Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-06-2011) 26-09-2011, n. 34802Motivazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I.B. è stato ritenuto responsabile, dal giudice di pace di Trinitapoli, del reato di cui all’art. 594 c.p. perchè, attraverso una lettera indirizzata al P.V., accusava quest’ultimo di aver posto in essere azioni poco lecite nel corso di una trattativa di locazione nella quale aveva svolto l’attività di intermediatore. Nell’occasione l’imputato aveva affermato che il P. si sarebbe appropriato in maniera truffaldina di Euro 1000, usando nei suoi confronti espressione del seguente tenore: "… truffa ai danni dello scrivente".

Contro la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, articolando tre motivi di censura:

1. con il primo motivo deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza sulla base di generiche affermazioni relative alla necessità che i provvedimenti giudiziali siano adeguatamente motivati, nonchè sulla base di asserite non riportate dichiarazioni del teste A.. Sostiene inoltre il ricorrente che la sentenza avrebbe dovuto indicare il principio di diritto da applicare ed i motivi per cui non erano stati applicati diversi orientamenti giurisprudenziali;

2. con il secondo motivo si deduce erronea applicazione dell’art. 594 c.p. per essere la condotta dell’imputato priva di oggettiva valenza ingiuriosa, in quanto inidonea ad offendere l’altrui onore e reputazione. Lo scritto, inoltre, sarebbe privo di qualsiasi volontà tesa ad offendere consapevolmente e deliberatamente il signor P.;

3. con il terzo motivo si censura omessa applicazione della scriminante di cui all’art. 599, comma 2 e cioè l’aver commesso il fatto nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui e subito dopo di esso. Afferma il ricorrente che lo stato d’ira fu causato dal fatto che il signor P.V. dopo aver incassato il deposito cauzionale della locazione, ha preteso dall’imputato anche il pagamento della provvigione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato; sotto il primo profilo si osserva che la sentenza del giudice di pace è adeguatamente motivata, anche se in maniera molto succinta; il giudice di pace ha indicato gli elementi da cui ha dedotto la sussistenza del reato e cioè le dichiarazioni del teste A., la sentenza civile che ha respinto l’opposizione dell’odierno imputato, nonchè la querela della persona offesa e la lettera contenente l’offesa recata al P.. Sulla base di questi elementi e della ricostruzione degli antefatti, il giudice di pace ha implicitamente escluso la sussistenza della esimente di cui all’art. 599, avendo la causa civile accertato che le pretese del P. non erano affatto ingiuste e quindi non potevano configurare la scriminante di cui all’art. 599 c.p.; senza contare che la difesa dell’imputato, nelle sue conclusioni, non richiese l’applicazione dell’esimente ex art. 599 ed è pertanto logico che il giudice di pace, non ritenendola sussistente, non ne abbia parlato in motivazione. Quanto agli elementi costitutivi del reato, non vi era molto da aggiungere alle frasi contenute nella lettera e puntualmente riportate nella sentenza, le quali hanno una portata evidentemente offensiva nei confronti del P., accusandolo ingiustamente di truffa; nè vi era molto da dire in ordine all’elemento soggettivo, essendo incontestabile che l’avere redatto ed inviato la lettera con quel contenuto manifestava inequivocabilmente la volontarietà della condotta, e d’altronde l’imputato non ha evidenziato alcun elemento da cui desumere l’insussistenza del dolo generico richiesto dalla norma.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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