T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 17-10-2011, n. 7967 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato alla Amministrazione comunale di Roma in data 16 febbraio 2006 e depositato il successivo 24 febbraio, espone il ricorrente di essere proprietario del terreno sul quale sono state realizzate le opere abusive meglio oltre descritte e la cui realizzazione ha effettuato per esigenze di natura lavorativa, terminandole da lungo tempo, vedendosi tuttavia notificare il provvedimento di demolizione di ufficio impugnato.

Avverso di esso egli propone:

1. eccesso di potere per travisamento dei fatti e per disparità di trattamento.

2. Violazione di legge; eccesso di potere per sviamento.

3. Eccesso di potere per difetto assoluto o carenza di motivazione.

4. Vizio del procedimento per mancata comparazione tra interessi privato e pubblico, opportunità e merito.

Conclude chiedendo l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio rassegnando conclusioni opposte a quelle del ricorrente.

Alla Camera di Consiglio del 16marzo 2006 l’istanza cautelare è stata respinta.

Previa presentazione di ulteriore memoria da parte dell’Amministrazione il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 6 ottobre 2011.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso l’interessato impugna la determinazione con la quale Roma Capitale – Municipio XIII ha disposto la demolizione di ufficio delle seguenti opere edilizie: "all’interno di un lotto di terreno di mq. 1000 circa è in corso la realizzazione di un manufatto così composto: cordolo di fondazione continua che fuoriesce dal piano di campagna cm. 40 circa racchiudente una superficie di mq. 220 circa sul quale sono state elevate mura perimetrali in cementblok che hanno raggiunto un’altezza di m. 3,00 coperto a tetto a due falde mediante la posa in opera di pannelli coibentati. Realizzazione di 9 aperture tipo porta e n. 5 tipo finestre. All’interno, al centro del manufatto è stato edificato un cordolo in c.a. alto circa cm. 40 ed inoltre si accertava la presenza di un preesistente manufatto fatiscente in legno e lamiera di mq. 30", opere completamente sprovviste di titolo abilitativo.

2. Il ricorrente rappresenta che i manufatti in determinazione sono stati ultimati da tempo e per dotare il maneggio, del quale è titolare, di strutture per il personale. Non sarebbe corretto quanto contestato dal Comune e che cioè le opere si troverebbero allo stato iniziale, mentre sono da tempo ultimate. Sostiene che la zona nella quale sorge l’abuso contestato è adibita ad edilizia di vario genere ed ha perso la sua destinazione iniziale a zona agricola, alternandosi locali commerciali, ad immobili che servono per l’agricoltura o per l’allevamento di animali.

Con la seconda censura il ricorrente rappresenta che il provvedimento impugnato sarebbe intempestivo in ordine all’effettivo stato dei lavori contestati che sono stati ultimati da tempo.

Ancora l’interessato lamenta la carenza assoluta di motivazione, dal momento che quand’anche il provvedimento dovesse ritenersi giustificato con le circostanze di fatto riportate in esso, sarebbe comunque erronea poiché le opere sono ultimate da diversi anni.

Infine sostiene che è mancata una adeguata comparazione tra l’interesse pubblico alla demolizione e l’interesse del privato al mantenimento dell’opera che riveste il carattere di pertinenza del maneggio, tanto più grave in quanto l’interessato trae risorse economiche da tale struttura.

2. Le censure sono destituite di fondamento.

Ancorché le opere siano ultimate da tempo, come sostenuto dal ricorrente, questo non gli impediva di realizzarle con idoneo titolo abilitativo.

Né la circostanza che la zona, gravata da vincolo archeologico, paesistico e monumentale sia ampiamente urbanizzata e vi si svolgano altrettante attività commerciali o agricole o di ristorazione può esonerare l’interessato da tale onere, nella considerazione che i provvedimenti sanzionatori in materia di abusi edilizi sono atti vincolati, sicché per essi non sono configurabili situazioni di disparità di trattamento nei confronti di altri soggetti, (cfr. TAR Lazio, sezione I quater, 7 luglio 2011, n. 6054 e la giurisprudenza ivi citata: TAR Lazio, sezione II, 13 dicembre 2001, n. 11360).

Quanto alla dedotta intempestività dell’ordine di demolizione, sin dal sommario esame proprio della sede cautelare la sezione ha avuto modo di osservare che parte ricorrente non ha prodotto elementi concreti, idonei a comprovare l’effettiva epoca di realizzazione delle opere. Ed anche l’aspetto della censura con il quale l’interessato fa valere che, siccome i manufatti sono stati realizzati da tempo, l’Ente non avrebbe dovuto procedere con la demolizione di ufficio non appare condivisibile. In altra e più recente ed analoga occasione, la sezione ha chiarito che la demolizione di ufficio non presuppone l’esistenza di ragioni di urgenza, non essendo tale requisito richiesto dall’art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2001 (TAR Lazio, sezione I quater, 5 gennaio 2011, n. 15).

E a tale notazione si ricollega pure la contestazione della terza e della quarta censura proposte, con le quale l’interessato fa valere il difetto di idonea motivazione atta a sostenere il lasso di tempo intercorso per la compressione dell’interesse del privato rispetto a quello pubblico alla demolizione. Come osservato in altre circostanze, l’abuso edilizio costituisce un illecito permanente che si protrae nel tempo e viene meno solo con il cessare della situazione di illiceità, vale a dire con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni (Consiglio di Stato, sezione IV, 16 aprile 2010, n. 2160 in TAR Lazio, sezione I quater, 6 aprile 2011, n. 3037), con la conseguenza che nessuna dettagliata motivazione l’amministrazione comunale era tenuta ad ostendere in ordine al momento in cui ha colpito l’abuso, trattandosi oltre tutto di provvedimento del tutto vincolato, in cui l’affidamento del privato per il tempo trascorso prima che l’amministrazione adotti un provvedimento repressivo cede a fronte dell’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso, interesse che è in re ipsa.

3. Per le superiori considerazioni il provvedimento va trovato scevro dalle dedotte censure ed il ricorso va, di conseguenza, respinto.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente F.P. al pagamento di Euro 2.000,00 per spese di giudizio ed onorari a favore di Roma Capitale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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