione di avere trovato la ragazza in atteggiamenti inequivoci con il F. in un fienile, nonchè di un peggioramento delle condizioni della ragazza in concomitanza con le violenze denunciate);

di quelle rese dal C. – con il quale la ragazza aveva avviato una relazione -; dei risultati delle perizie in cui si rileva come i disturbi riscontrati sulla R. facciano propendere per l’ipotesi dell’abuso, e che la comparsa del C. sia stata vissuta dalla p.o. come quella di un salvatore. La corte di appello condivide integralmente le motivazioni del primo giudice. Ciò posto deducono in questa sede i ricorrenti:

Mu.:

mancanza, contraddittorietà, illogicità della motivazione nonchè mancato esame delle questioni dedotte nei motivi di appello. Assenza dei passaggi e delle argomentazioni indispensabili al fine di rendere comprensibile l’iter logico seguito; travisamento della prova.

In particolare fa rilevare il ricorrente la assoluta mancanza della motivazione in ordine alla intrinseca attendibilità della R. posta in dubbio nei motivi di appello con i quali erano state evidenziate imprecisioni e contraddittorietà tra le dichiarazioni rese al PM e quelle in dibattimento, l’inverosimiglianza di esse tenuto conto di alcune affermazioni quali quella di aver consentito al M. di prenderla a casa nonostante avesse già subito violenza. Si sottolinea che da nessun elemento emerge che i rapporti con la R. erano improntati ad abuso o a sopraffazione dello stato di inferiorità psichica della ragazza e come lo stesso PM sia stato costretto a modificare l’accusa a causa delle diversità delle dichiarazioni rese in dibattimento dalla R. stessa. Si aggiunge poi che la sentenza di appello, nonostante l’espressa richiesta dell’appellante, ha omesso di valutare le concrete risultanze istruttorie che, tra l’altro, hanno fatto emergere l’esistenza di motivi di rancore e di propositi di vendetta nei testimoni chiave (p.o., genitori, Ca.). Inoltre si rileva come la corte di merito non abbia nemmeno risposto sulla inesatta percezione degli atti ritenuti probanti dal tribunale. In particolare, per quanto concerne l’affermazione che la minore avesse avuto un brusco mutamento di umore e di comportamento in concomitanza della violenza si fa rilevare come già nei motivi di appello era stato evidenziato che dalla stessa relazione peritale emergeva che V. sin da piccola era una bambina introversa e problematica, con un difficile rapporto con i genitori ed un’esperienza scolastica traumatizzante, tant’è che nel corso di un’esperienza in colonia, le stesse insegnanti avevano richiesto alla madre di portare via la figlia; che anche la teste B., insegnante della bambina aveva finito con l’ammettere in dibattimento, a seguito di contestazione del pubblico ministero, il carattere difficile e litigioso di V., descritta, invece ai carabinieri come molto estroversa e talvolta esuberante Inoltre si rileva come il giudice di merito sia pervenuto alle sue conclusioni senza nemmeno considerare – benchè eccepito nei motivi di impugnazione – come dagli atti fosse emerso il carattere ribelle di V. che si era trovata a stringere un’amicizia con una ragazza molto disinibita la quale aveva già iniziato ad avere rapporti sessuali con uomini più grandi e, soprattutto, dietro compenso; che successivamente aveva proseguito sulla strada delle amicizie con ragazze molto disinibite che avevano rapporti a pagamento anche con uomini più grandi di loro e che i testimoni hanno confermato che la ragazza aveva una propria consapevole sfera sessuale fatta di incontri con persone più grandi di cui parlava liberamente con le amiche. Si fa rilevare in proposito come risulti, in particolare, immotivatamente trascurata la testimonianza della c., con cui la minore usciva, che ha riferito di aver appreso da V. dell’esistenza di una relazione con il F.; di Me.Gi., altro testimone non menzionato in motivazione, che ha confermato che era la R. ad "attaccare bottone" nel senso che aveva il suo numero, lo chiamava, gli mandava messaggi, cercando di vederlo più spesso. Si fa rilevare inoltre come dagli era emerso che la minore aveva avuto rapporti anche con altri due uomini Co.En. e S.D. il quale ha confermato di aver avuto anche lui una relazione con la R. e che tutto ciò appariva in contrasto logico con la tesi della minore oggetto di violenza o di induzione ai rapporti sessuali. Si sostiene, poi, che nemmeno è stata presa in considerazione per la valutazione dell’attendibilità intrinseca della persona offesa il ritardo nella presentazione della querela nè si è tenuto conto che era stata la madre a chiedere alla figlia se aveva avuto rapporti con alcune persone facendone i nomi. Per quanto concerne poi C.F. – persona che avrebbe determinato V. ed i genitori a sporgere la querela -si fa rilevare come la sentenza impugnata non abbia in alcun modo preso in considerazione che lo stesso C. aveva voluto conoscere la R. tramite il Mu. consapevole del modo di agire della ragazza e che aveva reagito in presenza del C. con violenza appreso che il Mu. l’aveva definita una puttana – così dando prova, tra l’altro, di non essere in alcun modo sottomessa al Mu.. Anche la testimonianza della Bo. – che ha dichiarato di avere chiesto alla p.o. di accompagnarla dal Murgia risulta trascurata in motivazione benchè comprovante anch’essa – secondo il ricorrente – l’assenza di violenza non essendo logico che una persona violentata consenta di accompagnare un’amica dalla persona da cui era stata in precedenza violentata. Si sottolinea inoltre l’illogicità – anch’essa dedotta nei motivi di appello – di ritenere che solo la V. rispetto alle sue amiche non fosse consenziente. Infine, per quanto concerne i testimoni ritenuti probanti dal tribunale, si fa rilevare come fosse stata già evidenziata la scarsa attendibilità del racconto dei genitori della ragazza che si sono limitati a riporatre quanto appreso da quest’ultima e che, invece, erano stati inizialmente convinti dei rapporti consenzienti tra la figlia e gli imputati e che, per quanto concerne le minacce subite, è provato inconfutabilmente che le stesse provenissero dal C. (e non dal M.), dal passato non limpidissimo, stando alle dichiarazioni del tenente dei carabinieri escusso in dibattimento sulla persona che utilizzava il telefonino al momento delle minacce. Si fa rilevare inoltre come la teste c.m. ha dichiarato di aver ricevuto in dibattimento forti pressioni dal C.. Si censura infine la motivazione di appello nella parte in cui conferma la negazione delle generiche e le statuizioni civili asserendosi ingiustificata la condanna al risarcimento dei danni.

F.:

Mancanza e contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato, nonchè omessa risposta sui rilievi dedotti nei motivi di appello. Si fa rilevare, in particolare, che la sentenza di appello non motiva sulla spontaneità, sulla coerenza e sull’attendibilità della persona offesa, posti in dubbio nei motivi di appello, nè sul travisamento della prova che ha portato il giudice di primo grado a concludere per l’esistenza dei riscontri. Al riguardo si fa rilevare come già nei motivi di appello era stato fatto rilevare che non potevano essere ritenute riscontro le dichiarazioni della professoressa B. essendosi quest’ultima limitata a riferire di aver appreso di una relazione tra il F. e la R.; quelle del G. a proposito delle quali si riconosce in motivazione che le stesse non coincidono con quelle della p.o.; quelle dei genitori a proposito delle quali non viene chiarita la ragione della mancata denuncia quando la ragazza fu scoperta dalla madre al fienile con il F.; quelle del C. per l’evidente stato di rancore che le ha determinate; che, infine, quanto alla perizia, nulla si specifica sull’asserito disturbo post traumatico da stress riferito dal perito. Inoltre la decisione di appello omette di rispondere sulla esistenza di una relazione sentimentale tra F. e la R., omettendo al riguardo di prendere in considerazione le lettere comprovanti l’esistenza di quest’ultima. Si rileva inoltre mancare in motivazione un rigoroso vaglio oggettivo e soggettivo in ordine alla credibilità della parte offesa nonostante le sollecitazioni contenute nei motivi di appello non potendosi ritenere appagante il riferimento della motivazione stessa alla sofferenza della vittima, peraltro emersa solo in un secondo momento avendo inizialmente dato prova la R. di atteggiamenti niente affatto intimiditi nei rapporti con gli imputati. Si aggiunge che dagli atti emerge solo la prova di una relazione sentimentale con la denunciante menzionata anche da altri testi come la c.. Quanto alle risultanze della perizia psichiatrica si rileva che esse sono recepite in maniera assertiva e che non si tiene in alcun conto che le conclusioni rilevano solo la capacità di intendere e di volere della vittima ma non la capacità a testimoniare. Nessuna risposta vi è inoltre ai rilievi circa la correttezza delle indagini peritali essendo stati disapplicati i principi della carta di Noto e non risulta effettuata documentazione video o audio dei colloqui con il consulente. Si rileva, anche che la decisione di appello non ha tenuto conto di quanto affermato dai periti che hanno descritto V. come una bambina con aspetti di disagio interiore, nè si è fatta carico di esaminare le ragioni del ritardo nella presentazione della querela.

La sentenza, inoltre, illogicamente trae elementi di convincimento della responsabilità dell’imputato nel fatto che si sarebbe vantato di avere avuto rapporti con la p.o. sostenendosi non essere credibile che quest’ultimo rivelasse vantandosene la violenza operata. Non si tiene conto, infine, secondo il ricorrente, dell’interesse della ragazza a mentire al C. con il quale aveva successivamente intrecciato una relazione e che quest’ultimo era stato più volte indagato ed aveva sollecitato varie persone a deporre in senso conforme dopo la denuncia. M. violazione di legge e vizio della motivazione.

Dopo avere premesso che l’imputato risulta essere stato chiamato da solo e non in concorso con altri a rispondere del reato ipotizzato, fa rilevare come la P.M. aveva confermato della relazione tra la vittima e il F.. Anche il teste Me.

G. ha confermato che V. parlava in modo spudorato delle sue conquiste perchè era lei che andava stuzzicare personaggi che voleva ed anche la Ca. aveva confermato di aver appreso dalla R. di una relazione con un uomo più grande di lei;

circostanza questa confermata anche dalla G.. Le risultanze processuali portano a ritenere che la R. avesse dunque una pluralità di rapporti sessuali con uomini maturi, sia pure a pagamento, ma per libera scelta. Si fa notare che la stessa Bo. ha negato di avere saputo di abusi subiti dalla ragazza e che dagli atti emerge che l’iniziative di proporre la denuncia, scaturisce dalla circostanza che il Mu. l’aveva insultata dicendole che era una puttana e, dunque, per l’ingiuria subita non per la violenza. La posizione del M. è svincolata da quella del F. ed il M. stesso godeva della fiducia incondizionata dei genitori della minore. Nè si spiega perchè dopo un primo episodio di violenza la R. abbia per sua stessa ammissione consentito spontaneamente di uscire ancora con il M.. Non è credibile che, come già affermato dalla vittima, ciò sia avvenuto solo per fare una cortesia alla compagna. La ragazza avrebbe confidato le violenze subite al C. con il quale aveva avviato una relazione per non rivelare le iniziative in passato assunte. E’ pacifica la tendenza al mendacio della R., anche alla luce delle dichiarazioni della madre, cui la ragazza aveva negato di aver avuto rapporti con il M. e che, infine, il C. avrebbe spinto la ragazza sporgere denuncia per averla con sè.

Motivi della decisione

I ricorsi sono fondati per le ragioni e nei limiti di seguito indicati.

La Corte di appello in motivazione si è sostanzialmente limitata a ribadire, con motivazione succinta, l’esistenza dei rapporti tra la minore e gli imputati, ripercorrendo sinteticamente le argomentazioni del tribunale – che aveva ritenuto di dover concludere per la violenza con coercizione pur ritenendo astrattamente configurabile nella specie anche l’induzione in considerazione dell’età e delle condizioni psico – fisiche di V. e della sua incapacità di reagire e di autodeterminarsi liberamente nel campo sessuale.

In questo modo i giudici di appello hanno tuttavia sostanzialmente omesso di rispondere sui motivi contenuti negli atti di impugnazione.

Talora sovrapponendo le richieste, i ricorrenti – come detto in precedenza – avevano infatti formulato richieste specifiche aventi ad oggetto per un verso la verifica dell’attendibilità del racconto della p.o., in uno con quella dell’asserita condizione di inferiorità psichica della minore nei confronti degli imputati e, per altro verso, la verifica dei riscontri, denunciando tutti il sostanziale travisamento di taluni elementi di prova in uno con l’omessa valutazione senza alcuna motivazione di altri elementi di segno contrario alla tesi sostenuta dal tribunale, dai quali si rileva che la ragazza, – che comunque aveva già compiuto i quattordici anni -, al pari di altre coetanee da lei frequentate, aveva spontaneamente rapporti con uomini molto più avanti negli anni. E’ dunque evidente che non è sufficiente insistere – come fatto dalla sentenza di appello – sulla esistenza dei rapporti tra la R. e gli imputati che, invero, nessuno dei ricorrenti sembra negare -, occorrendo invece individuare la ragione dei rapporti medesimi verificando se nella specie fosse individuabile, come sostenuto dai ricorrenti, spontaneità dei rapporti – di per se stessa penalmente irrilevante – o, invece, induzione o coercizione, così come richiesto dall’art. 609 bis. cod. pen. contestato nella specie.

Esaminando la motivazione della decisione di appello si rileva, in particolare, che la corte di merito non risponde ai rilievi sulla spontaneità e costanza del racconto della persona offesa, e ciò, peraltro, in un contesto in cui, come ricorda lo stesso tribunale alle pagine 68 seguenti della sentenza di primo grado, il pubblico ministero, preso atto di quanto emerso in dibattimento, aveva ritenuto opportuno alla contestazione iniziale incentrata sulla costrizione all’abuso, far seguire in dibattimento quella alternativa dell’induzione; nè sull’atteggiamento dei genitori; non affronta la questione relativa all’esistenza di relazioni sentimentali con gli imputati, omettendo qualsiasi menzione delle lettere del F., nè delle dichiarazioni dei testi summenzionati ( Ca., ecc.);

non esamina i profili di illogicità connessi alla permanenza della frequentazione con soggetti ( Mu. e M.) che le avrebbero usato violenza; nè spiega la ragione della irrilevanza degli elementi indicati al riguardo dalle difese; omette, infine, qualsiasi risposta sui rilievi concernenti le risultanze peritali e l’azione del C..

Nè può valere in proposito ovviamente il richiamo alle motivazioni del tribunale in quanto si denuncia proprio la non rispondenza delle motivazioni di quest’ultimo agli elementi acquisiti.

La decisione deve esser pertanto annullata con rinvio per tutti gli imputati onde consentire in un nuovo giudizio l’esame delle questioni indicate, ferma restando ovviamente la libera determinazione del giudice di merito sulla responsabilità all’esito dell’esame e della valutazione degli elementi indicati.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla con rinvio la sentenza impugnata con rinvio alla corte di appello di Cagliari per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *