Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-09-2011) 27-09-2011, n. 34956

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 25.03.2011, oggetto dell’odierno scrutinio di legittimità, il Tribunale di Napoli, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., confermava, rigettando la relativa richiesta di riesame, l’ordinanza con la quale il GIP di quel Tribunale aveva disposto a carico di G.R. la misura cautelare della custodia in carcere dappoichè gravemente indiziato del reato di tentato omicidio in danno di D.C.G.; in (OMISSIS).

A sostegno della decisione il Tribunale sintetizzava dapprima i fatti di causa, rilevando che l’indagato, dopo aver litigato per futili motivi con la vittima presso un panificio (OMISSIS) ove quest’ultima era impiegata, litigio nel corso del quale i due si erano scambiati schiaffi e pugni, e dopo essersi allontanato, aveva fatto ritorno sui luoghi anzidetti armato di pistola, con la quale aveva esploso due colpi all’indirizzo dell’avversario, colpendolo alla natica sinistra ed alla gamba destra.

Su tali premesse in fatto respingeva quindi il tribunale la tesi difensiva, volta ad una riqualificazione della contestazione omicidiaria in quella di lesioni aggravate osservando che:

– il G. si era armato di pistola dopo il litigio con l’evidente scopo di punire l’avversario;

– la pistola è arma idonea a provocare la morte della persona attinta dai colpi con essa esplosa;

– l’indagato aveva esploso due colpi in sequenza;

– la vittima era stata colpita in due parti diverse del corpo, una delle quali vicina all’arteria femorale la quale, se recisa, avrebbe potuto causare la morte del D.C.;

– il secondo colpo aveva raggiunto il D.C. mentre questi, attinto dal primo sparo, era riverso a terra.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’anzidetto indagato, personalmente, denunciandone l’illegittimità per violazione di legge, in particolare deducendo:

a) che l’aver colpito la vittima alla gamba esprime un dato soggettivo di comune esperienza e cioè che si intende ferire e non uccidere;

b) che anche la posizione supina assunta dalla vittima al momento del secondo sparo comprova la volontà diversa dell’indagato da quella omicidiaria, dappoichè quella posizione favorisce, se voluto, lo scopo di uccidere.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

Ed invero la difesa pone a fondamento della sua doglianza una ricostruzione dei fatti di causa tipicamente alternativa a quella motivatamente sostenuta dai giudicanti, logicamente assumendo che l’indagato sparò verso la vittima senza intento omicida, intento, viceversa, sostenuto dal tribunale in forza delle argomentazioni appena sintetizzate.

Ciò posto giova rammentare che la funzione dell’indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di sindacare l’intrinseca attendibilità dei risultati dell’interpretazione delle prove e di attingere il merito dell’analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici con la conseguenza che ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un’altra, ancorchè altrettanto logica (Cass. 5.12.02 Schiavone; Cass. 6.05.03 Curcillo). Orbene, nel caso in esame il Tribunale è pervenuto alla conferma della legittimità e correttezza della contestazione omicidiaria all’esito di una deduzione logica coerente e non contraddittoria, valorizzando precise ed oggettive circostanze di fatto (quelle innanzi indicate) di guisa che oltre essa v’è spazio unicamente per il giudizio di merito, improponibile in questa sede di legittimità. 4. Il ricorso è pertanto inammissibile ed alla declaratoria di inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in Euro 1000,00.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende. DISPONE trasmettersi a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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