Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 17-06-2011) 27-09-2011, n. 34856

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’imputato N.D. ricorre per cassazione contro la sentenza di applicazione concordata della pena in epigrafe indicata, per più delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (capi 1 e 2) e per il delitto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 3 (capo 3), deducendo carenza di motivazione della medesima in ordine all’insussistenza di una delle "cause di non punibilità" di cui all’art. 129 c.p.p., e carenza di motivazione in ordine alla ritenuta congruità della pena.

2. La sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui all’art. 6 co. 3 D.Lvo 286/98.

Quanto ai motivi posti a base del ricorso sono manifestamente infondati e, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), perchè sono privi del requisito della specificità, consistendo nella generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione impugnata. Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27 settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorchè succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p.). In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata.

Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi. Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo, proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., senza precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere applicata nel momento del giudizio.

3. Per quanto riguarda il motivo relativo alla pena sì ritiene che esso è privo del requisito della specificità, consistendo nella generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione impugnata. Per altro non è consentito all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo, proporre questioni in ordine alla quantificazione della pena a meno che la stessa non risulti essere illegale, cioè non prevista dalla legge, circostanza questa non dedotta per il caso di specie.

La pena – come si è detto – è stata applicata nella misura richiesta e la valutazione in ordine alla congruità della medesima risulta effettuata, con la declaratoria della correttezza della qualificazione del fatto.

4. In ordine al reato rubricato sotto il n. 3) di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 3 questa Corte a Sezioni Unite (V. Sez. U, Sentenza n. 16453 del 24/02/2011 Cc. Rv. 249546) ha affermato che il reato di inottemperanza all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o dell’attestazione della regolare presenza nel territorio dello Stato è configurabile soltanto nei confronti degli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, e non anche degli stranieri in posizione irregolare, a seguito della modifica del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 6, comma 3, recata dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 22, lett. h), che ha comportato una "abolitio criminis", ai sensi dell’art. 2 c.p., comma 2, della preesistente fattispecie per la parte relativa agli stranieri in posizione irregolare.

Pertanto va dichiarato n.d.p. in ordine al fatto ascritto all’imputato al capo c) perchè non previsto dalla legge come reato, di conseguenza è possibile eliminare quella parte di pena comminata a titolo di continuazione per tale reato e rideterminare la pena residuale in anni uno mesi uno e giorni dieci di reclusione ed Euro 2.600,00 di multa.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in ordine al reato di cui al capo 3) ( D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 3) perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato e ridetermina la pena in ordine alle restanti imputazioni di cui ai capi 1) e 2) in anni uno, mesi uno e giorni dieci di reclusione ed Euro 2.600,00 di multa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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