Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 17-06-2011) 27-09-2011, n. 34857 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 4 giugno 2010, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, in applicazione del disposto di cui all’art. 314 c.p.p., liquidava a M.G., a titolo di equa riparazione per l’ingiusta detenzione domiciliare sofferta dal 17.9.01 al 26.9.01, la somma di Euro 1.500,00.

La corte territoriale, accertato, quanto al diritto all’indennizzo, che la ricorrente non aveva in alcun modo contribuito, nè prima nè dopo la perdita della libertà personale, a determinare, con una condotta caratterizzata da dolo o colpa grave, l’adozione del provvedimento restrittivo, liquidava, preso atto del protrarsi della detenzione, delle modalità della stessa e delle conseguenze che ne erano conseguite, la somma sopra indicata.

Avverso tale decisione ricorre, per il tramite del difensore, la G. che deduce vizio di motivazione del provvedimento impugnato in relazione alla mancata valutazione, da parte dei giudici della riparazione, delle dedotte conseguenze personali e familiari asseritamente derivate dalla sofferta detenzione, conseguenze sul piano personale e familiare, nonchè sulla salute, anche per il rilievo che l’arresto aveva avuto sulla stampa locale.

Ritualmente costituitasi per il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Avvocatura Generale dello Stato ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.

In tema di riparazione per ingiusta detenzione, in particolare di individuazione dei criteri da seguire nella determinazione dell’equo indennizzo, questa Corte ne ha costantemente individuato il carattere indennitario e non risarcitorio, affermando che la liquidazione dello stesso si deve basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto sia della durata della custodia cautelare sia, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà. Con riferimento alla durata della carcerazione, il criterio di riferimento per il calcolo dell’indennizzo è stato individuato in quello aritmetico, che tiene conto della durata della carcerazione ed è costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo di cui all’art. 315 c.p.p., comma 2, e il termine massimo della custodia cautelare di cui all’art. 303 c.p.p., comma 4, lett. c), espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch’esso espresso in giorni, di ingiusta restrizione subita. Calcolo grazie al quale si perviene alla individuazione della somma liquidabile di circa Euro 235,00 per ogni giorno di detenzione in carcere, comprensiva di tutte le negative conseguenze generalmente derivanti dalla carcerazione, ridotta alla metà nel caso di arresti domiciliari in vista della loro minore afflittività rispetto alla detenzione in carcere.

Detto criterio, che risponde all’esigenza di garantire, nei diversi contesti territoriali, un trattamento tendenzialmente uniforme, non esime, tuttavia, il giudice dall’obbligo di valutare le specificità, positive o negative, di ciascun caso e, quindi, dall’integrare opportunamente tale criterio, innalzando ovvero riducendo il risultato del calcolo aritmetico per rendere la decisione il più equa possibile e rispondente alle diverse situazioni sottoposte al suo esame. La Corte di legittimità ha ulteriormente chiarito "che il giudice è assolutamente libero anche di andare al di là del parametro aritmetico allorchè le conseguenze personali e familiari si rivelino tali da meritare un indennizzo senza confini, se non il confine del tetto massimo disponibile", ed ancora che "i parametri aritmetici individuano soltanto di norma o, se si vuole, soltanto tendenzialmente il massimo indennizzo liquidabile relativamente a tutte le conseguenze personali e familiari patibili per ogni giorno di ingiusta detenzione, libero essendo il giudice di discostarsene, sia in meno sia in più, e non solo marginalmente,…dando, però, di quel discostarsi….congrua motivazione e ciò, ancora una volta, per far apprezzare, in una valutazione equitativa, l’equità" (Cass. 8.7.05 sez. 4).

Orbene, a tali principi, che questa Corte pienamente condivide, si è attenuta solo in parte la corte territoriale che, seppur ha correttamente applicato il parametro aritmetico, liquidando, anzi, una somma di poco superiore rispetto al puro calcolo aritmetico, non ha preso nella necessaria considerazione le particolari conseguenze sul piano personale, e della salute in particolare, che la ricorrente, funzionario della Regione Calabria, ha sostenuto esserle derivate dall’ingiusta detenzione, anche a causa del rilievo che ha avuto l’arresto nella stampa locale. Conseguenze specificamente segnalate nell’istanza riparatoria, ritenute dalla stessa ricorrente particolarmente gravi, che avrebbero meritato una specifica analisi da parte del giudice della riparazione e che, se accertate, potrebbero comportare la liquidazione di somme aggiuntive rispetto a quelle calcolate sulla base del criterio aritmetico.

E’ mancato, in particolare, il necessario approfondimento della situazione di salute della richiedente, diretto alla verifica dell’eventuale presenza, in capo alla stessa, di particolari e più gravi conseguenze, sotto il profilo della salute, e la loro riconducibilità all’ingiusta detenzione.

L’ordinanza impugnata deve essere, dunque, annullata, nella parte relativa alla liquidazione dell’indennizzo, con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, che procederà ai necessari approfondimenti nei termini sopra specificati e provvedere, inoltre, alla regolamentazione, tra le parti, delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, cui demanda anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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