Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-02-2012, n. 1848 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 9.1.2007, la Corte di Appello di Torino respingeva l’appello proposto dalla s.p.a. delle Poste Italiane, confermando la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto stipulato, per esigenze eccezionali connesse alla fase di ristrutturazione, ex art. 8 ccnl 1994, per il periodo dal 1.3 al 30.6.2000 con L.S. e la natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro subordinato intercorso tra le parti. Rilevava la Corte che non era emerso dagli atti alcun dato in ordine alla connessione tra la posizione del lavoratrice e le eventuali esigenze eccezionali connesse con la fase di ristrutturazione in corso; quanto al risarcimento del danno, affermava che l’offerta di prestazione lavorativa era stata correttamente individuata con la decorrenza indicata dal giudice di primo grado in concomitanza con la ricezione della richiesta per il tentativo obbligatorio di conciliazione.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la società, affidando l’impugnazione ad unico motivo, illustrato in memoria.

Resiste con controricorso la L., che propone ricorso incidentale condizionato con due motivi, cui resiste la società, con controricorso. Entrambe le parti hanno illustrato i rispettivi motivi con memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Va, preliminarmente, disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con l’unico motivo di ricorso la società deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( art. 360 c.p.c., n. 3), in relazione alla L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 e violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., e segg., in relazione all’accordo del 25.9.1997 e successivi accordi integrativi ( art. 360 c.p.c.., n. 3), assumendo che non vi era nessun riferimento nel testo dell’accordo collettivo alla esigenza della specificazione delle esigenze eccezionali nel singolo ufficio e che non si spiegherebbe, secondo l’interpretazione della Corte territoriale, l’imposizione all’autonomia collettiva dell’obbligo di fissare un limite quantitativo alle assunzioni a termine effettuate in base alle fattispecie pattizie; evidenziando, ancora l’errore prospettico della Corte territoriale, considerati i caratteri della delega rilasciata alle parti sociali dalla L. n. 23 del 1987, art. 23 e la censurabile lettura della L. n. 56 del 1987, art. 23, oltre che la concorrente violazione delle regole ermeneutiche di cui all’art. 1362 c.c., e segg. (criterio letterale e comportamento delle parti posteriore alla stipulazione dell’accordo.

Di contro, la L. sostiene nell’unico motivo del ricorso incidentale, condizionatamente proposto, l’omessa motivazione della sentenza in ordine a circostanze controverse e decisive per il giudizio, con riferimento alla mancata disamina della questione relativa alla efficacia temporale della causale di assunzione a termine introdotta con l’accordo integrativo del 25.9.1997, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, al ritenuto assorbimento della questione inerente l’eccepito mancato rispetto dei limiti numerici alle assunzioni previsti dalla contrattazione collettiva, ed alla mancata indicazione, in alcuni dei contratti, del nominativo dei soggetti sostituendi. Sollecita, poi, il potere correttivo della motivazione della pronunzia impugnata, da parte di questa Corte.

La società ricorrente in sostanza lamenta che la sentenza impugnata si fonda sull’erroneo pregiudizio secondo cui della L. n. 56 del 1987, art. 23, non consentirebbe all’autonomia collettiva di costruire fattispecie legittimanti assunzioni a termine collegate a situazioni (oggettive o soggettive) tipicamente aziendali e che non siano direttamente collegate ad occasioni precarie di lavoro.

La ricorrente deduce, infatti, che l’art. 8 del ccnl del 1994, così come integrato dall’accordo 25-9-97, subordinava la sua applicazione unicamente all’esistenza di un processo di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali dell’azienda, per cui l’interpretazione di tale accordo compiuta dalla Corte torinese "risulta viziata, oltre che dall’erronea lettura della L. n. 56 del 1987, art. 23, che ha condizionato, viziandola irrimediabilmente, anche la successiva esegesi della disciplina contrattuale, anche dall’autonoma e concorrente violazione delle regole ermeneutiche legali di cui all’art. 1362 c.c., e segg. (ed in particolare del criterio letterale e del comportamento delle parti posteriore alla stipulazione)".

Il motivo non può essere accolto, anche se la motivazione della sentenza merita di essere in parte corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., come più volte affermato da questa Corte in casi analoghi di ricorsi avverso sentenze dello stesso tenore (v. fra le altre Cass. 24-3-2009 n. 7042, Cass. 22-1-2009 n. 1626, Cass. 7/1/2009 n. 41, Cass. 12-11-2008 n. 27030, Cass. 19-11-2008 n. 27470).

In base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al D.Lgs. n. 368 del 2001), sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, è stato precisato che "l’attribuzione alla contrattazione collettiva, della L. n. 56 del 1987, ex art. 23, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato" (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063,v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n. 14011). "Ne risulta, quindi, una sorta di "delega in bianco" a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato." (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).

In tale quadro, ove, però, un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive, la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23/8/2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).

In particolare, quindi, come questa Corte ha più volte affermato, "in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1" (v., fra le altre, Cass. 1/10/2007 n. 20608, Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.).

In base al detto orientamento, ormai consolidato, deve quindi ritenersi illegittimo il termine apposto al contratto in esame per il solo fatto che lo stesso è stato stipulato dopo il 30 aprile 1998 ed è pertanto privo di presupposto normativo (tale considerazione è stata considerata assorbita dalla Corte di Torino in ragione della ritenuta necessità della prova del collegamento concreto della assunzione de qua con la ristrutturazione in atto). Nè a diverse conclusioni può giungersi dall’esame dell’accordo del 18.1.2001, ovvero della disposizione di cui all’art. 25 del c.c.n.l. del 2001, pure invocati dalle Poste a sostegno del proprio assunto.

Si ha riguardo ad un accordo – stipulato ad oltre due anni di distanza dall’ultima proroga – che non potrebbe coprire mai il "vuoto" normativo creatosi nel periodo precedente, rendendo legittimi comportamenti posti in essere in contrasto con norme imperative di legge. Ed in ogni caso il nuovo accordo non potrebbe mai travolgere diritti già acquisiti nel patrimonio di terzi ne periodo intermedio (cfr. in termini Cass. n. 15331 del 7.8.2004).

Risulta, dunque, irrilevante il richiamo all’art. 25 del c.c.n.l. del 2001, sia perchè esso si riferisce chiaramente alle sole assunzioni da effettuare dopo l’entrata in vigore del nuovo contratto, sia perchè la possibilità di procedere ad assunzioni a termine "per esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione" è subordinata all’esito di confronto con la controparte sindacale a livello nazionale ovvero a livello regionale, il che, a ben vedere, conferma l’inesistenza di qualsiasi pregresso accordo generale per tale tipo di assunzioni.

In tal senso, quindi, va respinto il ricorso, in parte correggendosi, come sopra, la motivazione dell’impugnata sentenza, non essendo stata, peraltro, avanzata alcuna altra censura, che riguardi in qualche modo le conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva del termine ed il capo relativo al risarcimento del danno. Al rigetto del ricorso principale nei termini indicati consegue l’assorbimento del ricorso incidentale condizionatamente proposto e quanto alle spese del presente giudizio, il relativo onere di pagamento, nella misura di cui in dispositivo, cede a carico della società, per il principio della soccombenza, con distrazione degli onorari in favore del procuratore della L., Avv. Maurizio Scavone, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 50,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A., con attribuzione all’avv. Maurizio Scalone per dichiarazione di anticipo fattane.

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