Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 26-09-2011, n. 34769 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Salerno, con sentenza 29.6.2010, in parziale riforma della sentenza 30.5.2008 del Tribunale di Salerno – Sezione distaccata di Mercato San Severino:

a) ribadiva l’affermazione della responsabilità penale di L. L. in ordine ai reati di cui:

– al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), poichè, in assenza di permesso di costruire ed in difformità dalle DIA inoltrate, realizzava il mutamento in residenziale della destinazione d’uso di un locale già adibito a garage, edificando una parte divisoria interna, dotandolo di cucina e costruendo all’esterno un manufatto in muratura quale servizio igienico – acc. in (OMISSIS);

– al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65, 71 e 72;

– al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95;

b) confermava la condanna – inflitta dal primo giudice previo riconoscimento di circostanze attenuanti generiche ed unificazione dei reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen. – alla pena (condizionalmente sospesa) di giorni 20 di arresto ed Euro 7.500,00 di ammenda;

c) ordinava la demolizione delle opere abusive.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il L., il quale ha eccepito.

– la erronea qualificazione giuridica dei fatti, che quanto alla contravvenzione edilizia – avrebbero dovuto essere ricondotti alla previsione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a) trattandosi di un cambio di destinazione d’uso, realizzato con opere interne, senza incremento di volumetria;

– la intervenuta estinzione del reato edilizio a seguito della demolizione spontanea delle opere contestate.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè manifestamente infondao.

1. Il mutamento di destinazione d’uso di un immobile, attuato – dopo l’ultimazione del fabbricato e durante la sua esistenza – attraverso la realizzazione di opere edilizie sia pure soltanto interne, realizza un’ipotesi di ristrutturazione edilizia secondo le definizioni della L. n. 457 del 1978, art. 31, lett. d), e del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d), (T.U.) in quanto l’esecuzione dei lavori, anche se di entità modesta, porta pur sempre alla creazione di "un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente" (Cass., sez. 3 20.1.2009, a 9894, Tarallo e 17.10.2006, Popoli).

L’intervento è assoggettato, pertanto (qualora sia assentibile in quanto non si ponga in contrasto con le previsioni di piano, non comporti violazione degli standard e sia compatibile con il rapporto piano-volumetrico consentito); al previo rilascio del permesso di costruire con pagamento del contributo di costruzione; sicchè, in assenza di tale titolo abilitativo edilizio, trova applicazione il regime sanzionatorio di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b).

Non ha rilievo l’entità delle opere eseguite, allorchè si consideri che la necessità del permesso di costruire permane per gli interventi:

— di manutenzione straordinaria, qualora comportino modifiche delle destinazioni d’uso della L. n. 47 del 1985, art. 31, lett. b) e art. 3, comma 1, lett. b), del cit. T.U.; – di restauro e risanamento conservativo, qualora comportino il mutamento degli "elementi tipologici" dell’edificio, cioè di quei caratteri non soltanto architettonici ma anche funzionali che ne consentano la qualificazione in base alle tipologie edilizie art. 3, comma 1, lett. c), del cit. T.U..

2. Quanto alla seconda doglianza svolta in ricorso, deve ribadirsi la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la demolizione delle opere abusive non comporta l’estinzione del reato commesso con la loro costruzione (vedi Cass, Sez. 3 26.4.2007, Bartolomei; 9.11.2006, Bollino; 15.2.2005, Scollato, 309.2004, D’Andolfo; 29.9.1998, a 10199, Sanfilippo e 14.3.1992, il 2706, Malchiodi ed altro).

Nei reati urbanistici (come affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza 12.11.1993, ric. Borgia) è lo stesso territorio che costituisce il bene oggetto della relativa tutela e tale bene è "esposto a pregiudizio da ogni condotta che produca alterazioni in danno del benessere complessivo della collettività e delle sue attività ed il cui parametro di legalità è dato dalla disciplina degli strumenti urbanistici e dalla normativa vigente".

Ha altresì rilevanza penale l’elusione del controllo che l’autorità amministrativa è chiamata ad esercitare, in via preventiva e generale, sull’attività edilizia assoggettata al regime concessone e, quando un’attività siffatta venga iniziata senza il preventivo assenso dell’amministrazione comunale, si ha inesistenza di un danno urbanistico soltanto nell’ipotesi di cui all’art. 36 del cit. T.U. (già L. n. 47 del 1985, art. 13: conformità delle opere agli strumenti urbanistici fin dal momento della loro realizzazione), mentre, al di fuori di tale ipotesi, l’eliminazione spontanea del manufatto abusivo non vale ad eliminare l’antigiuridicità sostanziale del fatto reato: il territorio, infatti, ha comunque subito un vulnus, pur se vi è stata una successiva attività spontanea rivolta ad elidere le conseguenze dannose del reato.

3. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", a detta declaratoria consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere del pagamento delle spese processuali, nonchè del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata nella misura di Euro 1.000,00 in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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