T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 17-10-2011, n. 1268 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società T. Sas espone di essere proprietaria di un’area ubicata in agro di Crotone alla loc. "Vrica", identificata al NCT al foglio di mappa n. 54, particella nn. 1, 6, 9, 2930, 2931, al mappale m. 45 alle particelle nn. 43, 95, 96, 460, 584, per un’estensione di ettari 42.82.70, area che era stata annoverata, nell’ambito del PRG di Crotone, fra le aree agricole produttive, classificata specificamente quale zona agricola di versante.

Ritenendo ingiusta tale destinazione, che precludeva sostanzialmente ogni nuova edificazione, la ricorrente presentava ricorso avanti a questo Tribunale, che, con sentenza n. 2160/2004 accoglieva le ragioni della medesima società, sulla base di una difformità tra la destinazione urbanistica e la morfologia dell’area, nonché un contrasto rispetto alla destinazione delle aree limitrofe.

Pur essendo la citata sentenza divenuta definitiva, il Comune di Crotone ometteva di ottemperare, di guisa che la società ricorrente proponeva giudizio di ottemperanza, rubricato sub n. RG 1001/2005, per l’esecuzione del giudicato.

Con sentenza n. 2053 del 17.11.2005, in accoglimento del ricorso, era sancito l’obbligo del Comune – o del Commissario ad acta da nominare in caso di inerzia – di adottare una nuova determinazione in ordine alla destinazione urbanistica dell’area, con invito al Comune a valutare preventivamente la proposta formulata dalla società T..

In considerazione della persistente inerzia del Comune, la ricorrente sollecitava la nomina di un Commissario ad acta, nominato nella persona del dott. F.P.D., poi sostituito, in data 2.11.2007, dal dott. M.M., vice Prefetto Vicario, il quale, in dichiarata esecuzione del compito affidatogli, assumeva la deliberazione di data 7.4.2009, con la quale, peraltro, non era assunta una nuova destinazione dell’area, ma, in attesa del prossimo strumento urbanistico comunale, era deciso di non adottare nuove decisioni in ordine alla destinazione urbanistica dell’area, rimettendo la eventuali diverse ipotesi di destinazione alla valutazione dei competenti organi comunali nell’ambito della procedura di adozione del PSC.

La ricorrente, proponeva, quindi, incidente di esecuzione avanti a questo Tribunale, che con sentenza n. 1312 del 25.11.2009, accoglieva il ricorso ed annullava la deliberazione commissariale, ordinando al Commissario ad acta di dare piena e completa esecuzione alla sentenza n. 2160/2004 mediante l’adozione di una nuova determinazione in ordine alla destinazione urbanistica delle aree in questione, prendendo in considerazione e valutando la proposta urbanistica di accordo a suo tempo formulata dalla ricorrente.

In considerazione dell’ulteriore inattività, la società ricorrente adiva nuovamente questo tribunale per sollecitare la sostituzione del Commissario ad acta e questo TAR, con ordinanza n. 156 del 16.6.2010, invitava il Prefetto di Crotone a valutare l’attività posta in essere dal funzionario delegato ed a disporre, se ritenuto opportuno, l’eventuale sostituzione.

Dopo un ulteriore lasso di tempo, parte ricorrente veniva a sapere dell’adozione da parte del Commissario ad acta della deliberazione n. 12 del 21.6.2010, la quale rinnova e reitera l’originaria destinazione agricola, già annullata con la pronuncia n. 2160/2004.

Pertanto, parte ricorrente agisce in sede di incidente di esecuzione per chiedere il ritiro, la revoca, l’annullamento o la dichiarazione di nullità della deliberazione n. 12 del 21 giugno 2010 del Commissario ad acta del Comune di Crotone dott. M.M., Vice Prefetto Vicario delegato dal Prefetto di Crotone, con contestuale nomina di nuovo e diverso Commissario ad acta, con eventuale adozione di ogni altro atto consequenziale ritenuto necessario al fine della piena e corretta esecuzione della sentenza n. 2160 del 14 dicembre 2004.

La ricorrente premette che avverso la detta deliberazione n. 12 del 12.6.2010 sono state proposte contestualmente due azioni: il presente incidente di esecuzione nell’ambito del giudizio di ottemperanza già radicato sub RG n. 1001/2005 per l’esecuzione della sentenza n. 2160/2004, nonché un giudizio ordinario d’impugnazione con autonomo ricorso, in considerazione della non univocità dell’orientamento in ordine ai rimedi avverso gli atti adottati dal Commissario ad acta.

Parte ricorrente censura la deliberazione impugnata sotto due distinti profili: 1. nullità per violazione del giudicato; 2. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, illogicità manifesta e sviamento di potere. Violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90.

Non c’è stata costituzione in giudizio del Comune di Crotone.

Alla Camera di Consiglio del 21 luglio 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente rileva la nullità della deliberazione impugnata per violazione del giudicato.

In particolare, premesso che a fronte di un interesse pretensivo, la sentenza di annullamento non è auto esecutiva, ma implica il riesercizio dell’attività amministrativa nel rispetto del c.d. effetto conformativo, la ricorrente precisa che la decisione n. 2160/2004, nell’affermare che la destinazione agricola era del tutto disancorata dall’effettivo stato dei luoghi e quindi inficiata da evidente illogicità ed incoerenza rispetto agli obiettivi del piano, avrebbe posto quattro punti fermi: 1. non è vero che tutte le aree della società T. sono scoscese e poste in collina, essendo, invece, di natura prevalentemente pianeggiante e priva di vegetazione arborea; 2. si doveva tenere conto delle ampie zone edificabili limitrofe; 3. i due precedenti punti avevano determinato il Comune all’avversata destinazione agricola assegnata all’area; 4. il Comune avrebbe dovuto valutare la proposta della ricorrente (come ribadito anche dalla due successive pronunce in sede di ottemperanza). La deliberazione impugnata avrebbe violato ben tre dei precetti indicati: ha affermato che il terreno è scosceso e l’area è localizzata in collina, laddove il giudicato ha stabilito la natura prevalentemente pianeggiante della zona; il giudicato ha chiarito che la destinazione agricola era da ricondurre alla presunta localizzazione collinare ed alla mancata considerazione della natura edificatoria delle aree limitrofe; nessuna considerazione si riscontrerebbe in merito alla proposta della ricorrente. In buona sostanza, il Commissario ad acta avrebbe contestato e rinnegato quanto stabilito dal TAR sulla natura pianeggiante del terreno, avrebbe proposto una motivazione postuma per confermare la destinazione agricola, avrebbe respinto la proposta della ricorrente quale mera conseguenza della destinazione impressa, finendo col reiterare un provvedimento annullato.

Con il secondo ordine di motivi -in parte coincidenti con quelli già evidenziati in precedenza – la ricorrente rileva che la deliberazione impugnata sarebbe illegittima in quanto fondata sugli errati presupposti della presunta localizzazione collinare e sull’esistenza di un vincolo comunitario che imporrebbe la destinazione agricola. Quanto al vincolo SIC, che era, peraltro, già esistente al tempo dell’adozione dello strumento urbanistico, sarebbe solo tutorio e non inibitorio, e la sua tutela sarebbe raggiunta non con l’impossibilità edificatoria, ma con la valutazione in concreto dell’incidenza del progetto; inoltre, la destinazione agricola non sarebbe idonea a tutelare il SIC, né sarebbe lo strumento corretto da utilizzare per quella finalità.

Infine, la ricorrente contesta la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90 per mancata comunicazione dei motivi di rigetto dell’istanza avanzata in fase di formazione del Piano.

Preliminarmente è opportuno verificare l’effettivo contenuto delle pronunce giurisdizionali in merito alla vicenda per cui è causa.

Con la pronuncia n. 2160/2004, conseguente al ricorso presentato dal T. Sas avverso la destinazione urbanistica -agricola produttiva- impressa all’area di proprietà, questo Tribunale ha precisato che, in base all’attività istruttoria compiuta, l’area di proprietà della ricorrente è confinante con aree in tutto o in parte edificabili, né sarebbe area agricola (con presenza di uliveti) di versante, evidenziandosi una natura prevalentemente pianeggiante e priva di vegetazione arborea. In forza di tali acquisizioni processuali, la destinazione impressa all’area in questione risulta espressione di valutazioni del tutto disancorate dall’effettivo stato dei luoghi e, dunque, inficiata da evidente illogicità ed incoerenza rispetto agli obiettivi ed i criteri privilegiati nelle scelte di piano. Tale illogicità ha consentito a questo Tribunale di censurare le scelte discrezionali dell’Amministrazione Comunale. La pronuncia ha aggiunto che l’omessa produzione della relazione di accompagno al piano regolatore generale oltre che della delibera consiliare n. 37/1998 -richieste con la disposta istruttoria – non ha permesso di evincere le ragioni poste a presidio dell’avversata destinazione, dovendosi ritenere che siffatte ragioni si esaurivano in quelle espresse nel rigetto alle osservazioni al PRG. Pertanto le contestate previsioni urbanistiche non risultavano espressione di un’adeguata valutazione dei profili di fatto esposti, né sorreggevano le scelte effettuate, con la conseguenza che non è sembrato irragionevole pretendere una più articolata valutazione che si spingesse ad individuare, sul presupposto di una corretta ricognizione dello stato dei luoghi, un assetto urbanistico ottimale per la vasta area in questione. In conclusione, il ricorso era accolto, salvi gli ulteriori provvedimenti.

Con la pronuncia n. 2053/2005, assunta in sede di ottemperanza, questo TAR ha precisato che la sentenza n. 2160/2004 ha riconosciuto l’esattezza della tesi della ricorrente secondo la quale la destinazione urbanistica era stata impressa in base ad un’erronea rappresentazione della realtà, essendosi accertata l’insussistenza di una soluzione di continuità con l’aggregato urbano ed essendosi verificato che l’area è sostanzialmente priva di vegetazione arborea e il terreno è prevalentemente pianeggiante. Da qui la conclusione che la destinazione impressa fosse disancorata dallo stato dei luoghi, e quindi inficiata da illogicità, in connessione all’insussistenza di indicazioni riguardo a ragioni eventuali (ulteriori) poste a presidio dell’avversata destinazione agricola dell’area in discorso. La pronuncia n. 2160/2005, peraltro, nello stabilire l’obbligo del Comune di adottare una nuova determinazione tenendo conto della proposta della ricorrente, non dimentica di chiarire che non sussiste alcun obbligo in capo all’Amministrazione di disporre una destinazione di natura edificatoria all’area in questione, precisando, ulteriormente, che la sentenza da eseguire (n. 2160/2004) lascia aperta la possibilità che la destinazione agricola sia fondata su ulteriori diverse ragioni.

Da ultimo, la sentenza n. 1312/2009, nell’accogliere il ricorso annullando il provvedimento impugnato, ha chiarito che l’impugnato provvedimento del 7.4.2009 -con il quale si è disposto di non adottare nuove determinazioni e di rimettere le eventuali diverse ipotesi di destinazione nell’ambito della procedura di adozione del PSC – assunto dal Commissario ad acta ha implicato la mancata esecuzione della sentenza n. 2160/2004, nei termini indicati dalla sentenza n. 2053/2005 e poc’anzi ricordati.

Pertanto, il provvedimento impugnato in questa sede deve essere vagliato alla luce delle prescrizioni di cui alle citate pronunce, tenendo presente che una eventuale destinazione agricola non è affatto vietata dalle pronunce stesse -così come non è imposta una destinazione di natura edificatoria -, ma, in tale eventualità, non si dovrà incorrere in quei profili di illogicità evidenziati negli atti annullati.

Chiarito, quindi, il parametro di riferimento, si osserva che il provvedimento commissariale impugnato, effettivamente, contempla ulteriori elementi rispetto a quelli -censurati in sede giurisdizionale – posti alla base della precedente destinazione.

Invero, dal provvedimento emerge, innanzitutto, che l’intera area in questione è ricompresa in un Sito di Importanza Comunitaria, di cui alla direttiva 92/43/CEE, denominato "Colline di Crotone" -codice sito IT930104. Come precisa il provvedimento, tale localizzazione trova conferma nella Tavola P3 – Vincoli e tutele – foglio 6 del PRG, che riporta evidenziata la zona SIC, mentre la Tavola P4, foglio 17, recante gli "Usi e modalità di intervento", classifica l’area come parte del "sistema ambientale" e precisamente tra le "riserve di naturalità", normate dall’art. 33, comma 1, delle NTA. Inoltre le "Colline di Crotone" sono state individuate quale Sito di Importanza Comunitaria con Decreto del Ministero dell’Ambiente 3 aprile 2000. Da evidenziare, inoltre, che il sito denominato "Colline di Crotone" è stato da ultimo compreso tra i SIC della regione biogeografia mediterranea di cui al secondo elenco approvato con D.M. 30 marzo 2009.

E" innegabile, pertanto, che il provvedimento impugnato individua una ulteriore e diversa ragione giustificatrice, in conformità (e non in contrasto) con quanto stabilito dalla pronuncia di ottemperanza n. 2053/2005 ed in esecuzione di quanto previsto dalla pronuncia 2160/2004, laddove richiedeva una più articolata valutazione da parte dell’Amministrazione.

Dal provvedimento impugnato traspare, altresì, la grande rilevanza da un punto di vista paesaggistico dell’area in questione: dal citato D.M. 30 marzo 2009 si evince che, come emerge dal "Formulario standard Natura 2000" le "Colline di Crotone" costituiscono un’area di notevolissimo interesse paesaggistico e naturalistico, costituita da colline argillose pliocenichepleistoceniche in cui è evidente il passaggio stratigrafico tra questi periodi, area soggetta ad alto grado di vulnerabilità. La deliberazione commissariale evidenzia, altresì, che la Relazione di sintesi di cui al Documento di indirizzi per la redazione del nuovo PRG approvato con delibera consiliare n. 37/1998, evidenzia l’elevatissimo valore paesistico riconosciuto dalla Dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona litoranea di Crotone (DM 10 gennaio 1965) e dalla Dichiarazione di notevole interesse pubblico di parte del territorio comunale di Crotone ( DM 27 luglio 1968).

Proprio alla luce di tali elementi, il provvedimento impugnato precisa che l’esigenza di conservazione delle valenze ambientali deve considerasi prevalente anche rispetto alla rilevata destinazione della aree limitrofe, la quale, peraltro, di per sé, non appare motivo sufficiente per addivenire ad ulteriori interventi che altererebbero le evidenziate caratteristiche del sito.

Quanto alla localizzazione dell’area, il provvedimento commissariale -non ponendosi in contrasto con le pronunce giurisdizionali sopra ricordate -precisa che il sito si trova in un "pianoro", nell’ambito di un’area collinare di notevolissima rilevanza ambientate, "Colline di Crotone", interessata dal menzionato SIC, nella quale effettivamente non si rinvengono uliveti: non vi è, quindi, contrasto con quanto accertato nel giudicato del 2004, ove si afferma che l’area è prevalentemente pianeggiante, senza uliveti e sostanzialmente priva di vegetazione arborea.

Quanto alla proposta urbanistica di accordo della società ricorrente, da tenere in considerazione sulla base delle pronunce giurisdizionali, l’atto impugnato precisa che la stessa si identifica con le osservazioni al piano regolatore, avanzate in data 3 agosto 2001 dalla soc. T. -osservazioni riportate nel provvedimento qui impugnato, circostanza questa che non viene espressamente contestata dall’odierna ricorrente e che deve, pertanto, ritenersi acquisita.

Proprio alla luce delle sopra esposte risultanze, con riferimento alle dette osservazioni mosse dalla società T., il provvedimento commissariale precisa come le stesse siano infondate, laddove si afferma l’insussistenza di altri vincoli di natura paesistica – ambientale e di prescrizioni di tutela del suolo e che l’area in parola non potrebbe ritenersi parte integrante del sistema di tutela ambientale.

Su questo elemento si poggia, pertanto, il rigetto delle osservazioni presentate dalla T., in quanto l’iniziativa proposta si porrebbe in contrasto con il "Documento di indirizzi per la redazione del nuovo Piano regolatore Generale" e quindi con le preminenti esigenze di tutela ambientale.

Inoltre, il fatto che, come denunciato in ricorso, il Sito di Importanza Comunitaria fosse già esistente all’epoca della precedente destinazione impressa e non fosse stato considerato, non costituisce motivo di illegittimità della deliberazione commissariale, in quanto, da un lato, rappresenta proprio una di quelle eventuali ed ulteriori ragioni poste a presidio dell’avversata destinazione agricola richiesta espressamente dalla sentenza di ottemperanza n. 2053/2005 e, dall’altro -come evidenziato nello stesso provvedimento commissariale – dimostra, ad un tempo, che la società ricorrente non fosse titolare di particolari posizioni giuridiche o aspettative tutelabili, posto che già con D.M. 3 aprile 2000 "Le Colline di Crotone" erano inserite nell’elenco SIC e che, comunque, il lasso di tempo trascorso dal primo annullamento della destinazione ad oggi non ha modificato in pejus la posizione della ricorrente, atteso la preesistenza del suddetto SIC.

Quanto, infine, al denunciato eccesso di potere derivante dall’utilizzo della destinazione agricola per tutelare un’area di pregio paesaggistico, si osserva che l’ attribuzione di una destinazione agricola ad un determinato terreno è volta non tanto e non solo a garantire il suo effettivo utilizzo a scopi agricoli, quanto piuttosto a preservarne le caratteristiche attuali di zona di salvaguardia da ogni possibile nuova edificazione, anche in funzione della valenza conservativa di valori naturalistici che ha tale tipo di destinazione di zona (per tutte, Consiglio di Stato, sez. IV, 15 settembre 2010, n.6874).

Quanto alla violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, si rileva come la stessa sia insussistente, in quanto quello in esame non è un procedimento avviato ad istanza di parte in senso proprio, ma consiste in un’attività posta in essere in ottemperanza ad un giudicato di annullamento di destinazione urbanistica.

In conclusione, con riferimento al provvedimento commissariale contestato, non sono ravvisabili i vizi denunciati dalla ricorrente, né sotto il profilo della violazione o elusione del giudicato, con conseguente nullità, né sotto il profilo delle denunciate illegittimità.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto.

Non essendoci stata costituzione in giudizio della parte resistente, non si fa luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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