Cass. civ. Sez. III, Sent., 07-02-2012, n. 1689 Opposizione agli atti esecutivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Intesa Sanpaolo S.p.a. (già Banca Intesa B.C.I. s.p.a., già Banco Ambrosiano Veneto s.p.a.), terza pignorata nel processo esecutivo n. 29565/99 R.E. instaurato da S.L.D. (quale erede di L. F. e di C.S.) contro S.O., propose opposizione avverso l’ordinanza di assegnazione pronunciata in data 28.10/2.11.2005 dal giudice dell’esecuzione, comunicata all’opponente in data 23 maggio 2006. La procedura esecutiva era stata instaurata ai sensi dell’art. 678 cod. proc. civ. dalla sequestrante C. (che aveva ottenuto il provvedimento di sequestro nell’ambito del processo instaurato contro S.O. per il risarcimento dei danni morali conseguiti al reato di usura), era proseguita, su impulso di S.L.D. ai sensi dell’art. 156 disp. att. cod. proc. civ., dopo la conversione del sequestro in pignoramento ex art. 686 cod. proc. civ. (essendo stata pronunciata la sentenza di condanna esecutiva in favore del creditore), e si era conclusa con l’ordinanza di assegnazione opposta, emessa in favore del procedente S.L.D. e della Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. (quest’ultima, intervenuta nel processo esecutivo, ex art. 511 cod. proc. civ., quale creditore in surrogazione della C., essendo allo stesso titolo già intervenuta nel processo civile instaurato dalla C. nei confronti dello S.); l’assegnazione aveva ad oggetto somme, relative ad un certificato di deposito al portatore ed a due libretti di risparmio al portatore, di pertinenza dello S. per l’importo complessivo di 500 milioni di lire, che l’allora Banco Ambrosiano Veneto S.p.A., con dichiarazione di terzo resa all’udienza del 28 marzo 2000, aveva dichiarato che erano nella disponibilità dell’istituto di credito dichiarante e sottoposte a sequestro penale dal Tribunale di Roma. Dedusse l’opponente che il certificato di deposito ed i libretti al portatore erano stati svincolati ed estinti e le somme relative erano state restituite ad S.O. a seguito di provvedimento di dissequestro emanato dal giudice penale e di provvedimento di svincolo emesso dal Tribunale di Roma, adito ai sensi dell’art. 700 c.p.c. dal medesimo S. proprio al fine di ottenere la restituzione da parte della banca dell’uno e degli altri. Aggiunse l’opponente che, comunque, nessuna somma era dovuta ai predetti L. e BNL perchè i crediti vantati da L.F. e C.S. (danti causa di S. L.D.) nei confronti di S.O. erano stati assegnati a M.M., creditore in surroga dei detti creditori, in altra procedura esecutiva, conclusa con ordinanza di assegnazione pure opposta dalla medesima Intesa Sanpaolo S.p.a..

Il Tribunale di Roma, instaurato il contraddittorio in sede di merito, con sentenza pubblicata il 26 gennaio 2009, ha rigettato l’opposizione ed ha condannato l’opponente al pagamento delle spese di lite nei confronti dei creditori L. e BNL, nonchè nei confronti dell’avv. M. (chiamato in causa, malgrado fosse estraneo al processo esecutivo, in quanto assegnatario in altro processo, in forza di diverso titolo, delle medesime somme oggetto di deposito presso il Banco Ambrosiano Veneto S.p.A.), essendo rimasto contumace il debitore esecutato.

Avverso la sentenza, Intesa Sanpaolo S.p.A. propone ricorso straordinario per cassazione a mezzo di tre motivi, illustrati da memoria.

Gli intimati S.L.D., M.M. e Calliope s.r.l., cessionaria del credito di Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., e, per essa, la Pirelli Re Credit Servicing S.p.A., quale mandataria, si difendono con controricorso; il resistente avv. M. ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1.- Vanno esaminati congiuntamente i primi due motivi di ricorso, in quanto entrambi relativi ad una ritenuta pronuncia di condanna dell’istituto di credito a titolo di responsabilità, che la ricorrente assume essere stata fatta dal giudice del merito in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (primo motivo) e con motivazione insufficiente e contraddittoria (secondo motivo). In particolare, secondo la ricorrente la sentenza impugnata avrebbe rigettato l’opposizione "fondandosi su un addebito di responsabilità della banca terza pignorata mai introdotto nel giudizio", poichè nessuna delle parti opposte avrebbe avanzato siffatta domanda riconvenzionale risarcitoria; la sentenza avrebbe, quindi, accertato la responsabilità della banca terza pignorata, quale custode – ex art. 546 cod. proc. civ. – dei libretti di risparmio e del certificato di deposito oggetto di sequestro, e poi di pignoramento, per avere restituito ad S.O. le somme depositate e ne avrebbe perciò pronunciato la condanna al risarcimento dei danni per la violazione del dovere di diligenza imposto al terzo pignorato, quale custode delle cose assoggettate a vincolo. In conclusione, secondo la ricorrente, il Tribunale avrebbe pronunciato ultra petita e con motivazione viziata (perchè contraddittoria o comunque insufficiente) affermando che la banca avrebbe dovuto comunque "rispondere del suo comportamento" e così muovendo alla banca un addebito di responsabilità mai richiesto.

1.1.- Entrambi i motivi sono inammissibili poichè – così come d’altronde il quesito di diritto che assiste il primo ed il momento di sintesi che conclude il secondo – non pertinenti rispetto alla ratio decidendi ed al contenuto della sentenza impugnata.

Il Tribunale di Roma non si è pronunciato nè espressamente nè implicitamente nel senso presupposto dai motivi di ricorso.

La motivazione ed il dispositivo della sentenza riguardano esclusivamente la fondatezza del (secondo) motivo di opposizione agli atti esecutivi sotto il profilo – unico rilevante ai fini della decisione e tale considerato dal giudice di merito – dell’opponibilità al creditore sequestrante/pignorante ed al creditore intervenuto in via surrogatoria della restituzione delle somme pignorate al depositante da parte dell’istituto di credito depositario: ciò, in ragione del fatto che, prima di tale restituzione, era stato notificato atto di sequestro ex art. 678 cod. proc. civ. (poi convertitosi in pignoramento) e che, sempre prima della restituzione, il terzo depositario aveva reso dichiarazione positiva ex art. 547 cod. proc. civ., fatta salva la vigenza, all’epoca, di un sequestro penale, successivamente revocato.

Nell’affrontare la questione appena sintetizzata il Tribunale, occupandosi del secondo motivo di opposizione agli atti esecutivi (unico oggetto del presente ricorso), ha preso le mosse dal disposto dell’art. 2913 cod. civ.; ha quindi valutato la dichiarazione resa dal terzo ex art. 547 cod. proc. civ., ritenendola positiva in quanto era stata confermata l’esistenza di un deposito di somme nella titolarità di S.O. (debitore esecutato) per l’importo complessivo di lire 500 milioni, ancorchè colpito da sequestro penale; ha concluso nel senso che nè il dissequestro penale nè il provvedimento di restituzione adottato dal giudice civile in assenza di contraddittorio con i creditori presenti nella procedura per espropriazione presso terzi erano idonei a far venir meno il vincolo apposto col sequestro, poi convertito in pignoramento. Sebbene sia poco pertinente il richiamo dell’art. 2913 cod. civ., essendo nel caso immediatamente applicabile la norma dell’art. 2906 cod. civ., che fissa proprio quegli effetti del vincolo del sequestro che il giudice a quo ha preso in considerazione, la ratio decidendi della sentenza impugnata è resa evidente dall’intero impianto della motivazione ed, ancora, dalla statuizione di rigetto dell’opposizione. Quest’ultima altro non può stare a significare se non la conferma dell’ordinanza di assegnazione in favore di L. e BNL: è da escludere che il Tribunale si sia pronunciato su una domanda risarcitoria ed è invece da sottolineare che ha pronunciato rigorosamente entro i limiti della proposta opposizione, facendo oggetto della propria valutazione la persistenza del vincolo imposto col sequestro convertito in pignoramento e quindi la spettanza ai creditori, sequestrante/pignorante ed intervenuto in surrogazione, delle somme pignorate ed assegnate loro con l’ordinanza opposta.

1.2.- L’affermazione criticata dalla ricorrente secondo cui "il vincolo è ancora gravante su detti beni, ancorchè gli stessi non siano più presso il terzo pignorato, che è chiamato a rispondere del suo comportamento", che si pone a conclusione della parte motivazionale relativa al secondo motivo di opposizione, non esprime affatto la ratio decidendi in ordine a tale motivo, ma va intesa come volta ad esplicitare, sia pure con l’uso improprio dell’espressione "rispondere", che il comportamento tenuto dalla banca id est, l’adempimento nei confronti del proprio creditore della prestazione di restituzione delle somme oggetto del deposito bancario) non la esonera – per le ragioni svolte nell’intera parte della motivazione che precede le due righe di "chiusura" – dall’adempimento nei confronti dei creditori, sequestrante/pignorante e intervenuto in surrogatoria. In particolare, il Tribunale non ha mosso alla banca un addebito di responsabilità al fine di accertare un diritto al risarcimento in favore dei creditori, ma ne ha valutato il comportamento al fine di delibare l’inottemperanza dell’istituto di credito a quell’"intimazione … di non disporne senza ordine del giudice" che è l’elemento strutturale che connota il pignoramento presso terzi. L’effetto tipico dell’intimazione nei rapporti tra il terzo ed il suo creditore (debitore esecutato) è proprio quello di legittimarlo a rifiutare la prestazione dovuta in forza del rapporto che tra di loro intercorre; ulteriore effetto dell’intimazione – quindi del pignoramento, nonchè, per il rinvio operato dall’art. 2906 cod. civ., del sequestro – è quello di rendere inefficace nei confronti del creditore sequestrante/pignorante la prestazione eseguita dal terzo in favore del suo creditore (debitore esecutato) nonchè inopponibili (ex art. 2917 cod. civ.) tutti i fatti estintivi del credito sopravvenuti al sequestro/pignoramento (cfr., tra le altre, Cass. n. 12602/07, nonchè, quanto al sequestro, Cass. n. 959/79, su cui infra). Sono cioè indifferenti, rispetto al creditore sequestrante tutti gli atti di disposizione, compreso l’adempimento, dei crediti sequestrati intervenuti successivamente all’esecuzione del sequestro: tale principio è stato applicato in favore di S. L.D. avente causa dalla sequestrante, nonchè nei confronti di BNL, perchè creditore, intervenuto in sede cognitiva ex art. 2900 cod. civ., nei cui confronti era stata pure pronunciata la sentenza ex art. 686 cod. proc. civ. e quindi assegnatario ex art. 511 cod. proc. civ.; peraltro, mai è stata posta la questione dell’operatività del sequestro nei confronti di quest’ultimo (cfr.

Cass. n. 7218/97).

1.3.- Nel decidere sull’opposizione agli atti esecutivi, il Tribunale, che l’ha espressamente reputata ammissibile pur se proposta dal terzo (cfr. pag. 3 della sentenza), si è pronunciato sulla validità dell’ordinanza di assegnazione, che, appunto, il terzo ha interesse ad opporre perchè costituisce nei suoi confronti titolo esecutivo. Poichè questo soltanto è stato l’oggetto del giudizio, non sono pertinenti, e vanno perciò reputati inammissibili, i motivi di ricorso riferiti ad un’inesistente accertamento di responsabilità ex art. 546 cod. proc. civ..

2.- Col terzo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 1835 e 1997 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo la ricorrente sarebbe erronea la sentenza del Tribunale, perchè questo avrebbe ritenuto pignorati i crediti, laddove invece il pignoramento si sarebbe dovuto intendere come riferito ai titoli, cioè al certificato di deposito ed ai due libretti di risparmio al portatore. La conseguenza sarebbe, secondo la ricorrente, che non potendo considerarsi oggetto del sequestro, e quindi del pignoramento, somme di denaro, ma i relativi titoli rappresentativi, e non essendo più questi nella disponibilità materiale della banca, l’ordinanza di assegnazione emessa nei suoi confronti non sarebbe efficace e la banca, terza pignorata, potrebbe tutt’al più rispondere per i danni prodotti al creditore sequestrante per avere perso la disponibilità dei titoli, come da precedente di questa Corte riportato in ricorso.

2.1.- Si tratta della sentenza del 12 febbraio 1979 n. 959 che, peraltro, è del tutto conforme alle conclusioni raggiunte al precedente punto n. 1.2. ed è riferibile al caso di specie non per la parte indicata dalla ricorrente, relativa al sequestro di beni, bensì per la parte relativa al sequestro di crediti; rispetto a quest’ultima, e considerato l’illegittimo comportamento del terzo, consistente nell’aver pagato i crediti al debitore, la sentenza conclude affermando che il giudice dell’esecuzione "…omissis…quanto ai crediti, deve procedere ugualmente alla loro assegnazione o vendita, attesa l’inefficacia del pagamento effettuato dal terzo in pregiudizio del creditore (artt. 2906 e 2917 cod. civ.)". Il rapporto tra la banca terza pignorata ed il debitore esecutato è quello nascente dal contratto di deposito bancario, in ragione del quale la banca, che acquista la proprietà delle somme di denaro depositate, è obbligata alla loro restituzione, alla scadenza del termine convenuto o a richiesta del depositante (art. 1834 cod. civ.). Oggetto del sequestro conservativo presso il terzo da parte del creditore del depositante non può che essere il credito di restituzione da quest’ultimo vantato verso la banca depositarla.

Pertanto, nei rapporti tra la banca ed il depositante, con riferimento all’obbligazione di restituzione della prima, non rileva che, a fronte del deposito, siano stati rilasciati documenti di legittimazione al portatore (nel caso di specie, un certificato di deposito al portatore per la somma di lire 460.000.000 e due libretti di risparmio al portatore per la somma complessiva di lire 20.000.000, alla data della dichiarazione del terzo), nè va affrontata la questione della qualificazione degli stessi come titoli di credito (cfr., per il certificato di deposito al portatore, Cass. n. 18435/03; per i libretti di deposito a risparmio al portatore, tra le altre, Cass. n. 5131/98, n. 2058/00, n. 22328/07): nei rapporti diretti tra il cliente e la banca essi hanno funzione probatoria, in particolare, come recita l’art. 1835 cod. civ., le annotazioni sul libretto fanno piena prova nei rapporti tra la banca e il depositante (cfr. Cass. n. 13547/91, n. 422/00, n. 14014/02). L’idoneità al trasferimento del credito col trasferimento del possesso del certificato di deposito al portatore o del libretto di deposito a risparmio al portatore non rileva in fattispecie quale quella de qua.

Il pignoramento presso terzi di cose mobili, cioè di "cose del debitore che sono in possesso di terzi", che la ricorrente sostiene esservi stato nel caso di specie, presuppone che le cose mobili siano oggetto della prestazione che il terzo pignorato deve al debitore esecutato; nel caso di deposito bancario, invece, oggetto della prestazione che la banca deve al cliente, non sono certo i documenti probatori, ma sono le somme di denaro depositate, di cui, nei rapporti tra i naturali contraenti, il libretto di deposito a risparmio ed il certificato di deposito danno prova, documentando l’esistenza di un diritto di credito del cliente verso la banca.

Pertanto,, qualora il credito del depositante verso la banca sia oggetto di sequestro conservativo, nelle forme del pignoramento presso terzi, il vincolo riguarda il credito nella consistenza all’atto della notificazione del provvedimento di sequestro (cfr.

Cass. n. 336/95) e, nei rapporti tra la banca ed il cliente, il successivo pignoramento produce gli effetti del pignoramento dei crediti.

Pertanto, il terzo motivo di ricorso non è meritevole di accoglimento.

2.2.- Ove poi si dovesse intendere il motivo in parola come recante la doglianza che, nel caso di specie, non si sarebbe avuto un pignoramento del credito vantato dallo S. nei confronti del Banco Ambrosiano Veneto in forza del contratto di deposito di bancario, ma un pignoramento avente altro oggetto, esso sarebbe inammissibile perchè mai proposto come motivo di opposizione agli atti esecutivi nel grado di merito.

3.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in favore dell’avv. M.M. nell’importo complessivo di Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge, ed in favore di S.L. D. e di Calliope s.r.l., e per essa di Pirelli Re Credit Servicing S.p.A., quale mandataria, nell’importo di Euro 2.800,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) per ciascuno, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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