Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-07-2011) 27-09-2011, n. 34860 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano ricorre in cassazione avverso la sentenza, pronunziata ai sensi dell’art. 444 c.p.p. in data 25.02.2011, dal GUP presso il Tribunale di Milano che ha applicato all’imputato I.L. la pena di anni 3 mesi 7 di reclusione Euro 5000,00 di multa per il reato di cui all’art. 81 cpv. c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e commi 1 e 1 bis, commesso il (OMISSIS), pena complessiva, ritenuta la continuazione con i fatti giudicati con la sentenza 1937/08 della Corte d’Appello di Milano che aveva ritenutola continuazione tra i delitti giudicati con le sentenze 112219/07 e 11531/07 del Tribunale di Milano e determinato la pena complessiva in anni 1 mesi 9 di reclusione Euro 4000,00 di multa.

Il GUP ha ritenuto più grave il reato giudicato con la sentenza 11229/07 e applicato l’aumento complessivo per i fatti della presente imputazione in anni 2 mesi 9 di reclusione Euro 1500 di multa, ridotta per il rito ad anni 1 mesi 10 di reclusione Euro 1000,00 di multa.

Con un primo motivo si censura la determinazione del reato più grave, erroneamente ritenuto dal Gup quello della sentenza 11229/07, che aveva giudicato un’ ipotesi di spaccio di gr.5,39 di cocaina ed in relazione al quale era stata applicata l’attenuante del cit. articolo, comma 5 ed inflitta la pena di anni 1 mesi 6 di reclusione di seguito a giudizio abbreviato.

Appare perciò evidente, per il ricorrente, l’errore commesso dal GUP, nel non ritenere più grave il reato del presente procedimento, che riguarda lo spaccio di kg.2, 1633 di cocaina e che certamente non può rientrare nell’ipotesi attenuata.

Censura, comunque, l’applicazione dell’istituto della continuazione mancando l’elemento psicologico non potendosi ravvisare unicità del disegno criminoso in fatti commessi ad oltre tre anni di distanza.

Con un secondo motivo si denuncia altra violazione di legge eccependosi la preclusione della possibilità di ricorrere al rito di cui all’art. 444 c.p.p., essendo stata contestata la recidiva reiterata, specifica infraquinquennale completamente non tenuta in conto dal GUP. Con memoria scritta, depositata tempestivamente, l’imputato chiede che il primo motivo venga dichiarato inammissibile richiamando la giurisprudenza di legittimità secondo cui, una volta intervenuto l’accordo ex art. 444 c.p.p., non è più consentito alle parti prospettare questioni e sollevare censure in ordine sia alla sussistenza e qualificazione del fatto che alla quantificazione della pena.

Si chiede che venga, poi, ritenuto infondato il secondo motivo atteso che le S.U. hanno ritenuto applicabile il c.d. patteggiamento allargato anche nei confronti dei soggetti cui è stata contestata la recidiva reiterata.

Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.

Quanto al primo motivo la violazione di legge, nella specie della disposizione dell’art. 81 c.p., è di tutta evidenza atteso che la lettera della norma prevede che " è punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo….".

Orbene, per quanto riguarda l’accertamento del reato più grave, la giurisprudenza di questa corte ha affermato costantemente il principio (V. da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 34382 del 14/07/2010 Ud.

Rv. 248247) secondo cui in tema di reato continuato, per la determinazione della violazione più grave il giudice deve fare riferimento alla pena edittale prevista per ciascuno dei reati, con la conseguenza che più grave deve essere considerata la violazione punita più severamente dalla legge. Ma nel caso in cui, come quello di specie, cioè in ipotesi di contestazioni analoghe, aventi cioè ad oggetto la violazione della stessa disposizione di legge, sebbene commesse in tempi diversi, per le quali ovviamente è applicabile la stessa pena edittale, la violazione più grave va verificata in concreto (in tal senso V. Sez. 5, Sentenza n. 12765 del 09/02/2010 Ud. Rv. 246895) in riferimento alla gravità del fatto, desunto dalle modalità dell’azione ed, in caso del delitto di spaccio di sostanze stupefacenti, anche considerando la quantità e la qualità di sostanza ceduta. Nel caso che ci occupa, il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, ritenuto più grave ai fini della continuazione è stato indicato in quello oggetto della sentenza dal Tribunale di Milano n. 11229/2007 che aveva giudicato un’ipotesi di spaccio di gr 5,39 di cocaina per il quale era stata applicata l’attenuante d cui al richiamato art. 73, comma 5, mentre non è stata ritenuta violazione più grave quella oggetto della contestazione dell’impugnata sentenza riferentesi allo spaccio di ben kg. 2,163 di cocaina e in relazione alla quale non è stata concessa l’attenuante speciale richiamata. Anche il secondo motivo è fondato.

Indipendentemente dalla questione se sia ammissibile il c.d. patteggiamento allargato nelle ipotesi in cui sia stata contestata la recidiva specifica, infraquinquennale e reiterata, ciò che rileva e rende il patto nullo è che nel calcolo della pena la recidiva non è stata presa in considerazione nè vi è una valutazione del giudice di esclusione della stessa. Pertanto la pena è stata determinata in maniera non corretta in quanto non si è tenuto conto di un’aggravante specificamente contestata.

I rilievi di cui alla memoria dell’imputato non sono condivisibili per quanto argomentato.

La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Milano.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Milano, per il giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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