Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-07-2011) 27-09-2011, n. 34914

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Che il Tribunale del Riesame di Foggia con ordinanza del 17 gennaio 2011, nel procedimento penale a carico di M.S., ha confermato il sequestro preventivo disposto dal G.I.P. presso il Tribunale di Lucera in data 21 dicembre 2010, limitatamente all’area retrostante dello stabilimento Ecoagrim srl, già Bio Ecoagrim srl, avente ad oggetto attività di compostaggio, ritenendo sussistente il fumus delicti in riferimento ai capi e) ed f) (D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3, in riferimento alla gestione di una discarica non autorizzata di rifiuti, versando nella parte retrostante dell’azienda, ove erano in corso lavori di sbancamento, rifiuti speciali non pericolosi, successivamente ricoprendoli di terreno argilloso, in (OMISSIS), e D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3 e per aver smaltito illecitamenti rifiuti, anzichè compost di qualità, gestendo di fatto una discarica non autorizzata in (OMISSIS));

che il Tribunale del riesame ha invece disposto la revoca del sequestro preventivo dell’azienda stessa, disposto in riferimento ai reati di cui ai capi c), D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3, per scarico, in assenza della prescritta autorizzazione (rilasciata solo per le acque meteoriche), di acque assimilabili ai reflui industriali, che superavano i valori di cui alla tab. 4 dell’allegato 5 del citato D.Lgs; d) D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3 e art. 674 c.p., per aver prodotto, nell’esercizio dell’attività, esalazioni maleodoranti di terribile impatto olfattivo, atte a recare molestia ad un numero indeterminato di persone; g) D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 4, per non avere osservato le prescrizioni di cui alla Delib. 9 ottobre 2008 della Giunta provinciale, ricevendo rifiuti per un ammontare superiore alla quantità massima autorizzata annualmente;

che il pubblico ministero presso il Tribunale di Foggia ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza, per violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) articolandolo sui seguenti motivi: 1) in ordine all’inosservanza ed erronea valutazione degli art. 360 c.p.p., art. 191 c.p.p. e art. 220 disp. att. c.p.p. in riferimento al capo c) in quanto il prelievo delle acque reflue era stato eseguito da un consulente del PM e dai tecnici dell’ARPA a seguito di decreto di ispezione locale, del quale era stato dato regolare avviso ai difensori di fiducia dell’indagato, e poi il C.T. aveva esperito accertamento tecnico ex art. 360 c.p.p. con avviso ritualmente notificato, mentre il Tribunale del riesame avrebbe erroneamente ritenuto l’insussistenza del reato invece di limitare la verifica al solo fumus delicti; 2) in ordine all’inosservanza ed erronea valutazione dell’art. 674 c.p., in quanto il Tribunale avrebbe ritenuto mancanti gli elementi di prova del reato di cui all’art. 674 c.p., circa il superamento degli standard fissati dalla legge dell’emissione di odori, interpretando erroneamente la disposizione in quanto il giudice può fondare il proprio convincimento anche su elementi probatori diversi, quali le testimonianze, che nel caso di specie risultavano essere connesse alle segnalazioni e lamentele degli abitanti le zone circostanti l’impianto; 3) in ordine all’inosservanza ed erronea valutazione dell’art. 324 c.p.p., in riferimento alla parte della motivazione dell’ordinanza impugnata laddove il Tribunale afferma in maniera apodittica l’inutilizzabilità delle conversazioni telefoniche intercettate senza illustrare le motivazioni di tale valutazione, quando tutti gli atti del procedimento erano stati trasmessi regolarmente nei termini, compresi i decreti autorizzativi e poi in data 13/1/2011 i CD delle registrazioni (che furono ritrasmessi in data 15/1/2011, avendo la difesa segnalato la illeggibllità dei relativi files), anche perchè alle misure cautelari reali non si applica la disposizione di cui all’art. 309 c.p.p., comma 10, nella parte relativa al mancato rispetto del termine di trasmissione degli atti per il riesame; che inoltre nell’escludere il fumus per il delitto di cui al capo g), i giudici non avrebbero tenuto conto del quantitativo di 35.047 rifiuti codice CER 200018 trattati, superiori a quelli autorizzati; 4) in ordine all’inosservanza ed erronea valutazione dell’art. 321 c.p.p., perchè il Tribunale, dopo aver confermato il sequestro preventivo dell’area retrostante, riconoscendo il fumus commissi delicti del reato di realizzazione e gestione di una discarica abusiva e di un’attività di smaltimento illecito di rifiuti, non ha tenuto conto del collegamento funzionale a tali attività dell’impianto stesso, che inserisce nel ciclo materiali dai quali non ricava il compost – per il quale è autorizzato – ma altro prodotto da smaltire illecitamente in quanto "compost fuori specifica"; 5) in ordine all’inosservanza ed erronea valutazione dell’art. 127 c.p.p. e art. 191 c.p.p., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe considerato atti, note e documenti allegati dalla difesa depositati oltre i cinque giorni prima dell’udienza; Considerato che questa Corte ritiene che i motivi di ricorso del pubblico ministero risultino, in massima parte, fondati;

che infatti, in riferimento al primo (capo c), i prelievi furono effettuati nel corso dell’esecuzione del decreto di ispezione regolarmente notificato, ed alla presenza dell’indagato stesso, e pertanto non in violazione del diritto di difesa e che pertanto avrebbero dovuto essere considerati i risultati ottenuti all’esito della consulenza, disposta ex art. 360 c.p.p., ai fini della valutazione di sussistenza del fumus delicti;

che il ragionamento con il quale i giudici hanno escluso la sussistenza del fumus delieti in riferimento al capo d), per la mancanza di prova circa il superamento degli standard fissati dalla legge per l’emissione di odori nell’atmosfera, è fondato su un presupposto interpretativo erroneo, in quanto non esistendo una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione del criterio della "stretta tollerabilità" quale parametro di legalità dell’emissione, il reato di cui all’art. 674 c.p., p. è configurabile addirittura anche nel caso di "molestie olfattive" promananti da impianto munito di autorizzazione per le emissioni in atmosfera" (Sez. 3, n. 2475 del 9/10/2007, Alghisi e altro, Rv.

238447),; di fatti l’evento del reato consiste nella molestia, che, nel caso sia provocata dalle emissioni di gas, fumi o vapori, prescinde dal superamento di eventuali limiti previsti dalla legge, essendo sufficiente il superamento del limite della normale tollerabilità ex art. 844 c.c. (in tal senso Sez. 1, n. 16693 del 27/3/2008, Polizzi, Rv, 240117); che inoltre, proprio in riferimento ad emissioni idonee a creare molestie alle persone rappresentate da odori, se manca la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l’intensità delle emissioni, "il giudizio sull’esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni di testi, specie se a diretta conoscenza dei fatti, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica ma consistano nel riferimento a quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti" (in tal senso, Sez. 3, n. 19206 del 27/3/2008, Crupi, Rv. 239874);

che quanto al terzo motivo di ricorso, lo stesso è ugualmente fondato, nel senso che il Collegio del riesame ha del tutto omesso ogni motivazione in relazione alla ritenuta inutilizzabilità delle conversazioni intercettate, limitandosi (in qualche riga tra p. 4 e p.5 dell’ordinanza) ad affermare di aver proceduto a verificare il fumus delicti per quanto attiene al reato di cui al capo g), senza considerare le conversazioni captate, peraltro dopo avere dato atto, a pag. 1 dell’ordinanza, che a seguito della richiesta di riesame presentata il 5/1/2011 gli atti erano stati trasmessi dalla procura in data 7/1/2011;

che il quarto motivo di ricorso è anch’esso fondato: il Tribunale del riesame, dopo aver ritenuto sussistente il fumus commissi delicti quanto ai reati di cui ai capi e) ed f) (smaltimento illecito di rifiuti e gestione di una discarica non autorizzata) – riconoscendo in tal modo che nel processo produttivo della società non veniva realizzato sempre e solo il prodotto autorizzato (compost) ma altro prodotto, avente la qualità di rifiuto speciale non pericoloso che veniva illecitamente smaltito e depositato nella parte retrostante lo stabilimento – e dopo avere affermato la necessità del vincolo reale su tale zona (periculum in mora), al fine di "preservare l’area da ulteriori sversamenti e quindi per evitare l’aggravarsi delle conseguenze del reato", ha poi limitato l’ambito del sequestro preventivo alla sola zona retrostante lo stabilimento, consentendo l’utilizzazione dell’impianto di produzione di tali rifiuti, con ciò vanificando l’obiettivo cautelare da esso stesso affermato;

che, invece, risulta infondato l’ultimo motivo di ricorso, potendo il Tribunale tenere conto ai fini della decisione di tutti i documenti e le memorie presentate dalle parti, anche nella stessa udienza camerale, in quanto nel giudizio cautelare si devono sempre ritenere ammissibili nuovi elementi di valutazione (cfr. S.U. n. 25932 del 29/5/2008, Ivanov, che ha precisato che l’art. 309 c.p.p., comma 9, riconosce, infatti, alle parti la facoltà di addurre in udienza nuovi elementi di valutazione, dilatando, in tal modo, l’orizzonte cognitivo del tribunale, e non fa alcuna distinzione tra elementi preesistenti ed elementi sopravvenuti al provvedimento cautelare ovvero alla scadenza del termine per la trasmissione degli atti");

che, in conclusione, l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Foggia, tenendo conto dei rilievi esposti.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Foggia.

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