Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-07-2011) 27-09-2011, n. 34897 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Bologna con sentenza emessa il 12 novembre 2010, ha confermato la sentenza del 13 aprile 2006 del Tribunale di Ferrara, che ha dichiarato C.S. colpevole del delitto di cui all’art. 600 quater c.p., per essersi procurato ed aver avuto la disponibilità di materiale pedopornografico, accertato in Ferrara nel febbraio 2004, condannandolo alla pena di due mesi di reclusione.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, tramite il proprio difensore, chiedendone l’annullamento per errata applicazione della legge penale sostanziale e processuale ed errata valutazione delle prove. Il ricorrente ha lamentato che dalla consulenza tecnica effettuata dal pm sul suo computer è emerso che non c’erano immagini o filmati pedopornografici (erano presenti solo nello spazio cd. "non allocato"), nè erano presenti nei DVD sequestrati, ma nonostante questo era stato ritenuto responsabile, in quanto sarebbe risultata effettuata alcuni giorni prima del sequestro la pulizia dei files temporanei. In punto di diritto la condotta punibile sarebbe solo quella collegata al salvataggio delle immagini o al consapevole scaricamento delle stesse da internet e non la mera consultazione di siti pedofili ed inoltre i giudici non avrebbero tenuto conto della possibilità di attivare inconsapevolmente un download. D’altra parte, essendo il computer del ricorrente sprovvisto di password, chiunque avrebbe potuto entrarvi, anche perchè lo stesso era collegato in condivisione alla linea ADSL dell’abitazione di L. M., in quanto affittuario di una stanza di proprietà della predetta, sita al piano inferiore.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

Quanto alla censura di errata valutazione della prova, articolata sulla base del fatto che il computer in uso al ricorrente non era protetto da password ed era collegato ad una LAN comune ad altre persone, la stessa vuole in verità proporre a questa Corte una rilettura di fatto degli elementi probatori acquisiti agli atti e posti a base del convincimento di colpevolezza dei giudici di merito, espresso con motivazione ampia, congrua e di tranquillizzante tenuta logica, avendo le sentenze di merito chiarito da un lato, che furono proprio gli utenti della rete alla quale era stato concesso l’accesso al C., avvedutisi che il C. aveva scaricato due files ritraesti atti sessuali con minori, a presentare denuncia alla polizia; dall’altro, che la consulenza tecnica aveva appurato che il computer del C. era stato "ripulito" pochi giorni prima del sequestro, ma conteneva tracce dello scaricamento, nella cartella predefinita C:/my Shared Folder, di venti files compressi, contenenti la parola pedo, files ottenuti utilizzando il programma Kazaa Lite K di scambio di files tra utenti; tali documenti erano risultati accessibili, per l’ultima volta, in data 15 febbraio 2004 ed alle ore 11, 45 del 18 febbraio 2004 (laddove il sequestro dell’hard disk era stato effettuato alle 13, 30 dello stesso 18 febbraio).

2. Anche il motivo di ricorso relativo all’errata applicazione della norma penale è infondato. La fattispecie di cui all’art. 600 quater c.p., nella sua formulazione precedente alla modifica intervenuta con la L. 6 febbraio 2006, n. 38, applicabile ratione temporis, tipizza le condotte del procurarsi consapevolmente materiale pedopornografico ovvero del disporre dello stesso materiale; la giurisprudenza di legittimità ha precisato che la condotta di procurarsi può consistere nell’operazione di "scaricamento" (download) delle immagini da un sito internet (così Sez. 3, n. 41570 del 20/9/2007, Martelli, Rv. 237999). Più recentemente è stato affermato che rientra nella fattispecie anche "la semplice visione di immagini pedopornografiche scaricate da un sito internet, poichè, per un tempo anche limitato alla sola visione, le immagini sono nella disponibilità dell’agente (cfr. Sez. 3, n. 639 del 6/10/2010, Angileri, dove è stata ritenuta condotta punibile lo scaricamento da internet di files pedopornografici nonostante la loro eventuale cancellazione, mediante l’allocazione nel "cestino" del sistema operativo del personal computer, in quanto tale operazione non è sufficiente a far ritenere cessata la disponibilità degli stessi, essendo sempre possibile riattivare l’accesso ai files). Risulta quindi evidente che correttamente i giudici hanno ritenuto responsabile il ricorrente per essersi procurato dei files di contenuto pedopornografico, non assumendo rilevanza la verificata operazione di successiva cancellazione degli stessi.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato, ai sensi del disposto di cui all’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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