Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-06-2011) 26-09-2011, n. 34804

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.T. è stato condannato dal GUP del tribunale di Caltagirone a sei anni di reclusione per tentato omicidio nei confronti del connazionale Ll., nonchè alla pena di Euro 100,00 di ammenda per il reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4; la Corte d’appello di Catania ha riqualificato il reato contestato come lesioni aggravate ed ha pertanto rideterminato la pena inflitta in primo grado nella misura di anni due di reclusione ed Euro 50 di ammenda. Contro quest’ultima sentenza propone ricorso per cassazione il L., evidenziando tre motivi di censura:

1. con il primo motivo deduce inosservanza della legge penale unitamente alla mancata e contraddittoria motivazione in ordine al mancato riconoscimento della legittima difesa invocata dall’imputato.

Lamenta il ricorrente che nessuna indagine è stata svolta sul punto è che non vi è alcuna motivazione specifica, mentre essendo quantomeno dubbia la ricorrenza della predetta esimente, i giudici di merito avrebbero dovuto assolvere ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 3. 2. Con il secondo motivo di ricorso il L. deduce difetto di motivazione in relazione alla contestata aggravante dei futili motivi.

3. con il terzo motivo di ricorso, infine, si deduce carenza assoluta di motivazione in ordine alla sussistenza della contravvenzione prevista dalla L. n. 110 del 1975, art. 4.

Motivi della decisione

Il primo e il secondo motivo possono essere trattati congiuntamente, in quanto per entrambi viene censurata l’omessa e contraddittoria motivazione (con riferimento, rispettivamente, al mancato riconoscimento della legittima difesa e alla contestata aggravante dei futili motivi).

Rileva questa Corte che in tema di sentenza penale di appello non sussiste mancanza o vizio della motivazione allorquando i giudici di secondo grado, in conseguenza della completezza e della correttezza dell’indagine svolta in primo grado, nonchè della corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo giudice.

Ed invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione (così Cassazione penale, sez. 2, 15 maggio 2008, n. 19947).

Dall’esame della sentenza di primo grado, emessa dal GIP presso il tribunale di Caltagirone, risulta che vi sia sufficiente e specifica motivazione sia sull’esclusione della legittima difesa (cfr. pag. 3, ultimo capoverso, e pag. 4, primo capoverso, della sentenza), sia in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante dei futili motivi (cfr. pag. 4, penultimo capoverso).

Quale che sia la conclusione raggiunta sul punto dal giudice del merito, trattasi di valutazione discrezionale che sfugge – se correttamente motivata – alle censure della Corte di cassazione, nè può questa corte valutare, o rivalutare, gli elementi probatori al fine di trame conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito. Esula, infatti, dai poteri della corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (cfr. Cass. SS.UU. 1.06.2011, est. Fiandanese).

Quanto al terzo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente ha dedotto carenza assoluta di motivazione in ordine alla sussistenza della contravvenzione prevista dalla L. n. 110 del 1975, art. 4 si evince dalla ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito una implicita motivazione di rigetto di questa doglianza;

contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, infatti, risulta che fu il L. a fermare l’auto ed andare incontro al Ll., portando con sè il coltello. E se anche fosse giustificata la detenzione del coltello in auto per motivi di lavoro (ma sul punto la difesa si è limitata ad una mera asserzione, priva di alcun riscontro probatorio), non era certo legittimo il porto del coltello con sè quando il L. è sceso dall’auto per andare incontro al Ll., essendo evidente, in questo frangente, il difetto di qualsivoglia nesso strumentale con l’attività esercitata, dato che la colluttazione avvenne non sul luogo ed in orario di lavoro, bensì la sera dopo cena in (OMISSIS), mentre il Ll. ritornava da una cena a casa di un’amica (cfr. pag. 2 della sentenza di primo grado).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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