T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 17-10-2011, n. 7974 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Roma in data 21 luglio 2006 e depositato il successivo 28 luglio, il ricorrente espone di essere proprietario di un immobile in Roma per il quale fu presentata domanda di concessione edilizia in sanatoria in data 29 marzo 1986. Successivamente presentava una DIA riguardante opere di ristrutturazione, riservandosi di presentare istanza di accertamento di conformità, ma nel frattempo dette opere venivano colpite da una prima ordinanza di demolizione – la n. 2757 del 6 dicembre 2005 – che era impugnata dinanzi al TAR e sospesa con ordinanza del 29 maggio 2006.

Il Comune quindi adottava il provvedimento in esame, con il quale annullava la determinazione n. 2757 del 6 dicembre 2005 e reiterava l’ordine a demolire.

Avverso tale atto egli deduce:

1. Erroneità e travisamento dei fatti, eccesso di potere per difetto di istruttoria, di motivazione e dei presupposti di fatto, nonché violazione dell’art. 9, comma 2 della legge n. 47 del 1985.

2. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione nonché palese violazione dell’art. 9, comma 2 della legge n. 47 del 1985.

3. Eccesso di potere e violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

4. Eccesso di potere per difetto nei presupposti di fatto.

Conclude chiedendo l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio, ha contestato ogni doglianza ed ha rassegnato conclusioni opposte a quelle del ricorrente.

Alla Camera di Consiglio del 13 settembre 2006 l’istanza cautelare è stata accolta.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 21 giugno 2011.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso l’interessato impugna la determinazione con la quale l’amministrazione comunale di Roma ha annullato la precedente determinazione n. 2757 del 2005 dalla quale risultava erroneamente che le opere delle quali si ordinava la demolizione erano state eseguite in un appartamento ed al contempo ha ingiunto la demolizione di opere consistenti "nell’ampliamento di mt. 0,70×5,00 di parte di muro perimetrale alto mt. 1,20; rifacimento del solaio di copertura a tetto con aumento dell’altezza di mt. 0,30 su tutto il perimetro, con aumento totale della cubatura per mq. 6 circa" il tutto in difformità dalla DIA presentata in data 1° luglio 2003 a prot. 40291 come integrata in data 26 ottobre 2004 a prot. 75695.

2.1 Avverso tale determinazione, con la prima doglianza il ricorrente lamenta che col provvedimento impugnato si contesta un aumento di altezza del locale di cm. 30, mentre tale rilevamento non sarebbe stato eseguito correttamente dall’Ufficio tecnico comunale, dal momento che non si è tenuto conto della necessità di sostituzione del tetto dell’immobile, per cui era stato presentato un progetto in DIA. Il perimetro sottostante il tetto non sarebbe stato in alcun modo modificato, come è possibile verificare raffrontando lo stato attuale con le foto ante operam effettuate dai vigili. Il sequestro dell’immobile è stato pure annullato dal giudice penale proprio perché il provvedimento impugnato non illustra elementi fattuali della presunta difformità della DIA.

La censura è destituita di fondamento.

Anzitutto l’aspetto ora evidenziato e con il quale sostanzialmente viene strumentalizzata l’ordinanza del Tribunale del riesame di Roma, pronunciata in data 13 ottobre 2005, laddove il sequestro del bene disposto è stato annullato in quanto nel verbale relativo non erano stati indicati precisamente gli elementi fattuali nei quali consisteva la difformità dalla DIA, non comporta di certo che gli interventi realizzati divengano perciò stesso conformi alla ridetta DIA.

Ciò premesso del tutto condivisibile appare l’osservazione del Comune che ha rilevato come avendo l’interessato presentato in data 13 aprile 2006 domanda di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 in sostanza riconosce in anticipo e descrive le difformità notate dal Municipio VII nel provvedimento del 9 maggio 2006 poi impugnato, successivo alla presentazione di tale istanza. Tali difformità peraltro sono chiaramente evincibili dal raffronto testuale tra la ridetta domanda di sanatoria e le due denuncie di inizio attività presentate dal ricorrente dove non si parla per nulla dell’incremento di altezza che avrebbe subito il solaio di copertura a tetto e del conseguente aumento di volumetria, da ritenersi del tutto correttamente non assentibile con semplice DIA.

Sotto altro profilo la contestazione in fatto per cui in realtà il semplice raffronto tra l’ante operam ed il post operam consentirebbe di ritenere erronea la ricostruzione comunale della difformità del solaio non appare idonea a scalfire la circostanza per cui sull’istanza di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, è da ritenersi oramai formato il silenzio rifiuto dell’Ente, provvedimento tacito che andava senz’altro impugnato nei termini di legge.

Piuttosto, ancora appare condivisibile la posizione del Comune che ha osservato come il ricorrente, dopo avere ottenuto la pronuncia cautelare favorevole alla Camera di Consiglio del 13 settembre 2006 nel presente ricorso, quando, pertanto si era già formato il silenzio rifiuto dell’amministrazione sull’istanza di accertamento di conformità, ha continuato nelle opere abusive, che venivano colpite da altrettante ordinanze, avverso le quali l’interessato proponeva altrettanti ricorsi che venivano rigettati con sentenze dal TAR n. 7030 del 2009 e n. 9127 del 2010, con ciò non potendosi per nulla ravvisare il dedotto travisamento dei fatti e difetto dei presupposti nel provvedimento impugnato che, pertanto ne va esente.

2.2. Per le altre censure non può che farsi riferimento a quanto affermato sia nelle sentenze sopra citate, sia dalla costante giurisprudenza della sezione.

In ordine alla seconda doglianza con la quale, in particolare, l’interessato fa valere che la demolizione non potrebbe essere realizzata senza danno per la costruzione è da rilevare che egli "non ha dedotto, né fornito un principio di prova in ordine all’esistenza di circostanze che rendano oggettivamente impossibile la rimozione delle opere abusive ed il ripristino dello stato dei luoghi" (TAR Lazio, sezione I quater, 16 luglio 2009, n. 7030, riguardante appunto una delle successive ordinanze di demolizione gravate con altrettanti ricorsi dall’interessato), limitandosi la parte a dedurla genericamente.

Va pure rigettata la terza censura con la quale il ricorrente oppone che l’ingiunzione è intervenuta quando egli ha presentato, in data 13 aprile – 19 maggio 2006, la domanda di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 e che, se fosse stato messo in condizione di rappresentare le sue ragioni all’amministrazione comunale, tramite la comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio, probabilmente si sarebbe avuta una diversa soluzione della vicenda.

Come rilevato in altre analoghe occasioni dalla sezione "il procedimento di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 ha finalità e modalità diverse da quello di condono ai sensi dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 (cfr. TAR Lazio, sezione I quater, 22 dicembre 2010, n. 38207) sicchè non può trarsi per esso la medesima necessitata conclusione della sospensione del procedimento sanzionatorio,…" (TAR Lazio, sezione I quater, 11 gennaio 2011, n. 124), secondo la prospettazione di parte ricorrente. In base, inoltre, ad un orientamento al quale la sezione ritiene di aderire "i presupposti dei due procedimenti di sanatoria – quello di condono edilizio e quello di accertamento di conformità urbanistica – sono non solo diversi ma anche antitetici, atteso che l’uno (condono edilizio) concerne il perdono ex lege per la realizzazione sine titulo abilitativo di un manufatto in contrasto con le prescrizioni urbanistiche (violazione sostanziale) l’altro (sanatoria ex art. 13 legge 47/85 oggi art. 36 DPR n. 380/2001) l’accertamento ex post della conformità dell’intervento edilizio realizzato senza preventivo titolo abilitativo agli strumenti urbanistici (violazione formale).", (TAR Campania, Napoli, sezione VI, 3 settembre 2010, n. 17282).

Anche la mancanza della comunicazione di avvio del procedimento non ricade in termini di illegittimità del provvedimento, dal momento che esso è espressione di potestà vincolata dell’amministrazione il cui esercizio dopo l’entrata in vigore dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 non consente di predicare l’annullabilità dei provvedimenti che ne siano eventualmente inficiati (TAR Lazio, sezione I quater, 10 dicembre 2010, n. 36046).

La quarta ed ultima censura con la quale l’interessato lamenta, infine, che l’ordinanza non specifica per quale parte del locale sia stata intimata la demolizione è smentita in fatto dalla precisa descrizione dell’abuso colpito e dalla indicazione delle sue dimensioni, come sopra riportato.

3. Per le superiori considerazioni il provvedimento va trovato scevro dalle dedotte censure ed il ricorso va di conseguenza respinto.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente F.P. al pagamento di Euro 2.000 per spese di giudizio ed onorari a favore di Roma Capitale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *