Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 17-06-2011) 27-09-2011, n. 34850

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1- \Buja Marsid\, imputato ex art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, art. 80, comma 2, – per avere detenuto, a fini di spaccio, gr. 881,62 di cocaina, con principio attivo pari a gr.

214,66 – propone ricorso, per il tramite del difensore, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna, del 10 novembre 2009, che ha confermato la sentenza del Gup del Tribunale di Rimini, del 29 maggio 2007, che lo ha ritenuto colpevole del reato contestato e, esclusa l’aggravante, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, applicata la diminuente del rito, lo ha condannato alla pena di tre anni, sei mesi, venti giorni di reclusione e Euro 12.000,00 di multa L’imputato è stato arrestato in flagranza di reato, essendo stato sorpreso, quale passeggero, a bordo dell’autocarro (alla cui guida si trovava \Rizzo Giovanni\, separatamente giudicato) ove è stata rinvenuta la sostanza stupefacente sopra descritta. La stessa era suddivisa in nove involucri di varia dimensione occultati all’interno di un’intercapedine ricavata nel vano luci dell’abitacolo; altro piccolo involucro è stato rinvenuto, ben visibile, sul cruscotto dell’automezzo.

Tratti in arresto i due uomini, mentre il \Rizzo\ ha ammesso le proprie responsabilità, il \Buja\ si è dichiarato estraneo ai fatti avendo dal \Rizzo\, casualmente incontrato, solo ottenuto, a suo dire, un passaggio dovendosi recare a (omissis); versione confermata dallo stesso \Rizzo\, che ha sostenuto l’estraneità ai fatti del compagno di viaggio.

I giudici del merito, avendo ritenuto inconsistenti le difese dell’imputato, ne hanno affermato la responsabilità, avendo anche ritenuto inattendibili le dichiarazioni del \Rizzo, laddove lo stesso ha sostenuto l’estraneità del compagno di viaggio ai fatti delittuosi contestati.

-2- Avverso tale decisione ricorre, dunque, il \Buja\, che deduce violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove la responsabilità dell’imputato sarebbe stata affermata alla stregua di elementi indiziari inconsistenti, malgrado l’assunzione di responsabilità esclusiva da parte del \Rizzo\.

Motivi della decisione

1 – Il ricorso è manifestamente infondato.

Premesso che, malgrado il formale e generico riferimento ad una presunta violazione di legge, non meglio specificata, il ricorso in realtà si articola nella esposizione del vizio motivazionale, occorre in proposito osservare che questa Corte ha costantemente affermato che il vizio della mancanza o manifesta illogicità della motivazione, valutabile in sede di legittimità, sussiste allorchè il provvedimento giurisdizionale manchi del tutto della parte motiva ovvero la medesima, pur esistendo graficamente, sia tale da non evidenziare l’iter argomentativo seguito dal giudice per pervenire alla decisione adottata. Il vizio è altresì presente nell’ipotesi in cui dal testo della motivazione emergano illogicità o contraddizioni di tale evidenza da rivelare una totale estraneità tra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale prescelta.

Orbene, nel caso di specie le censure mosse dai ricorrenti, che in sostanza ripropongono questioni già poste all’attenzione dei giudici del merito, si rivelano del tutto infondate, inesistenti essendo, in realtà, i pretesi vizi motivazionali della sentenza che, viceversa, presenta una struttura argomentativa adeguata e coerente sotto il profilo logico.

Riprendendo le linee argomentative tracciate dal primo giudice a sostegno della propria decisione, i giudici del gravame hanno ampiamente esaminato ogni questione sottoposta al loro giudizio e, dopo avere ricostruito i fatti, hanno adeguatamente motivato le ragioni del proprio dissenso rispetto alle argomentazioni ed osservazioni difensive. Essi hanno dunque ribadito la responsabilità dell’imputato, radicata su un’organica e corretta valutazione degli elementi probatori acquisiti, in relazione ai quali le osservazioni del ricorrente si presentano prive di fondamento.

In particolare, essi hanno ritenuto che la tesi accusatoria, che ha indicato il \Buja\ quale complice del \Rizzo\, avesse trovato in atti precise conferme in atti, e che la presenza dello stesso a bordo dell’autocarro non fosse per nulla occasionale, ma collegata al trasporto della droga, rilevando: a) che il personale di PG operante, che aveva seguito gli spostamenti dell’autocarro fino all’area di servizio dove i due sono stati controllati, aveva segnalato l’atteggiamento allarmato assunto da ambedue gli imputati che, insieme, alla loro vista, si erano allontanatisi dal veicolo, insieme si erano recati all’interno del bar mantenendo un atteggiamento guardingo; comportamento ed atteggiamento che, ovviamente, il \Buja\ non avrebbe avuto motivo di mantenere se fosse stato estraneo al trasporto; b) che la presenza della piccola aliquota di droga sul cruscotto, e dunque in zona visibile ed accessibile ad ambedue, non poteva non esser nota al \Buja\; c) che generiche erano state le difese dell’imputato, laddove egli non ha chiarito le ragioni del suo viaggio a (omissis), città notevolmente distante da quella di residenza; ragioni ancora oggi ignote, posto che nel ricorso si fa generico riferimento ad una "visita a degli amici"; d) che non era attendibile la versione del \Rizzo\, non essendo credibile che lo stesso avesse organizzato un viaggio per il trasporto di una consistente quantità di stupefacente, ed avesse poi accolto un estraneo a bordo dell’autocarro, senza neanche curarsi di riporre in luogo meno alla vista la piccola aliquota di droga che faceva mostra di sè sul cruscotto.

Non è poi priva di significato la doppia coincidenza, pure segnalata nella sentenza impugnata, e cioè, che il \Buja\ fosse diretto proprio a (omissis), come il \Rizzo\, che in tale città stava trasportando la droga e che la persona per conto della quale lo stesso \Rizzo\ stava eseguendo il trasporto della droga fosse, secondo quanto dallo stesso sostenuto, proprio un giovane albanese, come l’odierno ricorrente.

Valutazioni e considerazioni caratterizzate da un iter argomentativo del tutto coerente sotto il profilo logico, alle quali il ricorrente ha opposto solo generiche considerazioni, riproponendo osservazioni già esaminate e ritenute inconsistenti dai giudici del gravame.

2- Alla manifesta infondatezza del motivo proposto, consegue declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della cassa delle ammende, che si reputa equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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