Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-02-2012, n. 1706 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 12 maggio 2008 la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 10 marzo 2000 che ha rigettato la domanda di S.S., C.E. ed altri intesa ad ottenere il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della società Carrani Viaggi e Turismo s.r.l. La Corte territoriale ha motivato tale sentenza considerando corretta e rispettosa delle risultanze probatorie la ricostruzione del rapporto tra le parti operata dal giudice di primo grado. In particolare la Corte ha considerato la saltuarietà, l’indeterminatezza della durata e la non obbligatorietà della prestazione svolta dai ricorrenti e consistente nel prelevare i turisti dagli alberghi e distribuirli in gruppi in occasione delle escursioni da compiere. Inoltre la Corte d’appello ha considerato la natura della prestazione stessa che non implicava alcun potere direttivo puntuale e continuo da parte del datore di lavoro.

Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione la S. e la C. articolandolo su cinque motivi.

Resiste con controricorso la Carrani Viaggi e Turismo s.r.l. Le ricorrenti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2697 cod. civ. e artt. 115 e 116 cod. proc. civ. assumendosi che dalle modalità di svolgimento della prestazione si dovrebbe evincere la natura di rapporto di lavoro subordinato, essendo i lavoratori comunque inseriti nella stabile organizzazione aziendale del datore di lavoro.

Con secondo motivo si assume motivazione carente e contraddittoria rispetto agli artt. 2094 e 2697 cod. civ. e artt. 115 e 116 cod. proc. civ..

Lamentandosi che non sarebbe stata correttamente motivata la natura del rapporto di lavoro fra le parti essendosi data rilevanza ad elementi secondari senza considerare le caratteristiche più rilevanti del rapporto stesso.

Con il terzo motivo si assume violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2697 e 2729 cod. civ. e artt. 115 e 116 cod. proc. civ. rispetto alla pretesa elasticità dei turni, posti a fondamento della motivazione.

Con il quarto motivo si lamenta motivazione carente e contraddittoria con riferimento alle norme di diritto sopra richiamate, con conseguente erronea conclusione di esclusione del rapporto di lavoro subordinato nonostante l’assenza di rischio imprenditoriale ed inserimento organico nella compagine aziendale.

Con il quinto motivo si assume omessa motivazione nei confronti della C. in quanto è stato omesso il nominativo di tale ricorrente nella sentenza impugnata per cui la motivazione non si riferisce alla stessa, con conseguente omessa motivazione in relazione alla relativa posizione.

I primi quattro motivi possono essere trattati congiuntamente riguardando tutti circostanze di fatto rilevanti ai fini della qualificazione del rapporto. Tali motivi sono infondati in quanto ai fini della distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, è censurabile, in sede di legittimità, soltanto la determinazione dei criteri astratti e generali da applicare al caso concreto, mentre costituisce apprezzamento di fatto come tale insindacabile in detta sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici o giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto in controversia nell’uno o nell’altro schema contrattuale.

Anche il quinto motivo è infondato in quanto il nominativo della ricorrente C., benchè non riportato nell’intestazione della sentenza impugnata, appare comunque nel dispositivo della sentenza di primo grado richiamata e confermata integralmente dalla sentenza stessa, per cui non sussiste alcun dubbio o equivoco sulla riferibilità della pronuncia anche a tale ricorrente.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 50,00, oltre ad Euro 3.000,00 per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 dicembre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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