Cons. Stato Sez. IV, Sent., 18-10-2011, n. 5612 Violazione della legge urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 28/10/2008 veniva rilasciato dal Comune di Guardiagrele alla Società T. di C. G. e P. G. il permesso di costruire.24/2008 per la realizzazione di un impianto di autolavaggio da ubicarsi nel predetto Comune, in località Madonna delle Grazie, in prossimità della SS81 – Piceno Aprutina (tronco 144+ 100172+ 100).

La Società Autolavaggio M. D., proprietaria di un impianto di autolavaggio self service pure esso sito in Comune di Guardiagrele, in località Anello con ricorso introduttivo e successivi motivi aggiunti, impugnava innanzi al Tar per l’Abruzzo, Sezione di Pescara, il predetto titolo autorizzatorio, deducendone la illegittimità per i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili e formulando altresì richiesta di risarcimento danni.

Con sentenza n.938/010 l’adito Tribunale Amministrativo Regionale accoglieva il gravame relativamente alla proposta impugnativa del permesso di costruire n.24/2008 (disponendone l’annullamento), mentre rigettava la pretesa risarcitoria ivi avanzata.

Avverso tale sentenza, ritenuta errata ed ingiusta è insorta la società T. che ha affidato all’appello all’esame le seguenti censure:

1) inammissibilità del ricorso di primo grado proposto dalla M. D. per essere stato il permesso di costruire n.24/08 tardivamente impugnato;

2) inammissibilità del ricorso introduttivo di prime cure della M. D. per mancata impugnativa dell’atto presupposto costituito dalla deliberazione del Consiglio Comunale di Guardiagrele n.19/07;

inammissibilità dei motivi aggiunti perché tardivamente proposti;

erroneità delle statuizione di merito assunte dal Tar in ordine alla rilevata fondatezza del gravame proposto dalla M. D. non sussistendo, in particolare, le ragioni di illegittimità erroneamente ritenute sussistenti dal primo giudice a carico del provvedimento impugnato.

Si è costituita in giudizio la Società M. D.(ricorrente di primo grado) che contestato la fondatezza dei motivi del proposto appello, chiedendone la reiezione.

Si sono altresì costituiti in giudizio, ad adiuvandum delle ragioni dell’ appellante Società T. il Comune di Guardiagrele e l’ANAS s.p.a. che hanno chiesto la riforma dell’impugnata sentenza.

All’udienza del 28 giugno 2011 la causa è stata trattenuta in decisione

Motivi della decisione

L’appello si appalesa infondato e va pertanto respinto, con conferma di quanto deciso in primo grado.

Parte appellante deduce, in via prioritaria, a mezzo del primo motivo di gravame, la inammissibilità (rectius irricevibilità) per tardività dell’impugnativa di prime cure, sul rilievo che il ricorso è stato proposto nel dicembre del 2009 a fronte del permesso di costruire (il n.24/08) rilasciato nell’ottobre del 2008.

Al riguardo il Collegio condivide le osservazioni formulate dal giudice di primo grado in ordine all’impossibilità di addivenire ad un pronunzia di non tempestività del ricorso, dovendosi qui richiamare quanto più volte statuito da questo Consiglio di Stato circa l’individuazione del momento di decorrenza del termine decadenziale di impugnazione di autorizzazioni edilizie da parte di chi ha interesse ad ottenere l’annullamento di detti provvedimenti.

Numerose pronunce giurisdizionali hanno statuito che il termine utile per l’impugnativa di un permesso di costruire ex art.21 legge n.1034/971 decorre dalla piena conoscenza dell’esistenza e dell’entità delle violazioni urbanistiche e/o del contenuto specifico del progetto edilizio (in tal senso, Cons Stato Sez. VI 10/10/8705; Sez. V 24/8/2007 n.4485).

Più specificatamente, poi, allo scopo di fornire un criterio di maggiore certezza in ordine agli oneri processuali incombenti a carico degli interessati, la giurisprudenza ha espresso l’orientamento (ormai consolidato) per cui ai fini della tempestiva impugnazione del titolo ad aedificandum rilasciato a terzi la piena conoscenza da cui far decorrere il relativo termine di impugnazione va ancorata all’ultimazione dei lavori oppure al momento in cui la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell’opera per un eventuale non conformità urbanistica della stessa, sì da non esservi dubbi in ordine in ordine alla reale portata dell’intervento edilizio assentito (cfr Cons Stato Sez. IV 28/1/2011 n.678; Sez. V 3/3/2004 n.1023).

Con riferimento a quest’ultimo principio è agevole rilevare che il parametro principe cui ancorare la conoscenza piena rimane quello dell’ultimazione dei lavori, mentre il collegamento della conoscenza del titolo abilitativo alla c.d. percepibilità della esistenza dello stesso e della lesività dell’autorizzato intervento edilizio (con conseguente onere di tempestiva impugnazione) abbisogna che sia supportato, da parte di chi eccepisce la tardività dell’impugnativa, da idonei elementi probatori o comunque da indizi gravi, precisi e concordanti, atteso che, appunto, della circostanza relativa all’ anticipata conoscenza occorre dare rigorosa dimostrazione (cfr Cons Stato Sez. V 5/2/2007 n.452).

Sulla scorta degli approdi giurisprudenziali testè illustrati, non pare possa addivenirsi ad una pronuncia di tardività del ricorso introduttivo della controversia, atteso che non sono evincibili nella specie dati ed elementi idonei a dimostrare che l’impugnativa è stata proposta da parte della Società M. D. in un tempo inutilmente successivo al periodo decadenziale entro cui contestare giudizialmente il titolo de quo lì dove, in particolare, la piena conoscenza da parte della M. D. dell’avvenuto rilascio in favore della T. del permesso di costruire n.24/08 non è deducibile dall’esposizione del cartello di cantiere recante l’indicazione della concessione edilizia e neppure dalla data di inizio dei lavori (cfr. Cons. Stato Sez. IV 28/1/2011 n.678) e tenuto altresì conto che le circostanze dedotte dall’appellante a sostegno della tesi della tardività sono solo di tipo presuntive,di per sé insufficienti, in assenza di altri, decisivi elementi conoscitivi, a dimostrare l’esistenza del presupposto produttivo di una tardiva impugnazione.

Se così è, appare logico ancorare il dies a quo di decorrenza del termine di impugnazione al dato "certo" dell’ultimazione dei lavori, conclusisi, come da indicazione ancorchè genericamente fornita, nell’ottobre del 2009, con la conseguenza che in relazione a tale ultimo, significativo evento, come temporalmente fissato, l’impugnativa non può dirsi (con certezza) tardivamente proposta.

Le doglianze dedotte con il secondo e terzo motivo di gravame, in ragione dell’intima connessione intercorrente fra i predetti mezzi d’impugnazione vanno trattate congiuntamente.

L’appellante denuncia la mancata impugnazione col ricorso principale della presupposta deliberazione consiliare n.19 del 30/3/2007 recante l’approvazione della specifica variante al PRG comunale, rispetto alla quale il gravato titolo edilizio si porrebbe unicamente come atto meramente consequenziale: di qui, l’inammissibilità del rimedio giurisdizionale in parola.

Né, sempre secondo T., tale carenza processuale può ritenersi superata dalla avvenuta proposizione a cura della M. D. dei motivi aggiunti, stante la tardività di tale ultimo rimedio, atteso che, in particolare, la Società interessata ben era a conoscenza dell’atto deliberativo in questione sin dal momento della proposizione del ricorso introduttivo.

Il denunciato mezzo di gravame, in relazione all’assunto difensivo posto a suo sostegno, si appalesa infondato.

Invero, parte appellante muove i suoi rilievi da un presupposto giuridico, del tutto errato, quello di ritenere che la Società M. D. avesse l’interesse e l’onere di contestare e ottenere la rimozione delle determinazioni assunte con la deliberazione consiliare n.19/09.

Al contrario, la questione si pone in termini diversi, esattamente in quelli per cui in base al thema decidendum e alla causa petendi e come correttamente posto in evidenza dal primo giudice, la delibera in questione si pone come fase amministrativa procedurale e sostanziale cui confrontare la valutazione della legittimità del titolo ad aedificandum e non già come disciplina (eventualmente) illegittima sottesa al sottostante atto autorizzatorio.

Più specificatamente ciò che qui viene in rilievo è la mancata osservanza della prescrizione recata dal punto 5 della delibera citata, lì dove è stato previsto che "l’esecuzione dell’intervento è condizionata al rilascio di regolare permesso di costruire se acquisiti i pareri favorevoli dell’ANAS e del Settore Urbanistico della Provincia", avuto riguardo al fatto che il Comune di Guardiagrele, come peraltro pacificamente ammesso in causa, ha avuto cura di trasmettere alla Provincia di Chieti la delibera n.19/2007 (oltreché copia del nulla osta rilasciato dall’ANAS), senza che però sia intervenuto o acquisito il parere favorevole del suindicato Ente locale.

Se così è, se cioè il momento invalidante dell’iter procedurale di rilascio del titolo ad aedificandum è dato dal contrasto del permesso di costruire con le prescrizioni dettate con la pregressa, sovrastante delibera consiliare, non vi era alcun interesse da parte dell’appellata a rimuovere tale provvedimento proprio perché lo stesso non può essere considerato nella prospettiva (errata) dell’appellante quale atto presupposto da (necessariamente) rimuovere.

Del pari, neppure può parlarsi di inammissibilità dei motivi aggiunti per mancata e/o tardiva impugnazione della delibera n.19/07, dal momento che, come sopra evidenziato l’atto che concretamente incide sulla posizione giuridica soggettiva della ricorrente di primo grado, con riferimento agli elementi costitutivi del thema decidendum introdotto, è il permesso di costruire, non già la variante approvata.

Ciò rilevato, occorre nondimeno verificare la tempestività o meno dei motivi aggiunti, ritenuti dalla parte appellante essere stati tardivamente proposti sul formulato rilievo che la società M. D. conosceva da tempo l’esistenza della delibera in questione e ben avrebbe potuto (e dovuto) dedurre il suillustrato profilo di illegittimità in sede di proposizione del ricorso principale.

Orbene, la doglianza della T. non appare condivisibile.

I motivi aggiunti costituiscono lo strumento mediante il quale vengono introdotti nel giudizio già pendente censure relative ai vizi del provvedimento impugnato che non fosse stato possibile conoscere (e quindi dedurre) entro il termine utile alla proposizione del ricorso.

"Conditio sine qua non" per la proposizione dei motivi aggiunti è, dunque, l’impossibilità di dedurre ulteriori motivi in ragione del fatto che i vizi cui gli stessi afferiscono non erano conosciuti né conoscibili e senza che ciò sia imputabile a negligenza della parte interessata (cfr, ex multis, CGA Regione Sicilia 3 aprile 2000 n.174).

Ora, in relazione al caso de quo, vero è che parte appellata già conosceva da tempo essere stata adottata la delibera consiliare n.19/07, ma è con la produzione in giudizio di tale documento che la Società M. D. ha avuto la cognizione del contenuto integrale dell’atto deliberativo recante l’approvazione della variante ad hoc, sì da consentire alla medesima di dedurre in riferimento al punto 5 della parte dispositiva dell’atto stesso (la prescritta acquisizione del parere della Provincia) il vizio di legittimità costituito dalla mancata osservanza nel procedimento di rilascio del titolo abilitativo delle prescrizioni contemplate in detta delibera e non v’è dubbio che rispetto al momento temporale del deposito del documento assunto a base del rimedio giurisdizionale successivamente proposto, il motivo aggiunto ivi dedotto si appalesa proponibile e tempestivo (cfr Cons Stato Sez. V 6 /7/2002 n.3717) oltreché, come sopra già evidenziato, fondato.

Il quarto ed ultimo mezzo di gravame contiene censure che attengono al merito delle ragioni poste dal TAR a fondamento della rilevata illegittimità dell’impugnato permesso di costruire, rinvenibili, come già detto, nel contrasto del titolo ad aedificandum con la condizione apposta nella delibera consiliare n.19/07 di acquisizione del parere favorevole della Provincia, evento, quest’ultimo, mai verificatosi.

Assume parte appellante che la richiesta e l’ottenimento di tale parere al citato Ente locale sono da considerasi superati in quanto assorbiti dal parere favorevole (trasmesso dal Comune alla Provincia) reso dall’ANAS, pure istituzionalmente intervenuto nel procedimento finalizzato alla definizione della richiesta di installazione dell’impianto de quo, ma la tesi risulta priva di giuridico fondamento.

Invero, relativamente alla richiesta localizzazione dell’impianto di autolavaggio self service in località Madonna delle Grazie avanzata dalla società T. e fatta propria dall’Amministrazione comunale con l’adozione di una specifica variante al PRG subordinatamente all’osservanza di alcune condizioni pure esposte nella delibera consiliare n.19/07, il parere dell’ANAS è intervenuto solo ai fini di viabilità, in particolare con riferimento alla affermata compatibilità dell’impianto stesso relativamente agli accessi al sito destinato ad ospitare l’opus, prospiciente la strada statale di competenza dell’Ente, ma certo l’avviso espresso al riguardo da A. non può soppiantare il parere da rendersi a cura dell’Amministrazione provinciale di Chieti che deve pronunciarsi in ordine alla compatibilità urbanistica dell’impianto di autolavaggio in questione.

D’altra parte la necessità di chiedere e acquisire dalla Provincia il detto parere attiene ad una fase qualificata e sostanziale dell’intero procedimento, atteso che l’Ente preposto a dare il via libero al progettato impianto sotto il diverso, altrettanto qualificante profilo urbanistico, in precedenza, per ben due volte, aveva espresso il proprio contrario parere alla proposta di variante approvata dal Comune di Guardiagrele, rilevando la non compiuta coerenza dell’impianto produttivo con gli indirizzi del PTCP.

Non senza osservare poi che il Comune prevedendo, ai fini dell’esecutività della delibera di approvazione della variante de qua l’acquisizione del parere della Provincia aveva posto a se stesso un autovincolo che poi ha di fatto illogicamente e inopinatamente non rispettato, con il conseguente inverarsi di un preciso vulnus a carico del procedimento di rilascio del provvedimento autorizzatorio.

In forza delle suestese considerazioni l’appello è da ritenersi infondato e va perciò respinto.

Sussistono peraltro giusti motivi, avuto riguardo alla specificità della vicenda all’esame, per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Compensa tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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