Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-07-2011) 27-09-2011, n. 34917

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza del 21 settembre 2010, la Corte d’appello di Ancona ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione presentata dal condannato avverso la sentenza del Tribunale di Ravenna n. 458 del 2004, confermata in appello e divenuta irrevocabile il 31 ottobre 2009. 2. – Avverso tale provvedimento, il condannato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, lamentando, in particolare: 1) l’inosservanza di norme di legge stabilite a pena di nullità, sul rilievo che il giudice avrebbe dichiarato inammissibile la richiesta di revisione omettendo di comunicare al condannato stesso il parere – pur non necessario – reso in merito dal procuratore generale; 2) il difetto di motivazione in ordine alla declaratoria di inammissibilità, per non aver considerato la ritrattazione resa dalla testimone, sua ex moglie, la quale, dopo il passaggio in giudicato della sentenza, avrebbe dichiarato di avere mentito sulle accuse di violenza sessuale e maltrattamenti – oggetto della condanna – per la situazione di crisi matrimoniale nella quale, all’epoca, si trovavano.

Motivi della decisione

3. – Il primo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente assorbimento del secondo motivo.

Il ricorrente pone la specifica questione se la Corte d’appello possa, ex art. 634 c.p.p., comma 1, dichiarare inammissibile senza contraddittorio la richiesta di revisione, omettendo di comunicare al condannato il parere – pur non necessario – reso in merito dal procuratore generale.

Va premesso, sul punto, che nel giudizio di revisione l’adozione di una procedura non partecipata per il vaglio iniziale di ammissibilità della richiesta è certamente conforme al dettato dell’art. 634 c.p.p., comma 1. E ciò, anche perchè deve escludersi, nell’attuale sistema, l’articolazione del giudizio di revisione in una fase rescindente e in una fase rescissoria, con la conseguenza che la valutazione preliminare d’ammissibilità della richiesta è assimilabile alla usuale valutazione preliminare sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del procedimento d’impugnazione (art. 591 c.p.p., comma 2,), senza che esista altra cadenza processuale diversa dal decreto di citazione che possa fare ritenere preclusa la possibilità di decidere de plano (ex multis, Sez. 1^, 30 marzo 2005, n. 26967; Sez. 5^, 8 aprile 2010, n. 21296).

Peraltro, lo stesso art. 634, che regola il procedimento, non prevede che il pubblico ministero produca le sue conclusioni in vista di decisioni da assumere d’ufficio sull’ammissibilità di una richiesta di revisione. La mancanza di una tale previsione non esclude, però, che, ove in concreto conclusioni del pubblico ministero siano state offerte alla valutazione del giudicante, esse debbano essere comunicate alla controparte, affinchè questa, anche in relazione ad esse, sia messa in grado di svolgere le sue difese ed esercitare il contraddittorio in condizione di parità (Sez. 5^, 14 giugno 2007, n. 31132; Sez. 1^, 24 giugno 2010, n. 29389; contra: Sez. 5^, 25 novembre 2010, n. 2378/2011).

Tali principi trovano applicazione nel caso in esame, in cui la motivazione dell’ordinanza non richiama espressamente il parere scritto reso dal pubblico ministero e mai comunicato al condannato richiedente, ma ne riprende, nella sostanza, le argomentazioni.

4. – Il provvedimento impugnato va, di conseguenza, annullato con rinvio al Corte d’appello di Perugia, individuata ex art. 11 c.p.p., per il giudizio di revisione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Perugia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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