Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 20-04-2011) 26-09-2011, n. 34731 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 8 luglio 2010, il Tribunale di Savona – Sezione del riesame respingeva, ex art. 322 bis c.p.p., gli appelli proposti, con tre distinti atti di gravame, da: R.C., R.D. e da R.M. avverso il provvedimento in data 28 maggio 2010 con cui il GIP del Tribunale di Savona aveva rigettato l’istanza di dissequestro dei beni sottoposti a sequestro preventivo con decreto emesso dallo stesso GIP, ex L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies, in data 12 novembre 2009,avente ad oggetto: le quote sociali, aziende e ditte individuali di: Gold Menagement s.r.l.; New Generation s.a.s., Live Music s.a.s.; A Peso d’oro s.r.l.; Proposte d’oro di R. M., nonchè due beni immobili intestati a R.M. (immobile sito in comune di (OMISSIS); immobile sito in comune di (OMISSIS)) ed il conto corrente bancario n. (OMISSIS) acceso preso la BNL filiale di (OMISSIS), intestato a M.D..

In particolare, R.M. aveva richiesto il dissequestro degli immobili nonchè delle aziende e delle quote societarie di quattro diverse società alla stessa intestate e dell’impresa individuale "Proposte d’Oro", di cui era titolare; R.D. aveva richiesto il dissequestro della quota pari al 5% della s.r.l. "A Peso d’oro" allo stesso intestata e della partecipazione nella s.r.l. Gold Menagement; R.C. aveva richiesto il dissequestro della quota di partecipazione, a lui stesso pertinente, nella Gold Menagement s.r.l. e di quella nella s.r.l. "A Peso d’oro", pari al 35%.

Avverso la suddetta ordinanza ricorrono per cassazione, per tramite dei rispettivi difensori, R.C., R.D. e R. M..

All’odierna udienza, i ricorsi R.G. N. 44975/2010 e R.G. N. 45020/2010 venivano preliminarmente riuniti a quello R.G. n. 44971/2010.

Lamentano i ricorrenti, con un unico motivo, la violazione della L. n. 336 del 1992, art. 12 sexies, comma 4 e dell’art. 125 c.p.p. nonchè il vizio di mancanza e di mera apparenza della motivazione in ordine ai presupposti legittimanti il sequestro preventivo delle cose di cui è consentita la confisca. Premettono i difensori che M., C. e R.D. (i primi due figli del terzo) sono estranei al procedimento penale instaurato nei confronti di M.D. quale imputato di reati previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commessi in concorso con altri coimputati, tra (OMISSIS) oltrechè del delitto di detenzione illegale di arma comune da sparo, clandestina. Il Tribunale, secondo i ricorrenti, avrebbe affermato la legittimità dell’ordinanza di sequestro preventivo emessa del GIP, assumendo la riconducibilità all’imputato M.D. dell’amministrazione, gestione e controllo di fatto delle società, previa interposizione fittizia degli appellanti, sulla base di una serie di elementi di fatto il cui significato concludente era stato contestato negli atti di appello, non avendo l’accusa adempiuto all’onere di dimostrare rigorosamente la sussistenza di situazioni idonee ad avallare l’ipotesi del carattere formale dell’intestazione dei beni.

Assumono altresì i ricorrenti che, difettando in modo radicale la determinazione analitica del valore dei beni nonchè la valutazione dei valore d’uso e dei relativi costi, avrebbe dovuto ritenersi l’assoluta insussistenza del requisito cardine della "sproporzione" (ai fini dell’applicazione dell’istituto) tra le quantità dei beni e le altre utilità rispetto al reddito od all’attività economica esercitata dagli asseriti interponenti, stante l’impossibilità di procedere ad un raffronto tra i valori dei beni sequestrati – ivi inclusi gli immobili, le aziende e le quote di partecipazione societaria – e la situazione economico – patrimoniale dei predetti.

Nè potrebbe sussistere una ragionevole compatibilità cronologica, ai fini della formulazione di un giudizio di sproporzione tra l’arricchimento e l’attività criminosa, posto che l’acquisto dell’immobile non dissequestrato a R.M. e delle quote di partecipazioni societarie era avvenuto nell’anno 2002 mentre le condotte illecite attribuite al M.D. si collocavano tra il (OMISSIS), quindi molti anni dopo.

Ad escludere poi la natura fittizia della titolarità in capo a R. C. della quota della s.r.l. New Menagement, evidenzia il difensore che, come dimostrato dalla relazione dell’amministratore giudiziale successiva all’esecuzione del sequestro preventivo, la somma impiegata dal M. per acquistare tale quota avvenne grazie alla cessione, allo stesso, della somma di Euro 30.000, frutto dei risparmi di R.M..

Quanto a R.D. rimarca il difensore che l’accertata provenienza dallo stesso delle disponibilità investite nell’azienda depone in senso contrario a quanto sostenuto dal Tribunale, non essendo possibile riferire a M.D. finanziamenti provenienti da talune ditte di cui R.D. era socio, alle quali invece era estraneo il M..

In ordine alla posizione di R.M., la difesa, dopo aver sottolineato che difetta ogni determinazione del valore delle quote di partecipazione societaria detenute dalla predetta nonchè della impresa individuale di cui era titolare come pure dei beni immobili colpiti dal provvedimento di sequestro, censura l’ordinanza impugnata per aver omesso di indicare l’entità dei conferimenti eseguiti da R.M. e l’epoca in cui erano intervenuti, in relazione a ciascuna partecipazione societaria, sottolineando l’incoerenza logica di pretendere di dimostrare l’interposizione fittizia della ricorrente nella titolarità delle quote della s.r.l. Gold Menagement, dal fatto che il M., anch’egli socio, parlasse delle vicende della stessa società, nel corso di una conversazione con R.M., oggetto di intercettazione. Censurano inoltre i ricorrenti le ulteriori argomentazioni del Tribunale alla cui stregua si sarebbe ritenuto di desumere illogicamente la prova della interposizione fittizia posta in essere anche da R.D. e dal figlio C., dal fatto della pregressa relazione di convivenza tra M.D. e R.M. ovvero da altri elementi – del tutto vaghi indeterminati, comunque tali da non integrare indizio grave, preciso ed univoco del carattere meramente formale della intestazione a terzi dei beni sequestrati – costituiti dall’asserita "comunanza di interessi economici" tra questi ultimi ovvero dalla "conoscenza dell’illecito operato del M.".

Lamentano infine i ricorrenti come, con motivazione meramente apparente, il Tribunale sia giunto ad affermare, sulla base del contenuto dei dialoghi intercettati tra l’imputato, R.C. e R.D., asseritamente riferiti ad un "flusso di danaro" intercorso tra gli interlocutori, che vi sia stata interposizione fittizia, omettendo di indicare quali rimesse di danaro,di quali entità ed in relazione a quali periodi storici eventualmente provenienti dall’imputato M., furono impiegate dai ricorrenti per acquistare i beni sequestrati.

Conclusivamente tutti i ricorrenti instano per l’annullamento della impugnata ordinanza.

Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati e devono essere, per quanto di ragione, respinti con il conseguente onere del pagamento delle spese processuali a carico dei ricorrenti, ex art. 616 c.p.p..

Va in primo luogo osservato che, a norma dell’art. 325 c.p.p., avverso l’ordinanza emessa dal tribunale in sede di riesame del provvedimento in materia di sequestro preventivo, è proponibile ricorso per cassazione, esclusivamente per violazione di legge:

assunto peraltro condiviso dagli stessi ricorrenti che, sulla scorta di un ben noto orientamento della giurisprudenza di legittimità, qualificano violazione dell’art. 125 c.p.p. (che impone l’obbligo della motivazione anche per le ordinanze) anche il "difetto assoluto di motivazione" o "la mera apparenza" della motivazione, ma non – ovviamente – la "manifesta illogicità della motivazione".

Ciò posto, ritiene il Collegio che l’ordinanza impugnata sia del tutto immune dai vizi denunziati dai ricorrenti, avendo il Tribunale di Savona – Sezione del riesame – esplicitato, nell’ambito della summaria cognitio propria del procedimento disciplinato dall’art. 322 bis c.p.p., e di un accertamento provvisorio sulla ritenuta sproporzione del valore dei beni, con argomentazioni strettamente ancorate alle risultanze processuali acquisite e concretamente esaustive, le ragioni che, in corretta applicazione della normativa de qua (come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità: cfr.

Sez. 6 n. 5452/2010) hanno condotto al rigetto degli appelli proposti avverso il provvedimento del GIP di reiezione delle istanze di dissequestro.

Al fine di sostenere la interposizione fittizia dei ricorrenti all’imputato M.D. – quale effettivo titolare delle quote societarie e degli immobili sottoposti a sequestro prevenivo ex L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies – allo scopo di favorire la permanenza dell’acquisizione dei beni in capo al predetto onde salvaguardarlo dal pericolo della confisca, il Tribunale ha condivisibilmente evidenziato gli elementi in tal senso più rilevanti, emersi dall’informativa della Questura di Savona – Squadra Mobile del 3 luglio 2009; dall’Informativa della Guardia di Finanza di Savona – Nucleo di Polizia Tributaria del 23 giugno 2009; dalla relazione dell’Amministratore giudiziario del 9 dicembre 2009 nonchè dal contenuto di alcune intercettazioni telefoniche – atti tutti richiamati nel provvedimento del GIP – ; elementi che così possono riassumersi:

– il rapporto di stretta parentela esistente tra i tre ricorrenti nonchè la relazione di convivenza intercorsa tra R.M. ed il M.;

– l’identità dell’oggetto sociale (commercio di oro e di pietre preziose) sia della s.r.l. Gold Menagement, di cui erano soci il M., R.M. e R.C. sia delle società o delle ditte individuali di cui erano rispettivamente titolari i ricorrenti: A Peso d’Oro s.r.l.; Proposte d’oro di R.M.;

– il significativo "interesse" mostrato dal M. sull’andamento delle vendite e dei ricavi anche delle società di cui non era socio ed invece formalmente partecipate dai soli ricorrenti, come evidenziato dall’informativa di P.G. nel corso delle indagini e da talune conversazioni telefoniche intercettate tra R.M. e lo stesso M. nelle quali i due avevano esaminato la situazione di bilancio di dette società e dalle quali era emerso che il M. era intervenuto "per risolvere alcune problematiche inerenti i negozi liguri" facenti capo alla s.r.l. A Peso d’oro ed alla ditta individuale Proposte d’oro (entrambe allo stesso del tutto formalmente estranee) in relazione al licenziamento od allo spostamento di dipendenti od all’acquisto di mezzi sui quali installare cartelloni pubblicitari;

– i trasferimenti di cospicue somme di danaro dal M. alla R.M. – oggetto di due conversazioni telefoniche intercettate il 29 ed il 30 aprile 2009 – tali da costituire vere e proprie operazioni di "riciclaggio di danaro" divenute possibili grazie alla complicità di una funzionaria di banca – significativamente legata alla R. – che si era resa disponibile ad omettere i controlli e le registrazioni imposte dalla legge;

– la verosimile sproporzione – ovviamente valutata e verificata entro il limite della sommaria acquisizione delle risultanze, imposta dal procedimento cautelare – tra il valore dei singoli cespiti, sottoposti a sequestro preventivo ed i redditi "dichiarati ai fini delle imposte sui redditi" (cit. art. 12 sexies) e le disponibilità personali dei ricorrenti poichè:

A. R.M. era risultata intestataria di quattro immobili,acquistati in un arco di tempo compreso tra il 2002 ed il 2008, a fronte di redditi dichiarati, negli anni dal 2001 al 2008, in misura assolutamente sproporzionata,siccome compresi tra Euro 33.152 per il 2005 ed Euro 49.313 per il 2008;

B. R.C., privo di redditi provenienti da fonte diversa dalla sua partecipazione nelle società de quibus, aveva presentato dichiarazioni dei redditi sostanzialmente negative;

C. R.D. – che aveva ammesso, nel corso dell’udienza dinanzi al Tribunale del riesame, di esser pensionato delle F.S. e di aver lavorato nelle società partecipate anche dai figli – aveva dichiarato redditi esclusivamente provenienti da altra attività (Musicale International soc. coop. a r.l.);

D. M.D. aveva dichiarato, ai fini delle imposte sui redditi, la somma di L. 8.507.000 per l’anno 2000; redditi insussistenti negli anni dal 2001 al 2003 e non aveva poi presentato la relativa dichiarazione per gli anni successivi;

– le numerose operazioni di finanziamento e di rifinanziamento della s.r.l. A Peso d’oro (della cui compagine sociale non faceva parte formalmente il M.), collocate in un arco di tempo compreso tra il (OMISSIS) le cui fonti (secondo quanto accertato dall’Amministratore Giudiziario) erano state volutamente rese difficili da individuare, perchè spesso eseguite in contanti;

– il mancato, effettivo passaggio di danaro cui avrebbero dovuto dar luogo le operazioni di cessione di rami di azienda da A Peso d’oro s.r.l. e Gold Menagement s.r.l. a Orogenesi s.r.l. (partecipata, per il 40% da R.M. e, per pari quota, da R.C., oltrechè per il restante 20%, da altri soci) di guisa da risultare palesi, anche sotto tale profilo, rilevanti legami finanziari tra le tre società nonchè le modalità antieconomiche con le quali la Gold Menagement s.r.l. aveva ceduto il proprio negozio di gioielleria cui aveva fatto seguito un anomalo disinteresse dei soci ovverosia del M., di R.M. e di R.C., evidentemente più "interessati" ad altre operazioni, occultate dalle interposizioni fittizie.

Appare obiettivamente al Collegio assai arduo contestare le conclusioni cui – premesse le riferite emergenze sia pur sommariamente valutate – era giunto il Tribunale del riesame di Savona in corretta e legittima applicazione del disposto del cit. art. 12 sexies.

Atteso il rilevante flusso di danaro (come dimostrato dalle conversazioni telefoniche intercettate nell’aprile 2009) trasferito dal M. alla R.M.; danaro di illecita provenienza di guisa da esser necessario "ripulirlo" (con operazioni di vero e proprio riciclaggio) – risultando peraltro il M. privo di redditi e la stessa percipiente ( R.M.) titolare di modesti redditi "dichiarati" – non pare possa dubitarsi che dietro alle attività delle società di proprietà dei ricorrenti "si celasse il M." che si era dimostrato si fosse ingerito nella gestione di società da lui stesso non formalmente partecipate, posta anche la non trascurabile circostanza dei numerosi conferimenti eseguiti con in danaro contante, in favore di dette società: come tali di pressochè impossibile "tracciabilità" quanto all’individuazione della fonte lecita di provenienza. La modesta entità dei redditi dichiarati da R.M. negli anni dal 2006 al 2008 (allorchè si occupava solamente della gestione ed amministrazione delle citate società e ditte individuali, senza percepire da esse utili o dividendi, verosimilmente destinati al soggetto interposto nella veste di reale titolare delle stesse) inducono indiziariamente a ritenere che anche gli acquisti dei due immobili, rimasti sottoposti a sequestro, siano stati resi possibili grazie ai "finanziamenti" provenienti dal M., in esito ad una valutazione critica e sistematica delle suddette emergenze.

Gli evidenziati legami di parentela tra i ricorrenti (circostanza indubbiamente rilevante ai fini del buon successo della programmata interposizione fittizia, tenuto conto, per altro verso, della relazione di convivenza tra l’imputato e R.M., quale Imprescindibile primum movens di tutte le operazioni a cui deve farsi pacificamente risalire la consapevolezza dell’illecita attività svolta dal M.) oltrechè la incontestabile sproporzione tra redditi personali di tutti i ricorrenti a fronte dell’acquisita disponibilità delle quote societarie valgono ad integrare, allo stato dell’apprezzamento delle risultanze, gravi elementi indiziari legittimamente valutati dal Tribunale del riesame per giudicare correttamente applicato nei confronti dei ricorrenti,il disposto del cit. art. 12 sexies. Da ultimo va ancora rilevato che per consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. ex multis: Sez. 1 n.8404 – 2009;

Sez. 3 n. 38429/2008; Sez. 5 n. 5111/1998), richiamata quest’oggi anche dal Procuratore Generale, ai fini dell’applicazione della confisca di cui alla L. n. 392 del 1992, art. 12 sexies (cui è ovviamente prodromico il sequestro preventivo) non è richiesto l’accertamento di un nesso di pertinenzialità tra bene da confiscare e reato non restando esclusa la confisca dal fatto che i beni siano stati acquisiti in epoca anteriore al reato per cui è intervenuta condanna.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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