Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-02-2012, n. 1846 Trasferimento di azienda

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- La sentenza attualmente impugnata: 1) in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Napoli n. 8710/2004 del 7 luglio 2004, dichiara il diritto di B.U. ad essere inquadrato nel 5 livello c.c.n.l. SIP del 30 giugno 1992 (anzichè nel 4 livello, come riconosciuto dal Tribunale), con decorrenza dal 1 novembre 1993 (anzichè nel 4^ livello, come riconosciuto dal Tribunale) nonchè ad essere inquadrato, con decorrenza 1 ottobre 1996, nel livello E, con qualifica di "assistente senior", ai sensi del c.c.n.l. per le Aziende del settore telecomunicazioni del 9 settembre 1996; 2) condanna la TELECOM Italia s.p.a. ad assegnare il B. alle corrispondenti mansioni, con relativo riconoscimento economico e normativo a decorrere dal 12 settembre 1995; 3) respinge l’appello incidentale proposto dal lavoratore, diretto ad ottenere la condanna della datrice di lavoro al risarcimento del danno da dequalificazione professionale; 4) conferma, per il resto, la sentenza di primo grado.

La Corte d’appello di Napoli, per quel che qui interessa, precisa che:

a) la domanda proposta dal B. si articola sui due seguenti punti: 1) mera contestazione della mancata corrispondenza tra i livelli di inquadramento riconosciutigli, originariamente, presso l’ASST e quelli attribuitigli prima presso l’IRITEL e dopo presso la TELECOM, sulla base delle tabelle di equiparazione realizzate con accordo sindacale tra le parti stipulanti in data 15 marzo 1993; 2) mancanza di corrispondenza tra le mansioni svolte in concreto nella fase pubblicistica di dipendenza dall’ASST (connesse all’inquadramento e al livello all’epoca attribuito) e mansioni riferite alla qualifica e al livello ottenuti in sede di passaggio all’impiego privato, con diretta incidenza sulla professionalità acquisita ed evidente demansionamento;

b) per quel che riguarda il primo punto, sulla base dell’orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità, si deve rilevare che il principio di tutela della professionalità acquisita, sancito dalla L. n. 58 del 1992, art. 4 (che è sottostante rispetto all’art. 2103 cod. civ., non direttamente applicabile nella specie, al pari dell’art. 2112 cod. civ.), deve essere inteso nel senso che – diversamente da quel che accade per la verifica dell’equivalenza delle mansioni nel caso di esercizio dello jus variandi nell’ambito di un unico rapporto alle dipendenze del medesimo imprenditore – quando si tratta di trasposizione nel regime privatistico di qualifiche esistenti in un precedente regime pubblicistico non ci si deve limitare ad una operazione di mera automatica ricognizione di posizioni lavorative equivalenti ma si deve effettuare una comparazione in senso complessivo dei tratti propri della qualifica e della corrispondente posizione lavorativa, riferiti sia alla classificazione di provenienza sia q quella di destinazione;

c) ciò significa che le suddette tabelle di equiparazione realizzate con accordo sindacale possono essere l’elemento decisivo di riferimento solo se e in quanto l’equivalenza delle posizioni messe a confronto sussista realmente;

d) in altre parole, la L. n. 58 del 1992, art. 4, può essere violato non soltanto per erronea identificazione della corrispondenza dell’inquadramento ad opera delle parti sociali, ma anche per il demansionamento di fatto del dipendente attraverso l’attribuzione di compiti non corrispondenti alla professionalità acquisita nel periodo di lavoro pubblicistico;

e) al riguardo, deve essere confermata la statuizione del Tribunale in merito alla non corrispondenza rispetto alla professionalità acquisita presso l’ASST dell’inquadramento del 6^ livello c.c.n.l.

SIP, assegnatogli nel passaggio all’IRITEL e poi alla TELECOM;

f) tuttavia, è da escludere che il corretto inquadramento sia nel 4^ livello dello stesso contratto, in quanto in base alle mansioni di fatto accertate l’inquadramento corretto è quello intermedio nel 5^ livello c.c.n.l. SIP, corrispondente al livello E del contratto dei dipendenti del settore delle telecomunicazioni vigente dall’ottobre 1996;

g) in particolare, con riferimento alle effettive mansioni svolte, dall’istruttoria svolta e dall’esame delle pertinenti clausole contrattuali, è emerso con chiarezza la avvenuta violazione del principio di conservazione della professionalità acquisita, avendo la stessa società non contestato le deduzioni formulate nell’atto introduttivo del giudizio in merito ai compiti svolti dal B. quando era dipendente dell’ASST (di collaborazione amministrativo- contabile, con una certa autonomia di firma e con compiti di coordinamento di colleghi di grado inferiore nonchè, a decorrere dal 1991, di gestione del personale per il trattamento di missione) all’assegnazione dal novembre 1993 di semplici compiti di operatore al servizio "12" con funzioni di centralinista per sette ore al giorno;

h) in sintesi, i requisiti fondamentali del 6^ livello del c.c.n.l.

SIP (attribuito al lavoratore) non richiedono alcuna particolare responsabilità e autonomia, ma solo un’autonomia di tipo operativo, per tale ragione il suddetto inquadramento si deve considerare inadeguato rispetto alle mansioni espletate dal B. alle dipendenze dell’ASST;

i) altrettanto inadeguato – in eccesso – va ritenuto l’inquadramento nel 4^ livello, stabilito in primo grado, visto che, sulla base delle acclarate mansioni svolte, non risulta che il lavoratore abbia espletato funzioni speci al istiche di elevato profilo, con apporto di un contributo professionale autonomo e innovativo (che caratterizzano il suindicato livello);

j) sono state, invece, accertate mansioni corrispondenti al 5^ livello del suddetto contratto SIP, in particolare per il profilo di "assistente ad attività specialistiche";

k) il corrispondente livello di inquadramento nel c.c.n.l. del 1996 cit. è quello E, con profilo professionale di "assistente senior", i cui tratti caratteristici consistono nelle "particolari capacità di coordinamento ed indirizzo professionale delle risorse assegnate";

l) infine, va respinto l’appello incidentale proposto dal B. onde ottenere la condanna della datrice di lavoro al risarcimento del danno da dequalificazione professionale, per genericità e insufficienza delle allegazioni del lavoratore al riguardo.

2- Il ricorso di TELECOM Italia s.p.a. domanda la cassazione della sentenza per tre motivi; resiste, con controricorso, B. U..

La ricorrente deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Motivi della decisione

1 – Sintesi dei motivi 1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione ed erronea applicazione: a) della L. 29 gennaio 1992, n. 58, art. 4 e art. 2103 cod. civ.; b) dell’art. 24 Cost.; c) dell’art. 2095 cod. civ.; dell’art. 96 disp. att. cod. civ..

Si sostiene che la Corte d’appello, dopo aver affermato l’inapplicabilità nella specie dell’art. 2103 cod. civ. (norma riguardante solo l’ipotesi di unicità del rapporto di lavoro), nei fatti, fondando la propria verifica sul principio della "equivalenza mansionistica", ha effettuato la comparazione delle mansioni in armonia con l’art. 2103 cod. civ., come "recepito dalla L. n. 58 del 1992, art. 4".

Conseguentemente, la Corte partenopea avrebbe eluso la volontà del legislatore nonchè la giurisprudenza di legittimità e di merito, secondo cui all’assunzione alle dipendenze dell’IRITEL degli ex dipendenti ASST (e PP.TT) non si applica la normativa codicistica, ma esclusivamente la specifica disciplina di cui alla L. n. 58 del 1992, non trattandosi di un normale trapasso d’azienda privatistico.

Inoltre, il Giudice del merito, facendo riferimento anche all’art. 2112 cod. civ., non ha considerato che prima IRITEL e poi TELECOM, nel procedere al suindicato inserimento, non aveva possibilità di scelta perchè la L. n. 58 del 1992 rimetteva alla contrattazione collettiva la valutazione di professionalità che poteva essere riferita solo all’attività svolta in concreto e non ad un tipo astratto di professionalità. 2- Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione ed erronea applicazione dell’art. 1362 c.c., art. 1363 cod. civ., e segg., nonchè dell’art. 2103 cod. civ., in relazione all’art. 12 del c.c.n.l. 30 giugno 1992 e della L. n. 58 del 1992, art. 4.

Si sostiene che la Corte partenopea si è limitata a riportare le clausole contrattuali, ma non ha attribuito alcuna rilevanza alle effettive mansioni svolte, sulle quali non è stata mai effettuata alcuna attività istruttoria.

In tal modo il Giudice del merito è giunto ad attribuire al B. il 5^ livello c.c.n.l. SIP – che seppure inferiore al 4^ riconosciuto dal Tribunale è comunque superiore al 6^ attribuito dalla datrice di lavoro – utilizzando – nella lettura della contrattazione collettiva – il semplice criterio letterale e dimenticando, quindi, che in base alla giurisprudenza di legittimità, avrebbe dovuto attribuire rilievo preminente al criterio della interpretazione complessiva delle clausole di cui all’art. 1363 cod. civ..

3- Con il terzo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato dalla corretta applicazione dei criteri interpretativi delle declaratorie contrattuali pubblicistiche e privatistiche.

Si sottolinea che la Corte partenopea, dopo aver dichiarato inapplicabili nella specie gli ordinari criteri individuati dalla giurisprudenza per la verifica dell’equivalenza delle mansioni nel caso di esercizio dello jus variandi nell’ambito di un unico rapporto alle dipendenze del medesimo imprenditore, ha poi utilizzato come unico criterio interpretativo della normativa contrattuale il criterio letterale, così contraddicendosi.

La ricorrente sostiene, infine, che la sentenza impugnata debba essere confermata nel punto in cui ha respinto le pretese risarcitorie del B., per genericità e insufficienza delle allegazioni del lavoratore al riguardo.

Infatti, la relativa motivazione, essendo fondata su un ragionamento logico-giuridico "cristallino", si sottrae a qualsiasi censura.

2 – Esame dei motivi.

4- I tre motivi di ricorso – da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione -non sono da accogliere.

4.1.- Nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge contenuto nell’intestazione del primo e del secondo motivo, tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti.

Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicchè le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito (vedi, tra le tante: Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).

Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono congniamente motivate e l’iter logico- argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione, come riconosce anche la ricorrente ove sottolinea che le argomentazioni poste a base della decisione risultano "assai articolate" e "imperniate su una ricostruzione analitica del merito dei fatti di causa e delle acquisizioni istruttorie del giudizio" (vedi pagina 26 del ricorso).

4.2- Nè va omesso di rilevare che la Corte partenopea nelFeffettuare la valutazione – tipicamente di merito – relativa al livello di inquadramento da attribuire al B. si è attenuta a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte, affermati con specifico riferimento a vicende analoghe a quella oggetto del presente giudizio, secondo cui:

a) la L. 29 gennaio 1992, n. 58, nel riformare il settore delle telecomunicazioni con il passaggio dei servizi di telefonia dal settore pubblico a quello privato – senza che tale passaggio desse luogo all’applicazione dell’art. 2112 cod. civ. – ha previsto la predisposizione, sulla base di accordo con le organizzazioni sindacali, di tabelle di equiparazione, stabilendo il criterio che risulti assicurata la tutela della professionalità acquisita e di un trattamento economico globalmente non inferiore a quello precedentemente goduto; tuttavia, benchè la medesima legge non abbia previsto una specifica procedura di impugnazione delle tabelle di equiparazione in contraddittorio con le parti stipulanti, è possibile la disapplicazione di esse ad opera del giudice che ne ravvisi, in via incidentale, la parziale nullità per la non corrispondenza ai criteri imposti dalla legge stessa, ferma restando la necessità che la valutazione circa la legittimità della equiparazione prevista in sede collettiva avvenga sulla base di un raffronto complessivo tra le qualifiche o i livelli di volta in volta posti a raffronto, con l’individuazione ad opera del giudice della qualifica o livello corrispondente alle astratte previsioni di quella precedentemente rivestita, secondo le rispettive definizioni e mediante una valutazione globale e non meccanicistica di queste (Cass. 11 agosto 2004, n. 15605; Cass. 8 luglio 2004, n. 12647; Cass. 27 aprile 2007, n. 10039; Cass. 9 gennaio 2008, n. 218; Cass. 3 aprile 2009, n. 8174);

b) pertanto, nel caso sia riscontrata l’erroneità delle tabelle per la mancata corrispondenza tra le mansioni da esse equiparate, il giudice di merito ben può disapplicare le tabelle, non rispettose del criterio della tutela della professionalità acquisita, e procedere lui stesso alla individuazione, nel nuovo assetto del personale, della posizione corrispondente a quella rivestita dal lavoratore nell’inquadramento precedente, perchè in base alla citata L. n. 58 del 1992 le organizzazioni sindacali avevano il potere di concordare con la parte datoriale le tabelle, ma tali tabelle essendo di "equiparazione" non erano destinate a disporre dei diritti dei lavoratori, ma solo alla conservazione sostanziale delle posizioni giuridiche ed economiche di ciascuno, in quanto la stessa L. n. 58 del 1992 ha dettato direttamente la regola inderogabile della tutela della professionalità acquisita dai lavoratori e del mantenimento di un trattamento economico globalmente non inferiore a quello precedentemente goduto (vedi per tutte: Cass. 8 aprile 2011, n. 8056);

c) quindi, così come la corrispondenza del trattamento economico andava valutata in senso globale, anche le tabelle di equiparazione avrebbero dovuto essere elaborate dalle organizzazioni sindacali non in termini di corrispondenza meccanica ed assoluta (al che non risponde il concetto di "equiparazione"), ma secondo un raffronto complessivo delle declaratorie o dei profili di volta a volta presi in considerazione, avente riguardo anche ad aspetti eventualmente assorbenti, stante l’esigenza di raccordo (non di semplice giustapposizione) tra i diversi sistemi, di classificazione e di inquadramento, propri del sistema pubblicistico dell’ASST e, rispettivamente, delle società che ad essa per legge si sono sostituite (Cass. 8 aprile 2011, n. 8056 cit.);

d) in sintesi, pur non essendo applicabile la regola di cui all’art. 2112 cod. civ., tuttavia proprio il principio di conservazione della professionalità di cui alla norma codicistica è stato recepito dalla L. n. 58 del 1992, art. 4 e ciò comporta la sua inderogabilità sia nella redazione delle tabelle sia nella loro concreta applicazione (Cass. 8 aprile 2011, n. 8056; Cass. 26 maggio 2006, n. 11424; Cass. 21 maggio 2002, n. 7449; Cass. 25 luglio 2000, n. 9764; Cass. 25 gennaio 1999, n. 672).

4.3- Ai suddetti orientamenti, come si è detto, si è puntualmente attenuta la Corte di appello, la quale ha dato atto che non si applica l’art. 2103 cod. civ., ha proceduto all’accertamento del livello di provenienza rispetto a quello di approdo in relazione alle mansioni svolte dal lavoratore ed ha accertato la rispondenza del livello di provenienza ad un diverso livello di approdo con motivazione esauriente, immune da vizi logici o contraddizioni, talchè essa si sottrae ad ogni censura in sede di legittimità.

In particolare, la Corte partenopea ha riesaminato le mansioni espletate dal B. prima del passaggio e quelle affidategli successivamente ed ha ritenuto: a) inadeguato, per difetto, l’inquadramento nel 6^ livello del c.c.n.l. SIP (attribuito al lavoratore) in quanto i requisiti fondamentali di tale livello contrattuale non richiedono alcuna particolare responsabilità e autonomia ma solo un’autonomia di tipo operativo; b) inadeguato – in eccesso – l’inquadramento nel 4^ livello, stabilito in primo grado, visto che, sulla base delle acclarate mansioni svolte, non è risultato l’espletamento, da parte del lavoratore, di funzioni specialistiche di elevato profilo, con apporto di un contributo professionale autonomo e innovativo (che caratterizzano il suindicato livello).

Conseguentemente, la Corte territoriale ha considerato, invece, accertate mansioni corrispondenti al 5^ livello del suddetto contratto SIP, in particolare per il profilo di "assistente ad attività specialistiche" ed ha precisato che il corrispondente livello di inquadramento nel c.c.n.l. del 1996 cit. è quello E, con profilo professionale di "assistente senior", i cui tratti caratteristici consistono nelle "particolari capacità di coordinamento ed indirizzo professionale delle risorse assegnate", di fatto esercitate dal B..

3 – Conclusioni.

5- Per le suesposte ragioni il ricorso deve essere respinto. Con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in Euro 60,00 per esborsi, Euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00) per onorario di avvocato, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali, con distrazione in favore degli avvocati Eugenio Romanelli Grimaldi, Domenico Cirillo ed Ernesto Maria Cirillo, antistatari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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