Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-09-2011) 27-09-2011, n. 34945Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Tolmezzo, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava in data 27 dicembre 2010 l’istanza con la quale P. D. aveva chiesto l’annullamento del provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena, a suo avviso erroneamente disposta dal Tribunale di Udine con sentenza del 2 ottobre 2001, confermata dalla Corte di Appello di Trieste con sentenza del 21 luglio 2006.

A sostegno della decisione il Tribunale osservava che il G.E. non è nella potestà di revocare una revoca della sospensione condizionale della pena disposta in sede di cognizione ordinaria, dappoichè impugnabile detto provvedimento nelle forme previste dall’ordinamento per l’impugnazione delle sentenze e che appariva manifestamente infondata la questione di costituzionalità difensivamente illustrata in relazione alla legittimità dell’art. 674 c.p.p., nella parte in cui non consente al G.E. l’adozione di un provvedimento di revoca del provvedimento di revoca illegittimamente disposto dal giudice della cognizione. Con lo stesso provvedimento il Tribunale di Tolmezzo accoglieva la distinta domanda della P. volta all’applicazione della disciplina di favore di cui all’art. 671 c.p.p. in relazione a due sentenze di condanna, determinando in anni 2 e mesi 5 di reclusione l’aumento di pena per i fatti giudicati dal Tribunale di Udine il 2.10.2001 ed aggiungendo tale sanzione alla pena base indicata dalla pronuncia relativa al reato ritenuto più grave.

2. Avverso detto provvedimento propone ricorso per cassazione la P., assistita dal difensore di fiducia, che con esso illustra due motivi di doglianza.

2.1 Col primo di essi ripropone la difesa ricorrente la questione di costituzionalità rigettata in prime cure, ancora richiamando gli artt. 3 e 24 Cost., e ribadendo la valutazione della sua non manifesta infondatezza, sul rilievo che l’art. 674 c.p.p. violerebbe il principio del favor rei là dove venga interpretato nel senso di ritenere possibile la dichiarazione di revoca da parte del G.E., non consentendogli però di eliminare la revoca eventualmente disposta contra legem.

2.2 Col secondo motivo di impugnazione censura la difesa ricorrente la severità dell’aumento di pena deciso dal giudice territoriale in sede di applicazione della disciplina di cui all’art. 671 c.p.p., giacchè omessa la indicazione delle ragioni a sostegno della decisione, essendosi limitato il Tribunale a richiamare le motivazioni illustrate dal Giudice della cognizione in sede di decisione sulla pena per il reato assunto come più grave.

3. Il P.G. in sede, con motivata requisitoria scritta, concludeva per il rigetto del ricorso.

4.1 E’ manifestamente infondata la proposta questione di legittimità costituzionale.

La disciplina infatti dell’art. 674 c.p.p., in forza della quale il G.E. ha il potere giurisdizionale di revocare la sospensione condizionale della pena non disposta in sede di cognizione, integra un caso del tutto diverso da quello dedotto dalla difesa, in cui il giudice della cognizione ha deciso nel senso che fosse legittima la revoca del beneficio.

Nel caso contemplato dalla legge vi è infatti una omissione non deliberata dal giudice della cognizione, tant’è che, nella ipotesi in cui il giudice della cognizione avesse deciso motivatamente di non revocare il beneficio, giammai potrebbe il G.E. andare di contrario avviso, giacchè, come nell’ipotesi prospettata difensivamente, si verificherebbe una illegittima violazione del giudicato. Nessuna violazione del principio di uguaglianza è pertanto prospettabile, ancorchè nelle forme della non manifesta infondatezza, nè, tanto meno, violazione di diritti difensivi, avendo avuto l’interessato la possibilità di impugnare il capo della sentenza ritenuto aggi in violazione di un suo diritto.

4.2 Manifestamente infondata si appalesa, altresì, la censura di merito, di palese ed evidente genericità.

Ed invero il G.E. ha provveduto alla determinazione della pena a titolo di continuazione richiamando e riaffermando ragioni decisive ai fini della decisione da assumere, e cioè la pluralità e la gravità degli episodi criminosi, i plurimi precedenti penali e l’atteggiamento del condannato rispetto ai fatti giudicati, criteri pienamente legittimi se assunti a fondamento della decisione sulla pena e la cui indicazione soddisfa pienamente le relative esigenze motivazionali sul punto (Cass., Sez. 1, 01/10/2009, n. 40176).

5. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 c.p.p. e di una somma in favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo fissare in Euro 1000,00.

P.Q.M.

la Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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