Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 16-06-2011) 26-09-2011, n. 34736

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con sentenza resa, all’esito di giudizio ordinario, il 27.11.2008 il Tribunale di Rovereto ha dichiarato P.A. colpevole dei due reati, unificati dalla continuazione (ascrittigli nell’ambito di due separati procedimenti riuniti in giudizio), puniti dalla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12 sexies e art. 570, comma 2, n. 2, per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minorenne e per non aver corrisposto in favore della medesima alla ex moglie P. M., affidataria della bambina, l’assegno mensile di L. 1.100.000 nonchè la metà delle spese scolastiche e delle spese mediche specialistiche non mutuabili occorrenti alla bambina, secondo quanto stabilito con la sentenza di scioglimento del vincolo matrimoniale del Tribunale civile di Rovereto del 10.12.1998. Condotte illecite commesse a decorrere dall’ottobre 2004 fino alla data della sentenza di primo grado. Per l’effetto il Tribunale ha condannato il P., computata la recidiva specifica contestatagli, alla pena di un anno e sei mesi di reclusione ed Euro 1.800,00 di multa ed al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile Pl.Ma.

(in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sulla minore), liquidati in complessivi Euro 50.000,00.

Il Tribunale ha giudicato ampiamente provata la responsabilità del P. per i due reati contestatigli, pur omologhi nelle modalità esecutive, ma non scanditi da concorso apparente, per essere le due fattispecie caratterizzate da autonome condotte e da eventi ed oggettività diversi. Elementi di prova, univocamente tratti dalle dichiarazioni testimoniali della costituita parte civile, riscontrate anche da altri testimoni, nonchè dal copioso materiale documentario prodotto dalla stessa persona offesa asseveranti le omissioni contributive dell’imputato. Omissioni manifestatesi in un contesto rappresentativo, al quale l’imputato non ha opposto utili dati critici, limitandosi incongruamente ad addurre di aver versato alla ex moglie consistenti somme di denaro (ma il Tribunale rileva trattarsi di somme che si inscrivono negli accordi definitori della relazione coniugale che precedono la sentenza di divorzio e non riguardano il rapporto padre-figlia o colmano gli oneri assistenziali verso la figlia minore per il periodo antecedente all’ottobre 2004, estraneo all’accusa contestata nel processo in corso) ovvero che la stessa è stata comunque in grado, anche con il supporto economico di terzi, di fronteggiare le esigenze di "sussistenza" della figlia (assunto che il Tribunale valuta privo di pregio in ragione dell’immanente sussistenza dello stato di bisogno di un figlio minorenne privo di fonti di reddito proprie, sì da rendere cogente l’obbligo assistenziale gravante sul genitore non affidatario in conformità alle statuizioni del giudice civile della separazione).

Elementi, tutti, rispetto ai quali – sul piano dell’elemento soggettivo dei reati (puniti a titolo di dolo generico) – l’imputato non ha prospettato alcun eventuale utile dato giustificativo.

2.- Giudicando sull’appello interposto dall’imputato, dolentesi dell’asserito inidoneo apprezzamento delle somme versate alla moglie prima dell’ottobre 2004 e (in subordine) della gravosità della sanzione penale inflittagli e dell’entità del risarcimento dei danni posto a suo carico, la Corte di Appello di Trento con la sentenza del 12.3.2010, richiamata in epigrafe, ha disatteso le censure di merito dell’appellante ed – in punto di responsabilità – ha confermato il giudizio di colpevolezza del P. espresso dal Tribunale e sorretto da una motivazione articolata e completa con riguardo a tutti i profili fattuali e giuridica della regiudicanda. La Corte di Appello ha, tuttavia, ritenuto meritevoli di accoglimento le richieste subordinate dell’appellante in ordine al trattamento sanzionatone.

Sicchè, in parziale riforma della sentenza del primo giudice, ha riconosciuto l’esistenza del vincolo della continuazione tra i reati in giudizio e quelli, della medesima specie, già giudicati con sentenza definitiva del Tribunale di Rovereto del 5.10.2004, incrementando la pena in quella sede inflitta al P. nella misura di sei mesi di reclusione ed Euro 200,00 di multa, così determinando una complessiva pena – per le due serie di fatti reato – di un anno di reclusione ed Euro 600,00 di multa, altresì accordando all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, subordinato al pagamento (da eseguire entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza) della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno alla parte civile.

3.- Con il ministero del difensore l’imputato ha impugnato per cassazione l’indicata sentenza di appello, deducendo unitario vizio di violazione di legge e di carenza di motivazione, sviluppato sui seguenti temi di critica:

a) i giudici di appello si sono appagati della ricostruzione e dell’analisi dei fatti elaborate dal Tribunale, omettendo di esaminare con cura le dichiarazioni della querelante persona offesa Pl.Ma. e trascurando le deposizioni testimoniali che ne mettono in luce le discrasie narrative; segnatamente quelle relative al risalente impiego della somma di L. 225 milioni (versatale dall’imputato prima della sentenza di divorzio) per l’acquisto della casa in cui abita con la figlia, casa che la sorella della donna ha asserito esserle derivata per eredità familiare;

b) nella situazione della figlia della coppia, rimasta con la madre, non è ravvisatale un effettivo stato di bisogno, giacchè in concreto alla bambina non sono mai mancati i mezzi di sussistenza, intesi come mezzi strettamente indispensabili alla vita quotidiana;

e) la parte civile ed ex moglie del ricorrente è abile al lavoro e lavora, così da essere in grado di curarsi di tutte le esigenze proprie e della figlia, anche avvalendosi delle ingenti somme già in passato corrispostele dal marito, ivi compresa la somma di Euro 21,000,00 nel 2004, somma di cui la donna ha all’inizio callidamente taciuto, in dibattimento, l’avvenuta percezione.

4.- Il ricorso di P.A. deve essere dichiarato inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei prospettati rilievi censori.

Il ricorso è – innanzitutto – totalmente privo di specificità, perchè è integrato dalla mera letterale trasposizione (perfino con gli stessi refusi grafici) dei motivi di appello avverso la sentenza di primo grado, astenendosi dal delineare una qualsiasi concreta lettura critica e contenutistica della impugnata decisione di appello. Decisione che pure a quei temi di doglianza esposti con l’appello ha dato una soddisfacente e giuridicamente corretta risposta, immune dalle carenze replicate con l’odierno ricorso.

Di poi ed in ogni caso le censure ripetute con il ricorso sono destituite di qualsiasi fondamento e già del loro esame si è fatta carico la stessa sentenza di primo grado confermata dai giudici di appello, che ne hanno ripreso e ribadito le valutazioni.

Per un verso, come sottolineano entrambe le decisioni merito, l’oggettiva dazione di somme di denaro alla ex consorte da parte del P. non presenta attinenza con i fatti che costituiscono l’attuale regiudicanda, poichè si tratta di somme (la parte più cospicua versata nel 1995, ben prima della sentenza di divorzio) inerenti agli accordi personali tra marito e moglie proiettati sulla programmata separazione coniugale ovvero di somme che, pur destinate alle esigenze di vita della figlia minorenne dei coniugi, coprono in via conciliativa e soltanto in parte e per il periodo dal 1999 al 2004 la mancata erogazione dell’assegno mensile stabilito dalla sentenza di divorzio nel 1998. Condotta omissiva che si inserisce nel quadro dell’analogo anteriore processo subito dal P. per i medesimi reati oggi nuovamente contestatigli (per un arco temporale successivo), definito con la sentenza rispetto alla quale la Corte di Appello di Trento ha ritenuto sussistere relazione di continuità criminosa.

Per altro verso parimenti improponibile è la prospettazione difensiva della carenza di un reale stato di bisogno della figlia minorenne dell’imputata, perchè le sue esigenze sarebbero state efficacemente affrontate dalla madre affìdataria e dai familiari di costei, dal momento che -come osservano correttamente i giudici di merito- ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 570 c.p., comma 2, n. 2, l’obbligo di fornire i mezzi di sussistenza al figlio minore ricorre anche quando vi provveda in tutto o in parte l’altro genitore con i proventi del proprio lavoro o con l’intervento di altri congiunti, tale sostituzione non eliminando lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo e non elidendo l’obbligo contributivo dell’altro genitore non affidatario (cfr., ex plurimis, da ultimo: Cass. Sez. 6, 3.2.2010 n. 14906, rv. 247022).

Per mera completezza di analisi mette conto, infine, rilevare la giuridica correttezza della congiunta concorrente contestazione all’imputato delle due fattispecie criminose sanzionate dall’art. 570 cpv. c.p. e L. n. 898 del 1970, art. 12 sexies, come ha avuto modo di evidenziare la sentenza di primo grado. In vero occorre ribadire che il reato di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 12 sexies è perfezionato per effetto del solo omesso versamento dell’assegno periodico divorzile fissato dal giudice civile della separazione, di tal che -quando tale condotta omissiva del genitore divorziato si traduca nel contempo nel far mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore- è realizzata anche, in regime di concorso formale eterogeneo, la distinta fattispecie di cui all’art. 570 cpv. c.p., n. 2 (cfr.: Cass. Sez. 6, 19.5.2005 n. 32540, Menaldo, rv. 231925; Cass. Sez. 6, 18.11.2008 n. 65775/09, rv. 243529).

Dalla dichiarata inammissibilità dell’impugnazione discende per legge la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del procedimento ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che si reputa conforme a giustizia determinare in misura di Euro 1.000,00 (mille).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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