Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-06-2011) 26-09-2011, n. 34795

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Torino, con sentenza del 14 ottobre 2010, ha, da un lato, dichiarato inammissibili gli appelli proposti da R.B. e S.F. nei confronti della sentenza del Tribunale di Ivrea del 10 luglio 2007 e, d’altra parte, ha ridotto la pena inflitta ad A.G. per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati:

a) S. e R., a mezzo dell’avvocato Simonati il 30 ottobre 2010 sostenendo l’erronea dichiarazione d’inammissibilità dell’impugnazione;

b) S. e R., a mezzo dell’avvocato Colaleo sostenendo la mancata applicazione dell’effetto estensivo dell’impugnazione, di cui all’art. 587 c.p.p. nonchè l’esistenza dei motivi di contestazione della sentenza di prime cure;

c) A.G., a mezzo dell’avvocato Simonati, per l’illogicità della motivazione in ordine all’affermazione della penale responsabilità.

Motivi della decisione

1. I ricorsi sono, all’evidenza, inammissibili.

2. Quanto a quelli degli imputati S. e R. non può che confermarsi la declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione affermata dalla Corte di Appello.

In punto di diritto giova premettere come, in tema di impugnazioni, il requisito della specificità dei motivi, richiesto espressamente dall’art. 581 c.p.p. a pena di inammissibilità, implichi a carico della parte impugnante non solamente l’onere di dedurre le censure che intenda muovere su uno o più punti determinanti della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi e le ragioni che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al decidente della impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.

Peraltro, il requisito della specificità dei motivi, previsto dall’art. 581 c.p.p., lett. c), trova la sua ragion d’essere proprio nella necessità di porre il Giudice della impugnazione in grado di individuare i punti e i capi del provvedimento impugnato oggetto delle censure: inerisce al concetto stesso di "motivo" di impugnazione la individuazione di questi punti al quali la censura si riferisce (v. Cass. Sez. 3 17 dicembre 2009 n. 5020 e Sez. 6 16 luglio 2010 n. 32227).

In punto di fatto, questa volta, l’esame dell’atto d’impugnazione de 19 dicembre 2007, già compiuto dalla Corte di Appello, conferma la correttezza dell’affermazione d’inammissibilità, sia a cagione della mancanza assoluta di valutazione critica dell’operato del Giudice di prime cure e con la presenza solo di una apodittica affermazione dell’insussistenza di penale responsabilità, che di una molto generica valutazione dell’eccessività della pena irrogata, anche in considerazione della mancata concessione delle attenuanti generiche.

L’impugnazione del coimputato A. neppure può dirsi che possa giovare agli odierni ricorrenti S. e R., ai sensi dell’art. 587 c.p.p., comma 1, posto che tale impugnazione era basata su motivi esclusivamente personali (riconoscimento fotografico dell’ A. quale sedicente Z. e trattamento sanzionatorio).

3. Le doglianze del ricorrente A. non meritano, però, miglior sorte in quanto tendono a rendere accreditabile una diversa ricostruzione delle emergenze di causa sulla base di ipotesi le quali, a prescindere dal relativo grado di plausibilità, non possono essere devolute all’apprezzamento del Giudice di legittimità.

La Cassazione, infatti, non valuta i risultati delle prove nè persegue la ricostruzione più aderente ad essi ma è deputata unicamente a verificare che il ragionamento seguito dal Giudice di merito sia razionale e non soffra di vistose incertezze su elementi decisivi.

Nel caso di specie, con motivazione logica e senza il compimento di alcuna non corretta applicazione delle norme di legge in subiecta materia, i Giudici di merito hanno chiarito come fosse certa l’identificazione del sedicente Z.M. nell’imputato A. (v. pagine 10 e 11 della motivazione) e come, conseguentemente, dovesse essere affermata la sua penale responsabilità in ordine alla contestata bancarotta fraudolenta per distrazione.

4. I ricorsi devono essere, in conclusione, dichiarati inammissibili e ciascun ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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