Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-09-2011) 27-09-2011, n. 34955 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 12.04.2011, oggetto dell’odierno scrutinio di legittimità, il Tribunale di Lecce, costituito ai sensi dell’art. 310 c.p.p., confermava, rigettando il relativo appello, l’ordinanza con la quale il GIP del Tribunale di Brindisi aveva negativamente valutato l’istanza di L.G. volta alla modifica, con quella degli arresti domiciliari, della misura cautelare in carcere a suo tempo disposta a suo carico, dappoichè accusato del porto e della detenzione di un fucile a canne mozze nonchè della ricettazione di tale arma.

A sostegno della decisione il Tribunale poneva la sentenza di prime cure, ormai nel frattempo maturata, e la condanna con essa inflitta all’istante di anni quattro di reclusione, nonchè l’irrilevanza, quale novum rispetto al momento genetico della misura, di tale pronuncia, attesa la persistenza di gravi esigenze cautelari, desumibili dalla personalità dell’imputato e dai i suoi gravi precedenti.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’anzidetto imputato, con l’assistenza del difensore di fiducia, denunciandone l’illegittimità per difetto della motivazione, in particolare deducendo:

a) che il giudice territoriale aveva erroneamente valorizzato, ai fini del giudizio, la irrevocabilità della sentenza di prime cure, sentenza, viceversa, in pendenza del termine per l’impugnazione;

b) che i precedenti, anch’essi valorizzati ai fini della decisione impugnata, in realtà risalirebbero ad un decennio prima dei fatti di causa;

c) che la Corte di Appello di Lecce, con pronuncia del 30.4.2009, aveva escluso l’attualità di uno stato di pericolosità riferibile al L., tanto da annullare il decreto dispositivo della misura della sorveglianza speciale;

d) che il fatto per il quale è intervenuta la condanna dell’istante risulterebbe caratterizzato, per un verso, da una condotta consumata, in concorso con altri, di minore gravità rispetto a quella del concorrente, colto invece nell’atto di imbracciare l’arma e, per altro verso, dalla immediata disponibilità dell’imputato a consegnarsi alle forze dell’ordine senza alcuna resistenza.

3. Il ricorso è infondato.

Come opportunamente rilevato dal giudice territoriale, l’istanza difensiva si fonda, per un verso, sul novum costituito dall’intervenuta sentenza di condanna di prime cure (erroneamente qualificata da giudice a quo come definitiva, ma in realtà tutt’ora in pendenza del giudizio di appello) e, per altro verso, sul decorso del tempo della detenzione preventiva in carcere sin qui sopportata.

Al primo argomento il Tribunale ha opposto che la condanna intervenuta non incide sulla permanenza di esigenze cautelari diverse da quelle collegate alla possibilità di inquinamento probatorio e riferite alla pericolosità sociale dell’interessato, persistenti, allo stato, – secondo avviso del giudice territoriale – per la gravità della condotta giudicata e per i precedenti dell’imputato.

Alla successiva deduzione ha invece replicato il giudice del riesame osservando che pochi mesi non risultano tempo apprezzabile, in assenza di dati diversi e significativi, per ritenere superate le esigenze anzidette.

Trattasi, nell’un caso e nell’altro, di motivazione coerente con le regole della logica e rispettosa di quelle processuali disciplinanti la fattispecie, alla quale la difesa oppone, per quanto detto, considerazioni di merito improponibili in questa sede.

Di merito è infatti la valutazione difensiva circa la significatività dei precedenti a carico dell’imputato, la sintomaticità processuale del buon esito del giudizio di prevenzione del 2009 (anteriore ai fatti di causa, annota opportunamente il tribunale, eppertanto ininfluente sull’attualità della nuova condotta criminosa consumata nel 2010) la minore gravità della condotta giudicata rispetto a quella tenuta dal concorrente nel reato.

4. Non ricorre pertanto nel caso di specie il lamentato vizio di motivazione, di guisa che l’ordinanza impugnata non merita censure di legittimità.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. DISPONE trasmettersi a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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