Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 26-09-2011, n. 34762 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 15.6.2010, confermava la sentenza 18.12.2007 del Tribunale monocratico di Castrovillari, che aveva affermato la responsabilità penale dei coniugi G.V. e V.T. in ordine ai reati di cui:

– al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), (per avere realizzato, in assenza del prescritto permesso di costruire, la continuazione dei lavori di un fabbricato già sottoposto a sequestro in data 5.10.2004, eseguendo una seconda elevazione su una superficie di mq. 107 – acc. in (OMISSIS));

– al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65, 71 e 72;

– al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 95;

– al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181;

– all’art. 349 cpv. c.p. (violazione dei sigilli apposti al fabbricato abusivo in sede di sequestro);

e, riconosciute ad entrambi circostanze attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante contestata per il delitto, unificati tutti i reati nel vincolo della continuazione ex art 81 cpv. c.p., aveva condannato ciascuno alla pena complessiva (condizionalmente sospesa per la sola V.) di mesi 10 di reclusione ed Euro 300,00 di multa, ordinando la demolizione delle opere abusive e la rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati, il quale ha eccepito:

– la carenza assoluta di prove circa l’affermazione della responsabilità penale, con particolare riferimento alla condotta tenuta dal G.;

– la nullità della notifica dell’avviso di deposito della sentenza medesima.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè manifestamente infondato.

1. In ordine alla ritenuta responsabilità per l’esecuzione della costruzione abusiva, la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte Suprema è orientata nel senso che non può essere attribuito ad un soggetto, per il solo tatto di essere proprietario di un’area, un dovere di controllo dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione abusiva.

Occorre considerare, invece, la situazione concreta in cui si è svolta l’attività incriminata, tenendo conto della disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell’interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest"), nonchè di tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all’esecuzione delle opere (vedi Cass., Sez. 3: 27.9.2000, rv 10284, Cutaia ed altro; 3.5.2001, n. 17752, Zorzi ed altri; 10.8.2001, n. 31130, Gagliardi; 18.4.2003, n. 18756, Capasso ed altro; 2.3.2004, n. 9536, Mancuso ed altro; 28.5.2004, n. 24319, Rizzuto ed altro;

12.1.2005, n. 216, Fucciolo; 15.7.2005, n. 26121, Rosato; 2.9.2005, n. 32856, Farzone. Vedi pure Cass., Sez. 5, 19.12.2007, il 47083).

Grava, comunque, sull’interessato l’onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella fattispecie concreta, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (vedi Cass., Sez. feriale, 16.9.2003, n 35537, Vitale ed altro).

Alla stregua di tali principi, nella vicenda in esame, i giudici del merito hanno fondato correttamente la responsabilità di entrambi gli imputati, i quali abitavano un immobile contiguo a quello abusivo:

sulla comune disponibilità giuridica e di fatto del suolo (recintato e munito di un cancello); sulla verificata presenza del G. nel cantiere dove l’attività di costruzione era in corso di svolgimento; sulla intervenuta nomina del G. quale custode delle opere sequestrate.

I ricorrenti, inoltre, non hanno mai prospettato che altri abbiano commissionato l’edificazione illecita senza che essi ne fossero consapevoli o contro il loro volere; nè alcun elemento concreto di riscontro è stato addotto a sostegno dell’affermazione di eventuale riferibilità dell’opera alla sola V..

2. Nessuna nullità si riconnette al dedotto vizio di notificazione della sentenza impugnata: sia perchè la situazione di convivenza con gli imputati della persona che ha ricevuto l’atto è stata attestata dall’ufficiale giudiziario e, potendo avere il rapporto di convivenza anche carattere temporaneo, non è necessario che il soggetto al quale è stata consegnata la copia dell’atto da notificare "risulti inserito nel nucleo familiare" dei ricorrenti; sia perchè l’atto ha comunque raggiunto i suoi effetti, essendo stato proposto nei termini rituale ricorso per cassazione.

3. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude ogni possibilità di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., l’estinzione dei reati contravvenzionali per prescrizione, pur maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello ma non eccepita con i motivi di gravame (vedi Cass., Sez. Unite, 22.3.2005, n. 4, ric. Bracale).

4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "le parti abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", a detta declaratoria consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere – per ciascuna di esse – del pagamento delle spese processuali, nonchè del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata nella misura di Euro 1.000,00 in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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