Cass. civ. Sez. V, Sent., 03-02-2012, n. 1552 Rimborso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, ha riconosciuto a C.F., residente in Italia, il diritto al rimborso delle somme versate a titolo di IRPEF per gli anni 1989/1999 sulla pensione corrispostale dall’Istituto lussemburghese di assicurazione contro la vecchiaia e l’invalidità.

Il giudice a quo è pervenuto a detta conclusione ritenendo, per quanto qui interessa, che, ai sensi dell’art. 18, paragrafo 2, della Convenzione tra Italia e Lussemburgo per evitare le doppie imposizioni del 3 giugno 1981, ratificata con L. 14 agosto 1982, n. 747 – secondo il quale, in deroga a quanto previsto al paragrafo 1, "le pensioni e le altre somme pagate ai sensi della legislazione sulla previdenza sociale di uno Stato contraente sono imponibili in questo Stato" -, le pensioni pagate in Lussemburgo (da presumersi liquidate al netto delle ritenute fiscali) in applicazione della legislazione sulla previdenza sociale sono imponibili in Lussemburgo;

con la conseguenza che l’Ufficio è tenuto a provvedere al rimborso, "verificato, se del caso, l’evento presunto delle operate ritenute alla fonte delle imposte sul reddito da parte dello Stato erogatore della pensione". 2. La C. non si è costituita, nemmeno a seguito del rinnovo della notificazione del ricorso, disposto da questa Corte con ordinanza resa all’esito della camera di consiglio del 27 maggio 2010.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo e il secondo motivo, la ricorrente denuncia, rispettivamente, violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, per avere il giudice a quo dichiarato inammissibile e, comunque, infondata, l’eccezione, formulata dall’Ufficio per la prima volta in appello, di decadenza (parziale) della contribuente dal diritto al rimborso per tardività della presentazione della relativa istanza.

Con il terzo motivo, è dedotta la violazione del D.L. n. 79 del 1997, art. 9 bis, convertito nella L. n. 140 del 1997, avendo il giudice di merito ritenuto non ostativo del diritto al rimborso il fatto che la contribuente avesse, per il periodo 1989/1995, effettuato il versamento dell’imposta a seguito di domanda di condono ai sensi della norma citata.

Con il quarto motivo, è denunciata la violazione dell’art. 2697 cod. civ., deducendo che la contribuente non ha fornito alcuna prova del fatto che il reddito sia stato già sottoposto a tassazione in Lussemburgo, cioè della doppia imposizione, presupposto della richiesta di rimborso.

Infine, con il quinto ed il sesto motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’ari 18 della Convenzione tra Italia e Lussemburgo per evitare le doppie imposizioni (ratificata con L. n. 747 del 1982) e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 15, sostenendo, in via principale (quinto motivo), che la pensione percepita dalla C., trattandosi di pensione di vecchiaia, rientra nella previsione del paragrafo 1, e non del paragrafo 2, della norma convenzionale, con conseguente tassazione nel solo Paese di residenza, e, in via subordinata (sesto motivo), che il paragrafo 2 prevede la tassazione concorrente dello Stato di erogazione del trattamento pensionistico e dello Stato di residenza, con applicazione, al fine di evitare il doppio prelievo, del meccanismo del credito d’imposta di cui al citato art. 15 del TUIR. 2.1. Premesso che il Collegio ritiene, per ragioni di economia processuale, di esaminare direttamente il merito della controversia (oggetto dei motivi quarto, quinto e sesto), il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti appresso specificati.

L’art. 18 della Convenzione tra l’Italia e il Lussemburgo per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con protocollo finale, firmata a Lussemburgo il 3 giugno 1981, ratificata e resa esecutiva con L. 14 agosto 1982, n. 747, stabilisce, con riguardo alle "pensioni e prestazioni della previdenza sociale pubblica", che:

"7. Fatte salve le disposizioni del paragrafo 2 dell’art. 19, le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato.

2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le pensioni e le altre somme pagate ai sensi della legislazione sulla previdenza sociale di uno Stato contraente sono imponibili in questo Stato". 2.2. Va, in primo luogo, chiarito che nell’ambito applicativo del paragrafo 2 devono farsi rientrare, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, anche le pensioni di vecchiaia (quale sarebbe, a suo avviso, quella erogata alla C.). Anche, infatti, a voler ritenere che l’espressione "previdenza sociale", adoperata nel testo italiano della Convenzione, debba in realtà più correttamente intendersi, in base al testo in lingua francese, come "sicurezza sociale" (securitè sociale), le parole "sicurezza sociale", in mancanza di una specifica definizione, vanno interpretate in base al disposto dell’art. 3, comma 2, della Convenzione (ai sensi del quale "per l’applicazione della Convenzione da parte di uno Stato contraente, le espressioni non diversamente definite hanno il significato che ad esse è attribuito dalla legislazione di detto Stato relativa alle imposte oggetto della Convenzione, a meno che il contesto non richieda una diversa interpretazione") e pertanto secondo il significato loro attribuito dall’ordinamento italiano, nel quale, a seguito di un’evoluzione costituzionalmente orientata, la detta espressione è indicativa di un concetto di ampio contenuto, comprensivo di tutti i diritti, tanto di previdenza che di assistenza, collegati alla persona e alla sua dignità e, in quanto tali, inviolabili, secondo i principi riconosciuti dall’art. 38 Cost. e presenti anche nel diritto internazionale.

Ne consegue che nel genere "sicurezza sociale" trova collocazione non solo il trattamento assistenziale, ma anche quello previdenziale, con il quale lo Stato assicura ai lavoratori la copertura dai rischi tipici del rapporto di lavoro e della persona umana, e perciò, in definitiva, il concetto stesso di pensione (purchè non volontaria) declinato in tutte le sue accezioni, comprensivo, quindi, sia dei trattamenti pensionistici di anzianità sia di quelli di vecchiaia, entrambi appartenenti al sistema generale di sicurezza sociale (cfr.

Cass. n. 23001 del 2010, con riguardo alla analoga Convenzione tra l’Italia e la Francia ratificata con legge n. 20 del 1992).

2.3. Ciò posto, va invece accolta la tesi della ricorrente secondo cui il citato paragrafo 2 dell’art. 18 deve essere interpretato nel senso di prevedere che le erogazioni ivi contemplate sono soggette ad imposizione in entrambi gli Stati contraenti, secondo la disciplina in ciascuno di essi prevista.

Induce a tale conclusione il fatto che nel paragrafo 2 manca, a differenza del paragrafo 1, l’avverbio "soltanto", con la conseguenza che la potestà impositiva non spetta ad uno solo degli Stati contraenti (quello della residenza o quello della fonte del reddito), bensì ad entrambi, nella misura stabilita nei rispettivi ordinamenti tributari.

Del resto, nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni non è infrequente che la potestà impositiva venga attribuita, anzichè in via esclusiva ad uno dei due Stati, ad entrambi in via concorrente, con conseguente applicazione della norma (di chiusura) secondo la quale uno di essi (solitamente quello di residenza) deve prevedere strumenti atti ad evitare in concreto il verificarsi del doppio prelievo (art. 24 della Convenzione in esame) (Cass. n. 23001 del 2010, cit, in motivazione; cfr, anche, Cass. n. 6108 del 2011).

2.4. Assume a questo punto rilievo assorbente e decisivo il fatto che, come chiaramente risulta dalla sentenza impugnata (in cui è detto che "deve presumersi" che la ritenuta sulla pensione sia stata effettuata all’estero), la contribuente non ha dimostrato, pur evidentemente spettando a lei il relativo onere – e non già all’Ufficio, come ritiene il giudice a quo -, il presupposto giuridico della propria pretesa, e cioè la doppia imposizione, derivante dalla circostanza dell’avvenuto assoggettamento a tassazione in Lussemburgo della somma erogatale dal locale Ente previdenziale.

3. In conclusione, il ricorso va accolto nei sensi sopra precisati (con assorbimento di ogni altra censura), la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

4. Sussistono giusti motivi, in considerazione della sostanziale novità della questione e del fatto che la giurisprudenza citata è successiva alla proposizione del ricorso, per disporre la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

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