T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 17-10-2011, n. 7972

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato alle Amministrazioni in epigrafe in data 22 ottobre 2010 e depositato il successivo 3 novembre 2010 espone la ricorrente che in data 24 agosto 2009 otteneva il visto di ingresso per partecipare all’assegnazione di una borsa di studio erogata da LAZIODISU e, successivamente assegnatale, per potersi poi immatricolare come è avvenuto per l’a.a. 2009 – 2010 presso l’Università degli Studi di Roma "La Sapienza" Facoltà di Psicologia I, al corso di laurea triennale in "scienze e tecniche psicologiche" del quale sosteneva anche alcuni esami. Presentava dunque la domanda per poter permanere sul territorio italiano, ma nonostante l’adempimento di tutte le formalità il permesso di soggiorno non veniva rilasciato ancora alla distanza di un anno dalla richiesta. Espone che dovendo rientrare in patria si informava delle modalità di ritorno in Italia, ma in data 30 luglio 2010 le veniva comunicato che il visto di ingresso originario era ormai scaduto e che avrebbe dovuto richiedere quello di reingresso. Si recava dunque al Consolato d’Italia in Scutari, ma in quella sede le veniva spiegato che il visto di reingresso era subordinato al parere favorevole della Questura competente, nel caso quella di Roma, sicché ella presentava la nuova richiesta.

In data 3 settembre 2010 tuttavia riceveva il diniego di visto impugnato principalmente avverso il quale propone le doglianze che saranno meglio oltre esposte ed esaminate.

Conclude il ricorso principale chiedendo idonee misure cautelari inaudita altera parte e collegiali nonché l’accoglimento del ricorso anche con condanna generica dell’Amministrazione al risarcimento del danno.

Respinta l’istanza cautelare inaudita altera parte, i due decreti in date 5 e 6 novembre 2011 sono stati confermati alla Camera di Consiglio del 18 novembre 2010, sulla scorta del parere della Questura di Roma, stante il quale la ricorrente non si sarebbe sottoposta al foto segnalamento di rito.

La ricorrente ha quindi impugnato il ridetto parere della Questura del quale è venuta a conoscenza interamente con la memoria di costituzione della resistente Amministrazione.

Avverso tale atto e la nota MAE – DGIEPM – Ufficio VI dell’8 novembre 2010 propone motivi aggiunti motivati come oltre esposto ed esaminato. conclude, infine, i motivi aggiunti con istanze istruttorie, con richiesta di provvedimento presidenziale inaudita altera parte e per l’accoglimento degli stessi.

Alla Camera di Consiglio del 3 febbraio 2011 è stata disposta un’istruttoria, nelle more della quale è stata accolta la sospensione del provvedimento impugnato.

Rimasta ineseguita l’istruttoria il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 7 giugno 2011.

Motivi della decisione

1.Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.

Con esso e con i motivi aggiunti l’interessata impugna i provvedimenti meglio in epigrafe indicati e sostanzialmente negativi del visto di reingresso in Italia per motivi di studio proponendo le doglianze di cui appresso.

2.1 Può sostanzialmente essere condivisa la prima censura proposta col ricorso principale e con la quale l’interessata fa valere: violazione di legge, errata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 25 luglio 1998 e s.m.i., dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

La ricorrente lamenta la completa assenza di motivazione nel provvedimento impugnato, pur nel suo riferimento all’art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 286 del 1998. Rileva che, quand’anche si volesse ritenere che la motivazione non è stata fornita a causa dei motivi di ordine pubblico e di sicurezza essi nel caso in specie non appaiono sussistere, dal momento che ella non è stata oggetto di provvedimenti dell’Autorità di Pubblica Sicurezza né prima dell’ingresso in Italia, né durante il suo soggiorno. Rammenta pure che la deroga all’obbligo di motivazione ai sensi dell’art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 286 del 1998 non sussiste nel caso di motivi di studio e cioè per proseguire studi già avviati, come avviene nel suo caso.

L’esposizione in fatto e la giurisprudenza della sezione in merito ai visti di ingresso e di reingresso per motivi di studio consentono di condividere quest’ultimo aspetto.

Col provvedimento impugnato in via principale il Consolato di Italia in Scutari rileva che il visto di reingresso non è stato rilasciato alla ricorrente "ai sensi dell’art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 286 del 1998 e s.m.i."; tale richiamo normativo riporta dunque il diniego di visto a motivi di sicurezza e di ordine pubblico che consentono all’amministrazione concedente di non motivare il provvedimento negativo quando tali due ragioni ricorrono. Eccezioni all’ipotesi sono però contenute in ordine alle domande di visto presentate ai sensi degli articoli 22, 24, 26, 27, 28, 29, 36 e 39 e quest’ultimo, in particolare, riguarda proprio l’accesso ai corsi universitari, che a sua volta per lo straniero è disciplinato dal regolamento di attuazione ( d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394) all’art. 46.

In base a quest’ultimo "I visti e i permessi di soggiorno per motivi di studio sono rinnovati agli studenti che nel primo anno di corso abbiano superato una verifica di profitto e negli anni successivi almeno due verifiche.", ma in ordine al ricorrere di tale fattispecie nulla è specificato nel provvedimento esaminato che si limita a rappresentare del tutto apoditticamente la necessità della reiezione della richiesta ai sensi dell’art. 4, comma 2 del Tu n. 286/1998, rendendo impossibile alla ricorrente, vincitrice di una borsa di studio per studenti stranieri presso l’Università degli Studi di Roma "La Sapienza", come in narrativa accennato, di comprendere i motivi del rigetto.

2.2 La seconda censura di violazione dell’art. 3, comma 3 della legge n. 241

del 1990 colpisce il secondo aspetto della motivazione del provvedimento, dal quale si evince che sulla richiesta di visto di reingresso vi sarebbe stato il "Parere sfavorevole della Questura competente". Con essa l’interessata lamenta che non sono indicati né gli estremi né il contenuto del detto parere sfavorevole, sicché anche la sua indicazione non può dirsi completa.

La censura finisce per coincidere con quella precedentemente trattata. A fronte della disposizione normativa di cui all’art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 286 del 1998 ed alla deroga della non obbligatorietà della motivazione anche nei casi di sicurezza e di ordine pubblico quando si verta nell’ipotesi dell’accesso agli studi universitari o della prosecuzione degli stessi, anche tale aspetto della motivazione del provvedimento appare apodittico e pure nella considerazione che, come esposto nel prosieguo, la ricorrente si era presentata in Questura per gli adempimenti propedeutici al rilascio del nulla osta, sicché aveva tutte le ragioni per ritenere che la sua richiesta sarebbe andata a buon fine.

2.3/4/5 Per la ragione di cui sopra, appare sussistere pure la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.

Nel caso specifico, come rilevato dalla ricorrente con la censura successiva, con la quale ella fa valere la contraddittorietà tra più atti dell’amministrazione, poiché la stessa amministrazione in un primo tempo non aveva avuto difficoltà a rilasciarle il visto, mentre ora oppone ragioni del tutto contraddittorie rispetto a quel primo provvedimento favorevole, avrebbe dovuto essere destinataria del preavviso di provvedimento negativo, che avrebbe evitato alla ricorrente la proposizione di motivi aggiunti.

Deve infatti essere evidenziato che il Consolato era, ovviamente, in possesso del parere negativo al rilascio del nulla osta alla ricorrente, adottato in data 27 agosto 2010 dalla Questura di Roma, quando in data 31 agosto 2010 ha emanato il provvedimento esaminato e ben avrebbe potuto rappresentare all’interessata la difficoltà insorta al momento della conclusione del procedimento, onde evitare che la stessa fosse pure onerata di proporre motivi aggiunti, quando ha conosciuto il contenuto del diniego della Questura di Roma e cioè la circostanza che ella non si sarebbe sottoposta al fotosegnalamento.

Analogamente è a dirsi per la censura di eccesso di potere per mancata applicazione della Circolare del Ministero dell’Interno n. 1164 del 2 marzo 2009, con la quale viene ulteriormente suffragata la contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione che, pur in presenza di tale disposizione interna, adottata tra Ministero dell’Interno e il Ministero degli Affari Esteri proprio per consentire la prosecuzione degli studi in Italia agli studenti stranieri, tramite visto di reingresso da parte della Questura competente, invece non si è attenuta a tale disposizione.

3.1 Una volta conosciuto il parere della Questura di Roma, depositato in atti in data 16 novembre 2010, la ricorrente ha provveduto ad impugnarlo con motivi aggiunti che vanno pure essi accolti.

In primo luogo l’esponente fa valere l’eccesso di potere per erronea individuazione dei fatti ed in secondo luogo lamenta una errata applicazione delle disposizioni sul fotosegnalamento; osserva che nelle more tra l’ingresso in Italia e l’espletamento del fotosegnalamento lo straniero può soggiornare in Italia e l’istruttoria per il rilascio del permesso di soggiorno è sospesa. Per il visto di reingresso non è previsto il fotosegnalamento e quindi negarlo su tale base non sarebbe legittimo.

Le censure possono essere esaminate a fattor comune in quanto sostanzialmente riconducibili ad una ricostruzione dei fatti che non ha trovato smentita da parte dell’amministrazione nonostante una istruttoria disposta.

La ricorrente espone, infatti, di essersi presentata in data 9 ottobre 2009 presso il competente Commissariato di PS per effettuare il foto segnalamento (come da convocazione del 19 settembre 2009), in compagnia della sorella e della zia, ma nulla le è stato rilasciato per essersi presentata a tale adempimento.

Poiché tale circostanza è stata ritenuta dal Collegio tranchant rispetto alle precedenti reiezioni dell’istanza cautelare, esponendo la ricorrente riferimenti circostanziati, al momento in cui si era presentata per sottoporsi al fotosegnalamento, pur non essendo in grado di produrre una ricevuta, alla Camera di Consiglio del 3 febbraio 2011, in presenza della relazione dell’Ufficio Visti, depositata in data 13 novembre 2010, di cui più oltre si dirà e del parere negativo della Questura di Roma depositato in atti il 16 novembre 2010, il Collegio ha chiesto chiarimenti ai competenti uffici, onerando il Commissariato di P.S. presso il quale l’interessata si era recata di rispondere sulla circostanza per cui la ricorrente si era recata al fotosegnalamento in data 9 ottobre 2009, ma questo non parrebbe essere stato effettuato.

L’Amministrazione nulla ha risposto al riguardo, pur essendo il ricorso regolarmente notificato anche al Ministero dell’Interno, nel cui ambito di attribuzioni rientrano i Commissariati di Pubblica Sicurezza.

Le censure vanno pertanto accolte ai sensi e per l’effetto dell’art. 64, comma 4 del Codice di rito.

3.3.Con la terza censura l’interessata solleva la nullità dell’atto principalmente impugnato, riprendendo tutte le censure presentate col ricorso principale, come inficianti il provvedimento principalmente gravato ed al cui accoglimento occorre fare pieno riferimento.

3.4 Con i motivi aggiunti impugna pure la nota del Ministero degli Affari esteri – Centro Visti, come in epigrafe indicata avverso la quale propone ancora una volta l’eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà

Osserva, infatti che il Centro Visti nella sua nota dell’8 novembre 2010 ritiene che il provvedimento di diniego impugnato sia pienamente legittimo, mentre lo stesso Centro Visti, nel prosieguo, chiarisce che la deroga dell’obbligo di motivazione esiste soltanto per motivi di studio universitario, oltre agli altri ristretti casi in cui ciò è possibile, con la conseguenza che il diniego di visto di reingresso doveva essere particolarmente motivato.

La censura va accolta per la stessa ragione per la quale è stata accolta la stessa nel ricorso principale.

L’interpretazione dell’art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 286 del 1998 comporta che l’amministrazione in presenza di una richiesta di visto di ingresso o di reingresso deve motivare anche le ragioni di sicurezza e di ordine pubblico che eventualmente ricorrano nei casi da detta norma previsti, tra i quali vi sono i motivi di studio.

3.5 Col secondo motivo oppone avverso la nota del MAE – Ufficio Visti le censure già proposte col ricorso principale ed al cui accoglimento deve dunque farsi riferimento.

4. Per le superiori considerazioni il ricorso principale ed i motivi aggiunti vanno accolti e per l’effetto vanno annullati tutti gli atti in epigrafe indicati.

5. La delicatezza delle questioni trattate impone la compensazione delle spese di giudizio ed onorari tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in ogni sua parte e per l’effetto annulla gli atti in epigrafe indicati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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