Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 26-09-2011, n. 34771 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Salerno, con sentenza del 9.12.2010, confermava la sentenza 10.11.2009 del Tribunale di Salerno – Sezione distaccata di Eboli, che aveva affermato la responsabilità penale di S.V. in ordine ai reati di cui;

– al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), (per avere realizzato, in assenza del prescritto permesso di costruire, un fabbricato in duplice elevazione, a pianta di mt. 12,40 x 8,90 ed altezza di mt. 5,80- acc. in (OMISSIS), con lavori in corso di esecuzione);

– agli D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65, 71 e 72;

– agli D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 95;

e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati tutti i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., lo aveva condannato alla pena complessiva (condizionalmente sospesa) di mesi uno di arresto ed Euro 10.000,00 di ammenda, con ordine di demolizione delle opere abusive.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, il quale ha eccepito:

– la carenza assoluta di prove circa l’affermazione della responsabilità penale;

– la indimostrata sussistenza, in ogni caso, dell’elemento soggettivo dei reati.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè generico e manifestamente infondato.

1. In ordine alla ritenuta responsabilità per l’esecuzione della costruzione abusiva, la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte Suprema è orientata nel senso che non può essere attribuito ad un soggetto, per il solo fatto di essere proprietario di un’area, un dovere di controllo dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione abusiva.

Occorre considerare, invece, la situazione concreta in cui si è svolta l’attività incriminata, tenendo conto della disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell’interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest") nonchè di tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all’esecuzione delle opere vedi Cass., Sez. 3 27.9.2000, n. 10284, Cutaia ed altro; 3.5.2001, n. 17752, Zorzi ed altri; 10.8.2001, n. 31130, Gagliardi; 18.4.2003, n. 18756, Capasse ed altro; 2.3.2004, n. 9536, Mancuso ed altro; 28.5.2004, n. 24319, Rizzuto ed altro;

12.1.2005, n. 216, Fucciolo; 15.7.2005, n. 26121, Rosato; 2.9.2005, n. 32856, Farzone. Vedi pure Cass., Sez. 5, 19.12.2007, n. 470831 Grava, comunque, sull’interessato l’onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella fattispecie concreta, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (vedi Cass., Sez. feriale, 16.9.2003, n. 35537, Vitale ed altro).

Alla stregua di tali principi, nella vicenda in esame, i giudici del merito hanno fondato correttamente la responsabilità dell’imputato:

sulla disponibilità giuridica e di fatto del suolo; sulla circostanza che il fabbricato di nuova edificazione si pone in ampliamento di un adiacente edificio di sua proprietà e da lui abitato con il suo nucleo familiare; sulla verificata presenza del S. nel cantiere dove l’attività di costruzione era in corso di svolgimento; sulla intervenuta presentazione di richiesta di permesso di costruire in sanatoria da parte dell’imputato in qualità di proprietario del fabbricato.

Il ricorrente, inoltre, non ha mai prospettato che altri abbiano commissionato l’edificazione illecita senza che egli ne fosse consapevole o contro il suo volere.

2. Dei reati contravvenzionali in oggetto si risponde anche a titolo colpa. Per la sussistenza dell’elemento soggettivo è sufficiente, quindi, che il comportamento illecito sia derivato da imperizia, imprudenza o negligenza.

L’ignoranza della legge penale scusa l’autore dell’illecito soltanto se incolpevole a cagione della sua inevitabilitù (Corte Cost., 23.3.1998, n. 364) mentre, nella fattispecie in oggetto, l’imputato non ha dimostrato di avere assolto, con il criterio dell’ordinaria diligenza, al cd. "dovere di informazione", attraverso l’espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire l’esatta conoscenza della normativa vigente in materia edilizia.

3. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", a detta declaratoria consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere del pagamento delle spese processuali, nonchè del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata nella misura di Euro 1.000,00 in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *