Cass. civ. Sez. V, Sent., 03-02-2012, n. 1550 Redditi di lavoro dipendente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Umbria indicata in epigrafe, con la quale, rigettando sia l’appello principale dell’Ufficio, sia quello incidentale del contribuente C. A., ha riconosciuto a quest’ultimo, residente in Italia, il diritto alla restituzione (limitatamente ai versamenti effettuati nei quattro anni antecedenti l’istanza di rimborso, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38) delle somme versate a titolo di IRPEF sulla pensione corrispostagli dall’Istituto lussemburghese di assicurazione contro la vecchiaia e l’invalidità.

Il giudice a quo è pervenuto a detta conclusione ritenendo che, ai sensi dell’art. 18, paragrafo 2, della Convenzione tra Italia e Lussemburgo per evitare le doppie imposizioni del 3 giugno 1981, ratificata con L. 14 agosto 1982, n. 747 – secondo il quale, in deroga a quanto previsto al paragrafo 1, "le pensioni e le altre somme pagate ai sensi della legislazione sulla previdenza sociale di uno Stato contraente sono imponibili in questo Stato" -, la pensione pagata ad un residente italiano per prestazioni di lavoro rese nel settore privato in Lussemburgo in base alla legislazione sulla previdenza sociale di quello Stato è imponibile soltanto in Lussemburgo.

2. Il C. non si è costituito.

3. La ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia "omessa decisione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5", censurando la sentenza impugnata per non avere il giudice a quo esaminato la questione relativa alla natura del trattamento pensionistico percepito dal contribuente.

Il motivo è inammissibile in quanto del tutto privo di una chiara indicazione riassuntiva, sintetica ed autonoma, del fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria o delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, requisito prescritto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile nella specie ratione temporis (tra le tante, Cass. nn. 2652 e 8897 del 2008, 27680 del 2009).

2.1. Con il secondo motivo, è denunciata la violazione dell’art. 2697 c.c., deducendo che il contribuente non ha fornito alcuna prova del fatto che il reddito sia stato già sottoposto a tassazione in Lussemburgo, cioè della doppia imposizione, presupposto della richiesta di rimborso.

Con il terzo ed il quarto motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 18 della Convenzione tra Italia e Lussemburgo per evitare le doppie imposizioni (ratificata con L. n. 747 del 1982) e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 15, sostenendo, in via principale (terzo motivo), che la pensione percepita dal C., trattandosi di pensione di vecchiaia, rientra nella previsione del paragrafo 1, e non del paragrafo 2, della norma convenzionale, con conseguente tassazione nel solo Paese di residenza, e, in via subordinata (quarto motivo), che il paragrafo 2 prevede la tassazione concorrente dello Stato di erogazione del trattamento pensionistico e dello Stato di residenza, con applicazione, al fine di evitare il doppio prelievo, del meccanismo del credito d’imposta di cui al citato art. 15 del TUIR. 2.2. I motivi, da esaminare congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono fondati nei sensi e nei limiti appresso specificati.

L’art. 18 della Convenzione tra l’Italia e il Lussemburgo per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con protocollo finale, firmata a Lussemburgo il 3 giugno 1981, ratificata e resa esecutiva con L. 14 agosto 1982, n. 747, stabilisce, con riguardo alle "pensioni e prestazioni della previdenza sociale pubblica", che:

"1. Fatte salve le disposizioni del paragrafo 2 dell’articolo 19, le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato.

2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le pensioni e le altre somme pagate ai sensi della legislazione sulla previdenza sociale di uno Stato contraente sono imponibili in questo Stato". 2.3. Va, in primo luogo, chiarito che nell’ambito applicativo del paragrafo 2 devono farsi rientrare, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, anche le pensioni di vecchiaia (quale sarebbe, a suo avviso, quella erogata al C.). Anche, infatti, a voler ritenere che l’espressione "previdenza sociale", adoperata nel testo italiano della Convenzione, debba in realtà più correttamente intendersi, in base al testo in lingua francese, come "sicurezza sociale" (securitè sociale), le parole "sicurezza sociale", in mancanza di una specifica definizione, vanno interpretate in base al disposto dell’art. 3, comma 2, della Convenzione (ai sensi del quale "per l’applicazione della Convenzione da parte di uno Stato contraente, le espressioni non diversamente definite hanno il significato che ad esse è attribuito dalla legislazione di detto Stato relativa alle imposte oggetto della Convenzione, a meno che il contesto non richieda una diversa interpretazione") e pertanto secondo il significato loro attribuito dall’ordinamento italiano, nel quale, a seguito di un’evoluzione costituzionalmente orientata, la detta espressione è indicativa di un concetto di ampio contenuto, comprensivo di tutti i diritti, tanto di previdenza che di assistenza, collegati alla persona e alla sua dignità e, in quanto tali, inviolabili, secondo i principi riconosciuti dall’art. 38 Cost., e presenti anche nel diritto internazionale.

Ne consegue che nel genere "sicurezza sociale" trova collocazione non solo il trattamento assistenziale, ma anche quello previdenziale, con il quale lo Stato assicura ai lavoratori la copertura dai rischi tipici del rapporto di lavoro e della persona umana, e perciò, in definitiva, il concetto stesso di pensione (purchè non volontaria) declinato in tutte le sue accezioni, comprensivo, quindi, sia dei trattamenti pensionistici di anzianità sia di quelli di vecchiaia, entrambi appartenenti al sistema generale di sicurezza sociale (cfr.

Cass. n. 23001 del 2010, con riguardo alla analoga Convenzione tra l’Italia e la Francia ratificata con legge n. 20 del 1992).

2.4. Ciò posto, va invece accolta la tesi della ricorrente secondo cui il citato paragrafo 2 dell’art. 18 deve essere interpretato nel senso di prevedere che le erogazioni ivi contemplate sono soggette ad imposizione in entrambi gli Stati contraenti, secondo la disciplina in ciascuno di essi prevista.

Induce a tale conclusione il fatto che nel paragrafo 2 manca, a differenza del paragrafo 1, l’avverbio "soltanto", con la conseguenza che la potestà impositiva non spetta ad uno solo degli Stati contraenti (quello della residenza o quello della fonte del reddito), bensì ad entrambi, nella misura stabilita nei rispettivi ordinamenti tributari.

Del resto, nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni non è infrequente che la potestà impositiva venga attribuita, anzichè in via esclusiva ad uno dei due Stati, ad entrambi in via concorrente, con conseguente applicazione della norma (di chiusura) secondo la quale uno di essi (solitamente quello di residenza) deve prevedere strumenti atti ad evitare in concreto il verificarsi del doppio prelievo (art. 24 della Convenzione in esame) (Cass. n. 23001 del 2010, cit., in motivazione; cfr., anche, Cass. n. 6108 del 2011).

2.5. Assume a questo punto rilievo assorbente e decisivo il fatto che, come deduce la ricorrente, dalla sentenza impugnata non risulta – e deve quindi escludersi in assenza di elementi contrari, anche perchè la questione era stata sollevata dall’Ufficio nell’atto di appello – che il contribuente abbia allegato e provato, pur evidentemente spettando a lui il relativo onere, il presupposto giuridico della propria pretesa, e cioè la doppia imposizione, derivante dalla circostanza dell’avvenuto assoggettamento a tassazione in Lussemburgo della somma erogatagli dal locale Ente previdenziale.

3. In conclusione, il ricorso va accolto nei sensi sopra precisati, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

4. Sussistono giusti motivi, in considerazione della sostanziale novità della questione e del fatto che la giurisprudenza citata è successiva alla proposizione del ricorso, per disporre la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

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