Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-07-2011) 27-09-2011, n. 34902

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso – L’odierno ricorrente era stato accusato di più episodi di detenzione e vendita di prodotti (CD e DVD) contenenti riproduzioni di opere tutelate dal diritto d’autore ma privi del prescritto contrassegno SIAE. A seguito di appello del P.M. e dell’imputato la Corte, con la sentenza qui in esame, ha assolto l’imputato da alcune imputazioni in ragione della loro epoca di commissione ma, rideterminata la pena, ha ribadito la responsabilità del M. per i restanti fatti di cui all’art. 648 c.p. e L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, contestatigli.

Avverso tale decisione, l’imputato ha proposto ricorso, personalmente, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione facendo notare che, onde evitare che l’apposizione del contrassegno si risolva in un ostacolo alla circolazione dei beni nell’ambito comunitario (trattandosi, sostanzialmente, di una regola tecnica contenente un condizione per la libera commercializzazione del prodotto), la sua obbligatorietà è opponibile solo previa ottemperanza, da parte dello Stato italiano, di una procedura di informazione. E’ per tale ragione, dunque, che la nota sentenza Schwibbert della Corte di Giustizia Europea (8 novembre 2007) – di applicazione diretta nel nostro ordinamento – ha la disapplicazione della normativa interna per difetto di detta comunicazione.

Poichè, come si legge in quella sentenza, costituisce fatto notorio che la regola tecnica non sia mai stata notificata alla Commissione, anche nel caso che qui occupa il giudice nazionale avrebbe dovuto disapplicare la norma.

Il ricorrente conclude, perciò, invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato ed ai limiti dell’inammissibilità perchè, avendo il ricorrente, con i motivi di appello, invocato solo l’espletamento di una perizia per verificare i contenuti dei supporti magnetici, di fatto, non ne aveva contestato la duplicazione.

Pertanto, l’argomento qui speso – per invocare l’esclusione di qualsivoglia ipotesi criminosa – si atteggia come motivo nuovo. In ogni caso, esso varrebbe solo se al M. fosse stata contestata esclusivamente la mera mancanza del contrassegno.

Vi è, però, da dire che l’obbligo di apposizione del contrassegno presuppone un’autenticità del supporto detenuto, mentre, come affermato ripetutamente da questa Corte, (sez. in 24.6.08, Mersai, Rv. 240792) nel caso di detenzione per la vendita di supporti illecitamente duplicati – che siano altresì privi del contrassegno Siae – è configurabile il reato di detenzione per la vendita o di messa in commercio di supporti illecitamente duplicati ( L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. c)).

E’ ben vero che l’assenza del contrassegno non dimostra, sempre e comunque, l’illecita provenienza del prodotto (perchè, come risulta dalla L. n. 633 del 1941, art. 181 bis, comma 3, il contrassegno può non essere apposto su determinate opere indicate dalla legge o dallo stesso regolamento) ma è anche certo che essa costituisce elemento indiziario nella valutazione della fattispecie concreta ed, unitamente ad altri elementi (quali, ad esempio, le circostanze della detenzione, un numero di supporti particolarmente significativo, copertine contraffatte ecc.), concorre a qualificare correttamente il fatto.

Orbene, nella specie – come si dice nella sentenza di primo grado (che, essendo stata confermata da quella di appello si "salda" ad essa) – M. "deteneva per la vendita, sul ciglio della strada, videocassette ed altri supporti contenenti la riproduzione non autorizzata di opere cinematografiche." La mancanza del timbro SIAE è, dunque, un indizio che, unitamente alla "qualità e il tipo di confezione del prodotto e l’assenza di qualsiasi documentazione fiscale comprovante la provenienza della merce" ha legittimato il convincimento dei giudici di merito di essere in presenza del reato contestato.

Per completezza, resta, poi, da soggiungere che l’argomentare del ricorrente è impreciso quando asserisce che non vi è "mai" stata comunicazione da parte dello Stato italiano perchè, al contrario, con D.P.C.M. 23 febbraio 2009, n. 31, pubblicato sulla G.U. 6.4.09, risulta che tale onere è stato adempiuto (donde una "ripenalizzazione"delle condotte in esame peri fatti commessi successivamente al 21.4.09 data in cui è entrato in vigore il "Regolamento di disciplina del contrassegno da apporre sui supporti ai sensi della L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 181 bis" contenuto nel citato Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri).

Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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