Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-06-2011) 26-09-2011, n. 34791

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 23 aprile 2010, ha confermato la sentenza del Tribunale di Benevento, Sezione Distaccata di Guardia Sanframondi del 31 marzo 2008 che aveva condannato F.F. e C.A.M. alla pena di Euro 50 di multa, per i delitti di minacce e ingiurie in danno di S. M.A. e P.A., oltre al risarcimento del danno in favore delle suindicate persone costituite parti civili.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del loro difensore, lamentando:

a) la violazione di legge per la mancata esistenza di una querela presentata dalla S.;

b) la irrogazione di una pena illegale e comunque la prescrizione dei reati;

c) la mancata valutazione del materiale probatorio.

Motivi della decisione

1. I ricorsi non sono fondati, essendo ai limiti dell’inammissibilità, in quanto le doglianze si sostanziano, innanzitutto, nell’esposizione degli accadimenti relativi ai precedenti gradi di merito (v. pagine 1-11 del ricorso).

2. Successivamente (v. pagine 12-13 del ricorso) si indicano motivi di doglianza alquanto generici perchè:

a) la pretesa mancanza della querela da parte dell’altra parte offesa S.M.A. non assume valore alcuno alla luce della contestazione della fattispecie di cui all’art. 612 cpv. c.p. che è procedibile d’ufficio; a ciò si aggiunga come, ai sensi dell’art. 122 c.p. il reato commesso in danno di più persone sia punibile anche se la querela è proposta da una soltanto di esse e come, ai sensi del successivo art. 123 c.p. la querela si estenda di diritto a tutti coloro che hanno commesso il fatto;

b) la pena in concreto irrogata non sia affatto illegale (nè i ricorrenti hanno specificato in che cosa consista la dedotta illegalità che si ha solo allorquando si siano ecceduti i limiti edittali) e la concessione delle attenuanti generiche prevalenti alla contestata aggravante sia stata fatta solo quoad poenam, a nulla rilevando ai fini della procedibilità d’ufficio ovvero della prescrizione che, nella specie, non si è realizzata posto che alla scadenza dei sette anni e sei mesi dell’ordinario termine di prescrizione, ex art. 157 c.p. ((OMISSIS) commissione del fatto – 3 febbraio 2011 prescrizione) devono aggiungersi, secondo l’esame delle udienze tenutesi nei gradi di merito, anni uno mesi uno e giorni ventisei di sospensione del termine prescrizionale che andrà, pertanto, a scadere il 29 marzo 2012;

c) infine e con riferimento all’errata valutazione del materiale probatorio, si osserva che, come ribadito costantemente da questa Corte (v. a partire da Sez. 6 15 marzo 2006 n. 10951 fino di recente a Sez. 5 6 ottobre 2009 n. 44914), pur dopo la nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., lettera e), novellato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, il sindacato del Giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato debba essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia:

1) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;

2) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;

3) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;

4) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.

Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di merito, perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.

Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai Giudici di merito (a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza) rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione.

3. I ricorsi vanno, in conclusione, rigettati con la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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